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L’Ingenuità del rapporto Ital Communications-Censis: incolpare l’IA e i Social media per la “Disinformazione”

Il Rapporto Ital Communications-Censis critica l’IA e i social media per la disinformazione, ma trascura le responsabilità umane e dei professionisti nella diffusione delle fake news.

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L'informazione nell'era dei social media
L'informazione nell'era dei social media (© Depositphotos)

Il terzo Rapporto Ital Communications-Censis solleva allarmi sulla disinformazione nell’era dell’IA e dei social media, ma sembra concentrarsi troppo sulla tecnologia e trascura altre cause fondamentali della diffusione di notizie false. Questo articolo critico esplorerà le lacune e le debolezze della posizione del rapporto.

Disinformazione e tecnologia: una visione superficiale

Sebbene l’IA e i social media siano stati identificati come veicoli di disinformazione, il rapporto sembra dimenticare che la responsabilità principale ricade sugli esseri umani che utilizzano queste tecnologie. Incolpare l’IA è ingenuo e distorto, poiché l’intelligenza artificiale è solo uno strumento che riflette l’uso che ne fanno le persone. Dovremmo invece concentrarci su come educare il pubblico a valutare criticamente le informazioni online.

Echo Chambers e il ruolo dell’utente

Il rapporto sottolinea gli effetti delle echo chambers sui social media, ma non affronta adeguatamente il ruolo dell’utente nell’aggravare questo problema. Le persone sono inclini a cercare informazioni che confermino le loro convinzioni preesistenti, senza una volontà di esplorare prospettive diverse. Questo fenomeno non è colpa dell’IA, ma è un riflesso della natura umana.

Negligenza sull’affidabilità dei “Professionisti della comunicazione”

Il rapporto promuove l’idea che i professionisti della comunicazione siano garanti dell’affidabilità delle notizie. Tuttavia, dovremmo interrogarci sulla loro efficacia nel filtrare la disinformazione. I mezzi di comunicazione tradizionali hanno dimostrato di essere soggetti a bias e manipolazioni politiche. Inoltre, l’aumento del numero di professionisti non è una garanzia di migliore qualità dell’informazione.

La mancanza di autocritica e responsabilità

Il Rapporto sembra sfuggire alla responsabilità degli stessi enti di comunicazione e dei professionisti coinvolti nella diffusione di notizie errate. Invece di mettere in discussione le loro pratiche giornalistiche, sembra che l’attenzione sia posta esclusivamente sull’IA e sui social media come capri espiatori. Una riflessione critica interna sarebbe essenziale per migliorare la qualità dell’informazione.

Conclusioni

Sebbene il Rapporto Ital Communications-Censis cerchi di evidenziare il problema della disinformazione, si concentra in modo eccessivo su fattori esterni come l’IA e i social media, ignorando le dinamiche umane e le responsabilità dei professionisti della comunicazione. Dovremmo invece adottare un approccio più olistico per combattere la disinformazione, affrontando criticamente sia le cause strutturali sia l’atteggiamento dell’utente verso le informazioni online. Solo allora possiamo sperare di affrontare il problema in modo efficace e mantenere un livello di informazione autentica e responsabile.

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1 Commento

1 Commento

  1. Avatar

    requis

    27 Luglio 2023 at 9:49

    Mi pare che l’articolo sia ripetitivo e fumoso. C’è un altro elemento nel quadro
    che aggiunge confusione: la non chiarezza, il rifiutarsi di chiamare le cose
    col loro nome. To call a spade a spade. Date un’occhiata alle voci
    pro e contra di questi giorni in USA, web e stampa; c’è da imparare qualcosa di
    molto utile nel modo di affrontare le situazioni ed analizzare i problemi, prima
    di trarre conclusioni.

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