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Biella

Omicidio Erika Preti: una giustizia che sembra voltare le spalle

La famiglia di Erika Preti, uccisa a 28 anni, vive vicino al suo assassino Dimitri Fricano, ora libero. Un caso che solleva dubbi su giustizia, pena e diritti delle vittime.

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Erika Preti
Erika Preti

A distanza di anni dalla tragica morte di Erika Preti, uccisa brutalmente a soli 28 anni, la sua famiglia vive un doppio tormento: quello del lutto e quello di una giustizia che sembra piegata su se stessa. Il loro carnefice, Dimitri Fricano, condannato per quell’orrendo delitto, ora vive a pochi passi da loro, quasi fosse un ulteriore schiaffo a chi ha perso tutto.

La famiglia Preti e l’angoscia quotidiana

Non è soltanto la ferita dell’omicidio a sanguinare. Per i genitori di Erika, Antonella Mulassano e Giacinto Preti, la vita si è trasformata in un incubo continuo. Come è possibile accettare che l’assassino di tua figlia, la stessa persona che ha confessato il delitto, possa vivere nella tua stessa comunità? Una giustizia che dovrebbe tutelare le vittime e i loro cari sembra, invece, lasciarli soli, intrappolati in un limbo di dolore.

Fricano e la libertà che offende

Dimitri Fricano, condannato a 30 anni di carcere nel 2019, ha usufruito di benefici che ne hanno anticipato il ritorno in libertà. Chi si aspettava che la pena fosse un deterrente per simili atti di efferatezza, si trova ora a fare i conti con una realtà ben diversa: il carcere non sembra più un luogo dove espiare, ma una parentesi da accorciare il più possibile. La domanda che molti si pongono è: è questa la giustizia?

Il paese che si divide

La comunità si trova spaccata. Da una parte, chi prova compassione per Fricano, descrivendolo come un uomo che ha pagato il suo debito; dall’altra, chi sostiene la famiglia Preti, incapace di accettare che un omicida torni a passeggiare tra le stesse vie di chi ha distrutto. Questo dibattito non è soltanto locale, ma riflette un problema più ampio: l’equilibrio tra pena, redenzione e sicurezza sociale.

Il significato di giustizia

Quando la giustizia si dimentica delle vittime, il suo senso viene messo in discussione. Erika Preti non ha avuto una seconda opportunità, eppure chi l’ha strappata alla vita sembra averne ricevuta più d’una. Questo non è un invito a trasformare il carcere in un luogo di sola punizione, ma a riflettere su come evitare che i diritti dell’assassino prevalgano su quelli di chi ha subito.

La famiglia Preti non cerca vendetta. Cerca pace. Eppure, come si può trovare pace quando lo Stato sembra abdicare al suo ruolo di garante della giustizia?

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