Europa
Perché l’accordo sui dazi con gli USA può segnare la fine dell’Unione Europea
L’accordo sui dazi tra Ue e Usa rischia di distruggere l’Unione Europea e l’industria continentale. Von der Leyen firma da sola, mentre Francia e Germania si smarcano. È il crepuscolo europeo.

C’è qualcosa di profondamente stonato nell’accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti sui dazi. Non per la forma — elegante, istituzionale, rassicurante — ma per la sostanza: un testo che promette stabilità e invece genera divisioni, che nasce per difendere l’Europa e la rende più vulnerabile. Il paradosso è tutto qui: la Commissione Europea, presieduta da Ursula von der Leyen, firma un’intesa senza il consenso reale né dei popoli né degli Stati membri. Una firma nel vuoto.
Von der Leyen contro l’Europa
Ma perché la presidente ha firmato? Per dimostrare forza mentre il suo mandato vacilla, per legittimarsi davanti agli alleati americani mentre Francia e Germania si smarcano, per non mostrare all’opinione pubblica la debolezza di un’Europa che non decide più nulla. Il risultato è opposto: l’accordo sui dazi ha sollevato una valanga di critiche, da parte di governi, partiti e persino figure europeiste storiche. Si parla già di una possibile resa dei conti politica con Bruxelles, di una Commissione che ha perso il controllo della nave.
L’asse Parigi-Berlino non c’è più
Un tempo si diceva che senza l’asse franco-tedesco, l’Unione non poteva esistere. Oggi questo asse non solo si è indebolito, ma ha preso strade divergenti. Mentre Emmanuel Macron flirta con il Regno Unito e guarda a una nuova leadership continentale, il Cancelliere tedesco è schiacciato tra la crisi energetica e i malumori interni. E l’accordo con gli Usa, che prevede acquisti di GNL americano, armi statunitensi, delocalizzazioni industriali verso l’altra sponda dell’Atlantico, è il simbolo di questa frattura.
Industria europea: agonia annunciata
Il settore industriale europeo non è solo trascurato, è sacrificato. L’accordo con Washington impone agli europei di ristrutturare, cioè tagliare, delocalizzare, sopravvivere. L’acciaio è già in crisi, l’ex Ilva è lo specchio di una politica che ha preferito i dogmi ambientali alla tutela produttiva. Chiedere ora compensazioni è patetico: è come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Come spiega l’economista Giulio Sapelli, ci avviamo verso un’industria di piccolo cabotaggio, senza visione, senza forza, senza futuro.
Geopolitica del declino
L’Europa, nella visione americana, è un cliente. Non un alleato. Gli Usa vendono gas, armi, tecnologia, e si aspettano obbedienza. L’Ue firma, paga e tace. Ma dietro questa dinamica commerciale si nasconde una partita geopolitica più grande. Il conflitto in Ucraina tiene alta la domanda di GNL, impedisce il ritorno al gas russo, alimenta l’interdipendenza con Washington. In questo quadro, l’accordo sui dazi è una mossa di controllo, non di cooperazione.
Il tramonto dell’idea europea
Ciò che colpisce è il silenzio delle élite. Gli europeisti italiani, da sempre fedeli a Bruxelles, oggi tacciono o mugugnano. Perché? Perché vedono fallire il sogno in cui hanno creduto: un’Europa unita, forte, autorevole. Ma l’Europa di oggi è debole, frammentata, governata da tecnocrati isolati. I rapporti di Draghi e Letta sono stati ignorati, i sogni ridicolizzati, le strategie accantonate. Restano solo bonus, sussidi, parole.
Italia: ora o mai più
In questo scenario, l’Italia dovrebbe battere i pugni. E invece tace. Dove sono gli industriali, i sindacati, gli agricoltori? Dove sono i politici che sbandierano sovranità e poi chinano il capo a ogni diktat? La verità è che l’Italia ha perso la sua voce. E senza voce, non si difendono né gli interessi né la dignità. Il minimo sarebbe marciare su Bruxelles. Il massimo? Tornare a fare politica industriale, vera, concreta, senza più delegare a chi non risponde a nessuno.
Il rischio Argentina
L’ultima illusione è quella delle compensazioni. Ma compensare cosa? Una politica suicida? Una crisi indotta? I bonus europei ricordano l’Argentina del debito e del default. Soldi distribuiti a pioggia che non creano sviluppo ma dipendenza. E intanto la recessione globale bussa alle porte. La Cina rallenta, il dollaro si svaluta, i dazi aumentano. E l’Europa? Firma accordi e spera che passi la nottata. Ma la nottata è appena cominciata.
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Ardmando
1 Agosto 2025 at 14:26
LA fine dell’Unione Europea: un sogno che potrebbe diventare realtà! SPERIAMO!!!