Opinioni
Gianni Alemanno: «Governo Meloni troppo liberista e appiattito sulle politiche Usa»
L’ex sindaco di Roma e ministro Gianni Alemanno spiega le sue critiche al governo Meloni e il suo nuovo progetto politico nell’intervista ai microfoni del DiariodelWeb.it
Gianni Alemanno è tornato in campo. A dieci anni esatti dalla conclusione del suo mandato in Campidoglio, l’ex sindaco di Roma e ministro lancia il suo nuovo progetto politico. Per ora è un manifesto, presentato alla convention del Forum dell’indipendenza italiana il mese scorso a Orvieto, ma presto, già in autunno, potrebbe diventare un vero e proprio movimento. Che parte da destra, la sua storica collocazione, ma intende spingersi oltre le politiche dell’attuale governo Meloni, che bolla come deludenti sia sul fronte sociale che su quello geopolitico. Ecco come Alemanno racconta le sue posizioni e le prossime iniziative che ha in programma in quest’intervista che ha rilasciato ai microfoni del DiariodelWeb.it.
Gianni Alemanno, iniziamo mettendo in chiaro le sue intenzioni: l’idea è quella effettivamente di fondare un nuovo partito?
Noi abbiamo individuato un percorso preciso. Raccoglieremo adesioni intorno al manifesto che abbiamo lanciato alla convention di Orvieto. Nel frattempo vedremo come si comporta il governo. Se le adesioni saranno in numero adeguato e l’esecutivo continuerà su questa linea che non condividiamo, a ottobre fonderemo un movimento.
Volete presentarvi alle prossime elezioni europee?
Questa è un’altra decisione, che andrà presa eventualmente dopo la fondazione del movimento. Le europee, in pratica, sono domani. Noi procederemo per gradi e vedremo cosa fare. Certamente non abbiamo intenzione di derogare su alcuni temi politici fondamentali, sui quali il governo, attualmente, sta sbagliando.
Su quali politiche del governo Meloni, in particolare, non vi riconoscete?
Innanzitutto sulla politica estera e sulla collocazione geopolitica dell’Italia. La scelta di schierarsi in prima linea nella guerra in Ucraina ha rappresentato un appiattimento nei confronti degli Stati Uniti che non si era mai registrato con questa intensità. Persino durante i governi democristiani e di Berlusconi c’era il tentativo di differenziarsi, di assumere una posizione più attenuata rispetto agli altri interlocutori internazionali. Stavolta, invece, si è scelto di fare i pasdaran: una scelta sbagliata per l’Italia e per l’Europa e fuori tempo.
Come mai la ritiene un errore?
Perché ogni giorno che passa vediamo rafforzarsi l’alternativa alla Nato, cioè i Brics, i Paesi non allineati. Continuare con queste provocazioni contro la Russia e la Cina, ad esempio cancellando la Via della seta, è uno sbaglio clamoroso, che va contro i nostri interessi nazionali. Questo è il primo, grande tema.
Il secondo?
Quello economico-sociale. Riteniamo che la politica della Meloni sia troppo liberista, che non riesce a difendere le nostre imprese dall’aggressione delle multinazionali che si muovono nel mercato globale. Riteniamo che ci voglia una politica più keynesiana, fatta di investimenti pubblici, una tutela delle classi sociali più deboli, che rappresentano un mercato interno in grado di sostenere i consumi, e una capacità di negoziare in Europa con forza una maggiore sovranità economica dell’Italia, senza la quale tutto ciò non si può fare. E poi c’è un terzo tema.
Quale?
Quello dei valori. L’invasione delle tecnologie nella libertà individuale e nell’identità stessa delle persone. Nonostante i proclami, la Meloni è troppo tiepida rispetto alle minacce che ci troviamo di fronte, dalle biotecnologie all’intelligenza artificiale alla questione green. Ci vuole un’azione molto più dura e strutturata. Penso soprattutto alle indagini su cosa sia successo durante la pandemia e sull’effettiva efficacia dei vaccini Covid.
Torniamo sul tema delle politiche sociali. Paradossalmente questa è la critica che anche il centrosinistra muove al governo.
Sì, il centrosinistra ufficiale tenta di differenziarsi su questi temi, anche se in ritardo. Potevano occuparsene quando erano al governo e non l’hanno fatto. In compenso sono totalmente appiattiti sulle stesse posizioni geopolitiche, se non peggio.
Su questi temi specifici, però, ci può essere una convergenza?
A nostro avviso è sbagliato consegnare questi temi alla sinistra e al Movimento 5 stelle. Quelli di chi non riesce a trovare lavoro o che trova lavori poveri sono problemi reali.
Su questioni come il reddito di cittadinanza o il salario minimo, ad esempio, voi che posizione avete?
Sul reddito non siamo d’accordo: siamo per l’introduzione dei lavori socialmente utili. È sbagliato dare sussidi a chi non fa nulla: bisogna collegarli a un impegno, per evitare lavoro nero e poltronismo. Sul salario minimo concordo con la critica di Forza Italia, cioè con la necessità di agganciarlo alla contrattazione collettiva. Da questo punto di vista la Meloni ha sbagliato a parlare con le opposizioni: doveva subito aprire il dialogo con le parti sociali, i veri depositari di questo problema.
Qual è l’elettorato a cui vi rivolgete: i delusi della Meloni, l’area del dissenso, la destra estrema?
Salvo la destra estrema che non vuol dire nulla, direi che ci rivolgiamo a tutti questi ambienti. Che sono profondamente insoddisfatti e accomunati da un’istanza forte: quella del cambiamento. Di volta in volta hanno votato Berlusconi ai tempi della rivoluzione liberale, Renzi ai tempi della rottamazione, poi il M5s, la Lega e oggi principalmente Fratelli d’Italia. Vogliamo parlare a loro, a chi vuole cambiare, non a chi vagheggia l’ambigua conservazione che porta avanti la Meloni. Il problema della premier è che ha cambiato completamente linea rispetto a quando era in campagna elettorale.
I sondaggi che avete presentato parlano di uno spazio politico potenziale del 10%. Siete ottimisti al riguardo?
Il sondaggio è di Antonio Noto, uno dei migliori sondaggisti italiani. Non è questione di essere ottimisti. Sicuramente lo spazio c’è, perché la delusione nei confronti di questo governo è molto forte e c’è una vastissima area di astensionismo che non si riconosce in nessun partito, tantomeno in quelli di opposizione. Poi bisogna vedere se saremo in grado di raccogliere questi voti. Per questo vogliamo procedere per gradi, senza fughe in avanti, nel tentativo di aggregare questi mondi.
Come valuta lo spazio che vi hanno concesso finora i grandi media nazionali?
Abbiamo avuto interviste in tutti i principali giornali, a parte il Corriere della Sera. Certamente sui temi dominanti, dalla guerra in Ucraina alla transizione green, l’informazione è molto allineata sulle posizioni dominanti. C’è una pressione per imporre una verità unica e chi si oppone diventa negazionista. Eppure, nonostante questo forte bombardamento mediatico, gli italiani sanno reagire e votano sempre per cambiare le cose.
Si è parlato di una presunta disponibilità da parte di Salvini a candidare alcuni vostri esponenti nelle liste della Lega alle europee. Le risulta?
No, la notizia è rimbalzata su alcuni media, ma è infondata. Non ho avuto nessun approccio né contatto, e non credo che ci possa essere in nessun caso. Il problema che poniamo è politico, non di spazio elettorale per far eleggere qualcuno. Sicuramente, su alcuni temi, come la guerra, la Lega ha posizioni migliori di Fdi: questo la rende un interlocutore. Ma è difficile pensare che possa essere uno sbocco rispetto a queste istanze, perché negli anni scorsi ha già fortemente deluso le aspettative che erano riposte in lei.
Quali sono i prossimi passi concreti che avete in programma dopo l’estate?
Cominceremo un giro in tutta Italia per presentare il manifesto di Orvieto e raccogliere le adesioni. Tra settembre e ottobre quasi ogni giorno sarà occupato con le nostre conferenze, per radicare nel territorio questa istanza. Cercheremo anche di affrontare i temi critici dell’autunno, dal reddito alle famiglie ai salari al caro vita. E anche quello dell’immigrazione, che sta esplodendo, e che intendiamo approfondire per costruire una proposta forte, seria e strutturata. Al di là degli slogan sparati in campagna elettorale dalla Meloni, che poi è stata costretta a smentirli il giorno dopo.
Continua a leggere le notizie di DiariodelWeb.it e segui la nostra pagina Facebook
Mario Donnini
20 Agosto 2023 at 10:17
Tempo quasi scaduto, inutilmente, malgrado anche buone intenzioni di Meloni, come il Nuovo Piano Mattei. Ai primi contatti dovevano e devono seguire fatti, ma Russia, Cina e Turchia stanno occupando gli scranni e vedremo soltanto il loro nuovo colonialismo. Non ho visto e non vedo nascere nuove aziende africane a partecipazione italiana. Saremmo contenti se riprendessimo l’epopea del lavoro italiano in Etiopia e in Libia. Dal Dolo di Venezia: Siamo in attesa di una politica del fare, più volte annunciata e non di nuovi candidati, che son già troppi. Auguri, intanto. Mario Donnini e tanti veneti.