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Opinioni

Fulvio Scaglione: «Sulla Russia non leggo informazione, ma propaganda»

Al DiariodelWeb.it Fulvio Scaglione, storico corrispondente dalla Russia, analizza la situazione di Putin verso le prossime elezioni, tra le sanzioni e il caso Navalny

Fabrizio Corgnati

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Un discorso del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, trasmesso sul maxischermo (© Fotogramma)

Manca ormai una settimana alle elezioni in Russia, dove è scontato l’ennesimo trionfo di Vladimir Putin. Del resto, le consultazioni giungono in una fase storica in cui le sorti militari della guerra in Ucraina volgono a favore di Mosca, le sanzioni che Europa e Stati Uniti continuano a rinnovare non hanno affossato l’economia russa come si credeva e il consenso del leader non accenna a calare nonostante gli scandali internazionali come la recente morte del suo oppositore Navalny. Il DiariodelWeb.it ha fatto il punto con Fulvio Scaglione, giornalista e storico corrispondente dalla Russia.

Fulvio Scaglione, mi ha colpito la frase di Yulia Navalnaya al parlamento europeo: «Se volete davvero sconfiggere Putin, dovete essere innovativi e smettere di essere noiosi». La trovo più efficace degli editoriali della maggior parte degli analisti.
Credo che il suo fosse un grido di dolore, di disperazione. Non erano solo i nostri pseudo-analisti a ritenere che, quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina, la caduta di Putin fosse tra le ipotesi sul tappeto. Ricordo emeriti professori che sostenevano che non sarebbe durato che pochi mesi.

La Navalnaya ha anche aggiunto: «Non si può colpire Putin con un’altra risoluzione o un’altra serie di sanzioni che non sono diverse dall’ultima».
Tutti i grandi politici d’Europa, da Draghi alla Von der Leyen a Borrell, erano convinti che la Russia sarebbe crollata in breve tempo sotto il peso delle sanzioni. Siamo arrivati al tredicesimo pacchetto europeo, per un totale di ventimila sanzioni diverse, e Mosca è ancora lì. Storicamente la politica sanzionatoria non ha mai funzionato: né a Cuba, né in Iran, né in Siria.

Che cosa, allora, l’Occidente non ha capito?
L’Occidente ha commesso un clamoroso errore di sottovalutazione, non tanto della Russia, ma della situazione globale. Nessuno aveva messo in conto che questa politica sarebbe risultata sgradita a tutta una serie di Paesi anche importanti, che dunque si sarebbero rifiutati di seguirla.

Ad esempio?
Non solo la Cina, ma la Turchia, un Paese Nato, o l’Arabia Saudita, da sempre alleata degli Stati Uniti, che pure ha tenuto la Russia nell’Opec Plus e d’accordo con lei ha deciso i tagli alla produzione di petrolio che hanno tenuto alto il prezzo, aiutando Mosca a guadagnare e a mantenere la sua macchina bellica. E ancora il Brasile, il Sudafrica…

Il risultato è che Putin non solo non è caduto, ma gode di ottima salute e sta per essere trionfalmente rieletto. Forse non solo per i brogli o per gli assassini dei dissidenti, ma anche perché fa funzionare l’economia russa.
Questo è un altro colossale abbaglio. Si è sempre pensato che Putin ottenga il suo consenso con la violenza e in parte questo è vero. La Russia putiniana ha compiuto con l’invasione dell’Ucraina un percorso involutivo di sempre maggiore chiusura interna. Eppure non abbiamo mai voluto vedere che c’è una base solida di russi che approvano spontaneamente le politiche e l’operato del loro presidente.

Questo è un dato che va sottolineato.
Tanto è vero che il Levada Center, il più autorevole centro studi dell’opinione pubblica russa, inserito dalle autorità tra gli agenti stranieri, quindi non certo sospettabile di inclinazioni filo-Cremlino, ha registrato due picchi della popolarità di Putin. Il primo, quando stroncò con i modi che conosciamo la rivolta autonomista della Cecenia, quando era appena arrivato al potere. Il secondo, con la riannessione armata della Crimea, nel 2014. Ciò significa che c’è una parte di russi che la pensa così, che ci piaccia o no.

Al contrario quei leader che a noi piacevano tanto, come Gorbaciov e Eltsin, non godono di un bel ricordo in patria, anche perché avevano distrutto l’economia.
Noi ricordiamo quelli come anni di libertà e democrazia per i russi, ma loro ricordano soprattutto la fame, la perdita dei posti di lavoro, i salari non pagati, gli ospedali allo sfascio, le scuole senza riscaldamento. Infatti Putin, arrivato al potere, propose un patto sociale: il popolo cede una quota di libertà, ma in cambio io riporto la coesione nella Federazione russa e le risorse naturali sotto il governo dello Stato.

Torniamo su Navalny, chi era veramente?
Ovviamente la responsabilità politica è di Putin, perché Navalny è stato condannato in base ad accuse pretestuose per eliminarlo. E se faceva arrabbiare il Cremlino non è perché fosse un politico, come si legge, bensì perché era un grande attivista, un incursore.

In che senso?
L’unica cosa che gli premeva era dimostrare che Putin e i suoi fossero dei ladri che derubavano il Paese. Infatti le uniche cose che hanno contato non le ha fatte con il partito Russia del futuro, che non ha mai contato nulla, bensì con la Fondazione anti-corruzione. Quando fece uscire il famoso documentario sulla mega-villa sul Mar Nero di Putin, nel 2021, il consenso del presidente calò immediatamente del 10%, sempre secondo il Levada Center. Organizzava flash mob, voti disgiunti… E il Cremlino non sapeva come reagire, perché non c’era un partito da chiudere.

E che idea si è fatto della sua morte?
Che Putin abbia dato l’ordine di eliminarlo lo trovo francamente ridicolo: soprattutto alla vigilia delle elezioni, mentre la Russia sta vincendo militarmente e l’Ucraina è in crisi. In una situazione favorevole non aveva nessun senso che si riproponesse come il boia di Navalny. Aggiungo che in questo periodo abbiamo letto le fesserie più immonde: che è stato soffocato, sparato, avvelenato, ucciso con un pugno al cuore. Non si può fare pseudo-informazione così, in una situazione in cui non si sa niente.

Pura propaganda.
Credo che questa politica di scambiare la realtà con la propaganda non sia un buon segno. Come nel 2003, quando si accusò Saddam di avere le armi di distruzione di massa, invece non era vero.

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