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Opinioni

Alberto Bradanini: «Il ruolo degli Usa nella guerra Israele-Palestina»

L’ex diplomatico e ambasciatore italiano Alberto Bradanini analizza al DiariodelWeb.it le responsabilità occidentali nel conflitto in Medio Oriente

Fabrizio Corgnati

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Il presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden, con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (© Fotogramma)

La guerra in Medio Oriente non riguarda solo Israele e Palestina, e nemmeno soltanto i Paesi arabi. No, in questo conflitto c’è un convitato di pietra, estremamente pesante per le sue sorti: l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti. Non si può capire fino in fondo come si sia arrivati a questo punto e come si possa trovare una soluzione a un’instabilità che dura ormai da decenni senza analizzare questa influenza esterna. Il DiariodelWeb.it lo ha chiesto ad Alberto Bradanini, ex diplomatico, già ambasciatore italiano a Pechino e Teheran.

Alberto Bradanini, che ruolo e che responsabilità ha l’Occidente nel conflitto mediorientale?
Intanto, quando si parla di Occidente, occorrerebbe essere più precisi. Le nazioni occidentali, in particolare quelle europee, non esistono in quanto tali, ma solo legate alla guida statunitense. L’Unione europea non ha autonomia in politica estera: lo abbiamo visto in ex Jugoslavia, in Libia, in Siria, in Iraq, in Ucraina e anche in Medio Oriente.

Dunque l’Occidente sta con Israele perché gli Stati Uniti stanno con Israele.
Israele che meriterebbe, per i crimini di guerra che sta commettendo, di essere condotto davanti alla corte penale internazionale, se quest’ultima non fosse sotto il sostanziale controllo degli Usa. Può continuare a massacrare popolazioni inermi solo perché ha alle spalle Washington. Le scene raccapriccianti a cui assistiamo dovrebbero toccare l’umanità di chiunque abbia un minimo di cuore.

Gli israeliani rispondono che il loro obiettivo sarebbe quello di colpire Hamas.
Chiaramente anche Hamas è responsabile di atti terroristici, ma è un gruppo sub-statuale, dunque la sua violenza è meno efficace di quella di uno Stato che ha a disposizione più strumenti. Il terrorismo andrebbe combattuto con un’operazione chirurgica: individuando i responsabili, portando le prove della loro colpevolezza davanti a un giudice terzo e punendoli adeguatamente. Questo farebbe uno Stato che voglia rispettare un minimo di civiltà giuridica.

Di solito chi critica Israele viene tacciato di antisemitismo.
A voler essere precisi bisognerebbe parlare semmai di antigiudaismo, perché anche gli arabi sono semiti. Ma le contrapposizioni etniche non c’entrano niente: siamo tutti sensibili alla tragedia sofferta dagli ebrei, non solo nel Novecento ma anche nei secoli precedenti. Israele ha interesse ad accusare di antisemitismo chi si oppone alle sue politiche di apartheid contro i palestinesi.

Eppure Israele viene dipinto come l’unica democrazia del Medio Oriente.
Ma non sta scritto da nessuna parte che i crimini di guerra vengano commessi solo dalle dittature. Pensiamo agli stessi Stati Uniti, che continuano a rinchiudere prigionieri nella prigione a cielo aperto Guantanamo Bay, anche senza accuse, senza che il mondo lo sappia. Peraltro «democrazia» significherebbe potere del popolo, ma sappiamo che nelle nostre nazioni occidentali non è il popolo a controllare il governo, semmai il contrario.

Ma perché gli Stati Uniti continuano imperterriti a sostenere Israele?
Intanto perché è il loro alleato più solido in quella parte di mondo. Ma anche per motivi di politica interna: le lobby pro-israeliane controllano larga parte dei media americani, quindi nessun candidato può pensare di essere eletto se le ha contro. Sono riusciti a convincere perfino l’establishment che le politiche pro-Israele siano sempre in linea con gli interessi statunitensi, anche se non è sempre così.

Parliamo di informazione, allora. Anche quella ci viene presentata decisamente a senso unico.
Praticamente tutte le notizie di politica estera sono coperte da tre agenzie di stampa: Reuters, Associated Press e Agence France Press. Tutte e tre sono controllate, direttamente o indirettamente, da Wall Street o dalla City di Londra. Quando leggiamo un articolo su un giornale o un servizio in tv, a realizzarlo non è un corrispondente sul posto: non ne hanno i mezzi o le risorse. Le informazioni le prendono dai rapporti di agenzia.

E chi elabora questi rapporti?
Talvolta i corrispondenti delle stesse agenzie, altre volte le loro redazioni. Sono delle vere e proprie veline, che rispondono a determinati interessi. Non credete alle mie parole: leggete il rapporto «Propaganda Multiplier», scritto da un gruppo di giornalisti e analisti svizzeri, che hanno intervistato ex agenti della Cia pagati per inventare notizie a tavolino.

Dunque è buona norma prendere ciò che ci viene propinato dalla televisione con spirito critico.
Suggerirei di non accenderla proprio, tranne che per vedere qualche film. I giornalisti italiani sono marionette del sistema, che blaterano di cose che non conoscono, magari perché a libro paga di qualcuno.

Insomma, mi par di capire che il conflitto mediorientale non potrà mai cessare finché non si ritireranno gli Stati Uniti.
Non amo fare profezie, ma di certo qualcosa avverrà nei prossimi anni. Gli Usa ormai non sono più un mediatore affidabile tra Israele e Palestina, perché si sono dimostrati sempre dalla stessa parte. Del resto raggiungere il compromesso dei due Stati non è semplice, perché gli israeliani certamente non lo vogliono.

A dire il vero anche Hamas si rifiuta di riconoscere Israele.
Vero, ma questo non dev’essere un pretesto per non avviare questo percorso. I palestinesi sono rappresentati in maggioranza dal riferimento politico della Cisgiordania, l’Autorità nazionale palestinese. E la stessa Hamas, davanti a una prospettiva concreta di soluzione, molto probabilmente la accetterebbe, per necessità storica e contingente: lo ritengono gli stessi analisti palestinesi. È impensabile che Israele venga cancellato dalla carta geografica.

In questo senso potrebbero mediare altre grandi potenze come Russia o Cina?
La Russia no, perché è concentrata sulla vicenda ucraina e non ha lo standing politico internazionale, non solo per svolgere un ruolo di terzietà, ma anche per mettere in campo risorse economiche a favore delle due parti. La Cina, sulla carta, sì: ha già dimostrato di saperlo fare riavvicinando Iran e Arabia Saudita e facilitando il ritorno della Siria nella Lega araba.

Dunque sarà Pechino la chiave di volta per portare a conclusione questa guerra?
In realtà io dubito fortemente che lo farà, almeno fintanto che Israele è spalleggiato dagli Stati Uniti. Non vedo come gli americani potrebbero accettare un quadro del genere.

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