Italia
Popolazione sempre più vecchia, 177 anziani ogni 100 bambini
E’ quanto evidenzia il Focus sulle città metropolitane diffuso oggi dall’Istat. A Palermo e Napoli la più bassa partecipazione al mercato del lavoro. Milano prima per reddito per abitante, oltre 23mila euro
- Roma città più popolosa, Napoli prima per densità
- Nelle città metropolitane straniero l’8,8% dei residenti
- A Palermo e Napoli la più bassa partecipazione al mercato del lavoro
- Milano prima per reddito per abitante, oltre 23mila euro
- Covid, nel 2020 Napoli città con più alta mortalità
- Genova più vulnerabile per frane, Bologna per esondazioni
L’invecchiamento della popolazione è tra i più significativi ed è divenuto un elemento di forte criticità del Paese. L’indice di vecchiaia nelle città metropolitane ha raggiunto nel 2021 il valore di 177,5 anziani per 100 bambini, in continua crescita negli anni (nel 2011 era 142,4), ma comunque molto inferiore alla media nazionale (187,6), a conferma del progressivo invecchiamento della popolazione in tutto il territorio: più anziani nel comune capoluogo (192,0) e nei comuni dell’ultima cintura e un’incidenza minore nelle prime due cinture. E’ quanto evidenzia il Focus sulle città metropolitane diffuso oggi dall’Istat.
Valori dell’indice molto al di sopra della media delle città metropolitane spiccano nei territori del Nord da Torino a Firenze, con un’intensità maggiore in tutta l’area di Genova. Differenziata la tendenza da Roma in giù con un invecchiamento più basso della media a Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Catania; superiore alla media invece Bari, Messina e soprattutto Cagliari (pari a 215).
Il processo di invecchiamento si riflette anche nell’età media in crescita che raggiunge i 45,7 anni nel 2021 nel complesso delle città metropolitane ma al di sotto deldato nazionale (46,2), pur con una certa variabilità nei territori metropolitani (il valore massimo di 49,5 Genova e 47,6 a Cagliari e minimo a Napoli con un’età media di 42,8) (Figura 5). Più giovani nelle prime due cinture e meno nei capoluoghi.
Roma città più popolosa, Napoli prima per densità
Sono Roma, con 4,2 milioni di abitanti, e Milano, con 3,2 milioni, “le città metropolitane più popolose” d’Italia in termini assoluti, mentre quella con il minor numero di abitanti è Cagliari (421 mila) (Prospetto 1). Quanto, invece, alla densità abitativa, in vetta alla classifica si pone Napoli con 2.535 abitanti per km2, in coda Messina con 185 per Km2. Sul fronte della superficie, la città metropolitana più estesa è Torino, con 6.827 km2 mentre la meno estesa Napoli, con 1.179 km2.
Secondo quanto emerge dal focus “Profili delle città metropolitane” messo a punto dall’Istat, in Italia le Città metropolitane sono 14 e comprendono 1.268 comuni (il 16% dei comuni italiani): per oltre la metà si tratta di comuni con meno di 5mila abitanti, un terzo rientra invece nella fascia da cinque a 20mila, l’11% da 20 a 50mila abitanti e il 3,5% ha una dimensione superiore a 50mila abitanti. L’estensione complessiva è di 46.637 chilometri quadrati (il 15,4% della superficie nazionale) in cui risiedono complessivamente 21,3 milioni di abitanti, pari al 36,2% della popolazione italiana.
Infine un focus sui capoluoghi cresciuti di più tra tra il 2001 e il 2021: in cima alla classifica si piazzano Roma (8%) e Milano (7,7%), mentre quelli che registrano una maggiore diminuzione della popolazione sono Messina (-12,2%) e Cagliari (-8,9%). Le prime e seconde cinture che si sono espanse di più in termini di popolosità sono quelle di Roma (32,4% la prima e 32% la seconda); quelle che invece si sono spopolate maggiormente, sono la prima e seconda cintura di Reggio Calabria.
Nelle città metropolitane straniero l’8,8% dei residenti
Gli stranieri residenti nel complesso delle città metropolitane al 31 dicembre 2021 sono 1.879.385, pari all’8,8% del totale dei residenti, di poco superiore alla media nazionale (8,5%). L’insediamento dei cittadini stranieri mostra una maggiore incidenza nei comuni capoluogo (11,5% rispetto al totale della popolazione residente del centro capoluogo), mentre quanto più ci si allontana dal capoluogo tanto più si riduce la loro presenza sul territorio (dal 7,3% della prima cintura al 6,5% della seconda).
L’Italia è stato un paese attrattivo per l’immigrazione dall’estero come mostra la crescita accelerata, avvenuta nell’ultimo decennio, di coloro che hanno deciso di stabilire la residenza nel territorio italiano e non solo di transitare o permanere per brevi periodi in attesa di insediarsi in altri paesi. Dal 2001 al 2021 infatti la quota di stranieri residenti nelle città metropolitane è cresciuta dal 2,4% all’8,8% e questa tendenza si riflette anche a livello sub metropolitano, più marcata anche in questo caso nei centri urbani e più lieve nelle cinture, ma più intensa al Nord e modesta al Sud.
L’ingresso di cittadini stranieri negli ultimi quindici anni ha parzialmente controbilanciato nel complesso del Paese il calo demografico della popolazione italiana, soprattutto nei territori del Nord. La stessa tendenza si riflette anche nelle città metropolitane del Nord e della capitale che accolgono l’84% di stranieri residenti di tutti i territori metropolitani, tra cui Milano e Roma sono quelli maggiormente attrattivi e hanno dato accoglienza al 51% dei cittadini stranieri insediati complessivamente nelle quattordici città.
A Palermo e Napoli la più bassa partecipazione al mercato del lavoro
La più bassa partecipazione attiva al mercato del lavoro caratterizza la città metropolitana di Palermo (46%) e tra i comuni capoluogo Napoli (47%). Fra le città metropolitane il tasso di attività più alto si osserva a Milano e Bologna con un’incidenza del 57%, seguite da Firenze con il 55%.
Rispetto al 2011 tutte le città metropolitane mostrano una dinamica positiva, con il primato di Napoli e Genova in cui il dato aumenta di 2,7 punti, seguite da Catania (+2,4).
La quota di popolazione attiva aumenta se si circoscrive l’osservazione alla popolazione adulta, ovvero alla popolazione di età compresa fra i 25 e i 64 anni che, per le 14 città metropolitane, si attesta intorno al 75%. I residenti nei capoluoghi di questa fascia di età partecipano al mercato del lavoro in misura maggiore rispetto alle altre aree sub metropolitane, in media 77 persone ogni 100 contro le 75 su 100 delle prime cinture urbane e di quasi 73 su 100 delle seconde cinture.
Quanto al complesso dei territori metropolitani, la componente femminile di 15 anni e oltre presenta un tasso di attività del 44%, in crescita rispetto al 2011 di 2,2 punti percentuali ma significativamente inferiore al totale e quindi alla componente maschile.
La progressiva riduzione delle disparità di genere a livello di partecipazione attiva al mercato del lavoro è sempre più considerato un fattore di stimolo alla crescita economica, sebbene risulti ancora una sfida da raggiungere nel sistema economico nazionale.
Bologna è la città metropolitana con la maggiore propensione femminile al lavoro, 51 donne ogni 100, seguita da Milano e Firenze. Per contro sono ancora quattro città del Mezzogiorno, Napoli, Palermo, Bari e Catania, con valori fra il 35% e il 37%, ad avere la minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sebbene con dinamiche incoraggianti rispetto al 2011. A tal proposito Catania è la città metropolitana in cui l’avanzamento della partecipazione femminile risulta essere la più elevata rispetto al 2011.
Milano prima per reddito per abitante, oltre 23mila euro
Fra i capoluoghi, Milano ha il più alto valore di reddito per abitante, pari a 23.202 euro, e Catania il valore più basso, 9.844. I capoluoghi hanno valori più elevati rispetto al resto del proprio territorio metropolitano, unica eccezione la prima cintura di Catania con un reddito medio pro capite di 10.011.
Il comune di Milano si distingue, dunque, per il più alto livello di reddito per abitante, oltre 23mila euro, quasi 10mila euro in più del dato medio nazionale e per la maggiore concentrazione di unità produttive.
Valori più alti della media dei due indicatori si riscontrano anche nei comuni di Firenze, Bologna, Cagliari, Torino, Roma, Bologna, Genova e Venezia mentre Palermo, Reggio di Calabria e Messina si posizionano sotto il dato medio nazionale. Catania e Napoli, seppure con diverse intensità, hanno una capacità imprenditoriale allineata al dato medio italiano e presentano un reddito pro capite quasi dimezzato rispetto a quello di Milano.
L’Istat segnala la vicinanza del comune di Bari ai valori medi italiani soprattutto in termini di reddito pro capite (circa 13.500 euro) e il superamento della densità di unità locali di circa cinque punti rispetto al dato Italia.
Covid, nel 2020 Napoli città con più alta mortalità
Nel primo anno di pandemia da Covid-19 la città metropolitana con la più alta mortalità è Napoli, 1.080 decessi ogni 100mila abitanti. Nel 2020 anche le città metropolitane del Nord sperimentano eccezionali livelli di mortalità, prima fra tutte la città metropolitana di Genova con 1.009 decessi ogni 100mila abitanti, seguita da quella di Torino che supera di due unità i 1.000 decessi ogni 100mila abitanti. Valori superiori al dato medio dell’area si manifestano anche nelle città metropolitane di Palermo, Catania e Milano.
Per il 2021 e il 2019, invece, le prime quattro posizioni nella graduatoria della mortalità sono occupate dalle città metropolitane di Napoli, Messina, Catania e Palermo, sebbene in ordine diverso e con diverse intensità, più alte nel 2021 rispetto al 2019, eccezion fatta per la città metropolitana di Napoli che si colloca sempre al primo posto della classifica nei tre anni considerati.
Il contributo agli straordinari livelli di mortalità del 2020 e alla contemporanea modifica della graduatoria dei territori metropolitani proviene sia dai capoluoghi sia dalle cinture urbane. Nell’anno in analisi otto comuni capoluogo superano il livello medio di mortalità osservato per il totale dei capoluoghi metropolitani, pari a 921 decessi ogni 100mila persone di cui quattro sono collocati al Nord e quattro al Sud. In cima alla graduatoria è posizionato il comune di Napoli, con 1.082 decessi per 100mila persone, seguito dal comune di Genova (1.020 decessi ogni 100mila abitanti) e dai tre capoluoghi siciliani: Messina, Catania, Palermo. In questa classifica sono presenti anche il comune di Torino, Venezia e Milano con tassi di mortalità standardizzati compresi fra i 955 e i 936 decessi ogni 100mila abitanti.
Nelle prime cinture urbane, in cui si osservano mediamente 943 decessi ogni 100mila persone, l’intensità più alta è sempre a Napoli (1.074 ogni 100mila abitanti), seguita da Palermo (1.030), Genova (1.007), Torino, (995) e Milano (988). Nel loro complesso le seconde cinture urbane hanno un tasso di mortalità standardizzato di 975 decessi ogni 100mila abitanti. Anche in corrispondenza di questo aggregato territoriale la maggiore intensità di mortalità si osserva in corrispondenza dei comuni appartenenti alla seconda cintura di Napoli, 1.189 decessi per 100mila persone, seguita dalle seconde cinture di Torino, Palermo e Genova accomunate da valori superiori a 1.000 decessi ogni 100mila persone.
Genova più vulnerabile per frane, Bologna per esondazioni
E Genova è la città metropolitana “più vulnerabile” d’Italia per rischio frane. Secondo quanto emerge dal focus “Profili delle città metropolitane” messo a punto dall’Istat, l’area metropolitana di Genova è infatti quella che presenta l’incidenza più elevata della superficie a rischio frane (il 25% del totale), seguita da Firenze (21% della superificie totale), mentre tra i capoluoghi è sempre il comune di Genova in testa alla classifica (31,2%). Quanto invece al rischio esondazioni, “Bologna è la città metropolitana con i territori più esposti” con “il 50% della sua superficie complessiva a rischio idrogeologico”, seguita da Venezia (il 29,2%). Tra i centri capoluogo Bologna (57,7%) e Catania (50,2%) sono i comuni con maggiore rischio idrogeologico per esondazioni.
Secondo il Report, “la maggior parte del territorio italiano è connotato da un diffuso rischio idrogeologico connesso alla natura del territorio e alle attività umane” e “nel complesso delle città metropolitane l’incidenza più elevata della superficie delle aree a rischio frane rispetto alla superficie totale è pari al 6,8%, valore inferiore alla media nazionale di quasi due punti percentuali”. In generale “la superficie a rischio idrogeologico rappresenta il 10,8% del totale della superficie nel complesso dei territori metropolitani, dato sostanzialmente in linea con la media nazionale”.
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