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Mirabelli: «Bisogna muoversi con grande cautela quando si tratta della Costituzione»

Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte costituzionale, commenta con Askanews la svolta presidenzialista annunciata dal governo

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Il Presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni (© Governo)
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni (© Governo)

Bisogna muoversi con grande cautela quando si tratta della Costituzione, le ipotesi di riforma presidenzialista vanno valutate molto bene, tenendo conto degli effetti che produrranno e ricordando che non basta introdurre l’elezione diretta del presidente o del premier, perché si tratta di una modifica che richiederebbe un adeguamento di tutto l’impianto istituzionale. Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte costituzionale, commenta con Askanews la svolta presidenzialista annunciata dal governo.

Innanzitutto, chiarisce, serve “una valutazione su se e in quale misura si possa fare il presidenzialismo. E’ una modifica profonda della Costituzione, non è possibile pensare solo a una casella e non all’intero disegno, cioè ai rapporti tra governo, Parlamento e presidente della Repubblica. Toccato il potere dell’uno necessariamente si incide sui poteri degli altri organi. E’ una riforma di sistema”.

Ma quale sarebbe il modello di presidenzialismo più adatto all’Italia?
“Bisogna vedere gli effetti, per capire se non ci siano effetti diversi da quelli che ci si propone. Il sistema Usa conferisce poteri forti al presidente ma anche al Parlamento, che ha poteri forti di controllo che può arrivare fino al blocco del pagamento degli stipendi al personale statale. Poi c’è il modello francese, semi-presidenziale, che non sempre ha risultati di rafforzamento dell’azione dell’esecutivo: è il caso della ‘coabitazione’, quando cioè vi è una diversità di maggioranze tra l’elezione del presidente e quella del parlamento. E non sempre vi è un potere così forte del presidente se deve cercare una qualche forma di coalizione”.

Sono soluzioni possibili anche cancellierato e premierato, per stabilizzare l’esecutivo.
“Sì, in alternativa, c’è il sistema tedesco, il cancellierato: il cancelliere è eletto dal pPrlamento, ma anche lì con delle coalizioni, come abbiamo visto. Certo, sono coalizioni più forti perché lì i patti di coalizione sono fatti in maniera analitica e rispettati. E poi c’è il sistema anglosassone, ma abbiamo visto anche di recente che il premier cade per volontà del sistema politico. Lì è la sostanza del potere politico che conta, più che le regole o le forme. Qual è Il modello a cui ci si vuole ispirare? O si vuole trovare un modello nuovo?”.

Quale sarebbe la soluzione migliore secondo lei?
“Bisogna capire qual è l’obiettivo. Rafforzare l’esecutivo o modificare l’assetto istituzionale nel suo complesso? Le misure possono essere diverse. Devo dire che in Italia il governo non mi sembra debole rispetto al Parlamento: pensiamo alla forza con la quale l’esecutivo determina il contenuto della legge di bilancio e a come silenzia il Parlamento con maxi-emendamenti silenzia. E poi ci sono i decreti legge, che pure devono essere convertiti dal parlamento e solitamente lo sono. Tutto questo dà un forte potere al governo”.

Cioè il governo non è debole rispetto al Parlamento, ma risente della fragilità del sistema politico?
“La debolezza è nelle coalizioni, a volte opportunistiche. Anche nel sistema maggioritario o tendenzialmente maggioritario abbiamo visto aggregazioni elettorali di forze politiche pronte a disgregarsi il giorno dopo: c’è il fenomeno del mutamento di casacca degli eletti, il passaggio da un gruppo all’altro. Per quello che riguarda la stabilità, l’attuale coalizione immagina di essere al governo per 5 anni. E allora significa che funziona. Dobbiamo cercare una stabilità efficace, che dia efficienza”.

Il fenomeno dei cambi di casacca di fatto è consentito dai regolamenti parlamentari, che addirittura prevedono cospicui fondi pubblici anche per chi costituisce nuovi gruppi parlamentari lasciando quelli con cui si è stati eletti…
“Esatto, e dovrebbe essere il contrario: puoi lasciare il gruppo di appartenenza, con il quale sei stato eletto, ma non ti porti dietro il ‘tesoretto’. E così altri strumenti. I tempi: rafforzare i tempi di discussione dei disegni di legge di iniziativa governativa, ridurre forse anche le deleghe legislative, impegnare di più il Parlamento a legiferare diversamente. Rafforzare il ruolo del Parlamento è un elemento che mi sembra importante. La crisi è dei partiti. Ragioniamo su cosa è la stabilità: nella prima Repubblica era dell’assetto governativo e non dei governi. Le linee di fondo dell’indirizzo politico erano stabili, le crisi si susseguivano ma a volte per contrasti interni al partito di maggioranza. C’erano cambi di ministeri, ma grande continuità di linea politica. E la durata del governo si deve accompagnare all’efficienza dell’azione del governo. Il governo non può solo tirare a campare. Mi chiedo se non si debba fare lo sforzo innanzitutto di vedere se ci sono strumenti per rafforzare e rendere limpida l’azione del governo nei rapporti col Parlamento, rafforzare il ruolo del parlamento e renderne più efficace l’azione di indirizzo”.

Insomma, lei forse inizierebbe provando a razionalizzare il sistema attuale.
“Non è che la Costituzione di per sé impedisca revisioni anche decisive, rispettose del principio di democraticità. Ma mi pare bene procedere con cautela, idee chiare, verificare la bontà dei modelli peer evitare che ci si attenda effetti che poi non si realizzano. E’ una materia nella quale occorre fare molta attenzione agli effetti che ogni tipo di riforma determina. Con l’elzione diretta del presidente della Repubblica gli si dà un’investitura politica, diventa meno custode della Costituzione e più attore principale. Poi c’è l’elezione diretta del primo ministro, ma anche qui: cosa determina un voto di sfiducia del Parlamento? Se c’è una crisi in Parlamento il presidente che è stato eletto può chiedere di sciogliere le Camere o scioglierle lui stesso? Mi sembra un po’ forzato. Non è semplice e non lo è anche tecnicamente. Si dirà che non si è mai riusciti col metodo gradualista. Ma si possono attuare interventi sui regolamenti parlamentari che rendano spedita l’attuazione delle richieste del governo? E si possono adottare meccanismi elettorali per il Parlamento diversi? Se si dovesse fare una scelta più di cambiamento, forse la più adatta sarebbe quella di tipo francese. Oppure il sistema tedesco, che ha alla base anche coalizioni”.

(con fonte Askanews)

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