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Opinioni

Lidia Undiemi: «Coraggio, Meloni: bocciare la riforma del Mes si può e si deve»

L’economista Lidia Undiemi interviene al DiariodelWeb.it per spiegare le ragioni contrarie alla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità

Fabrizio Corgnati

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Ursula von der Leyen e Giorga Meloni
Il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (© Agenzia Fotogramma)

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha per le mani una bella patata bollente: la scelta sulla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Coerenza vorrebbe che, alla luce delle sue denunce, ripetute nel corso degli anni, contro le follie della burocrazia europea, la premier prendesse posizione contro l’odiato e temuto Mes. Ma il timore della maggioranza è che un’eventuale bocciatura apra un fronte di contrasto politico con l’Europa, verso la quale invece il governo italiano sta cercando di accreditarsi. Così, per ora, Meloni prende tempo e rimanda la chiusura di questo dossier, che va avanti ormai da anni. Il DiariodelWeb.it ha discusso questa situazione con l’economista Lidia Undiemi, che del Mes si è occupata in parecchie sue pubblicazioni.

Dottoressa Lidia Undiemi, perché ci sarebbe bisogno di una riforma del Mes?
Perché i tedeschi hanno contestato gli interventi della Banca centrale europea, che hanno salvato l’Europa dalla crisi finanziarie. Hanno sostenuto che, di fatto, avesse aiutato gli Stati e, quindi, violato i trattati.

Avevano ragione?
In realtà una serie di sentenze della Corte di giustizia europea hanno salvato l’operato della Bce. E, quindi, hanno reso sostanzialmente ininfluente il Mes in caso di crisi. Oltretutto, l’utilizzo che se ne è fatto, in particolare in Grecia, ha svelato la natura di questo strumento. In sostanza ci sono due strade.

Quali?
O il Mes viene declassato e quindi nessuno Stato vi fa ricorso. Oppure va riformato, proprio perché ha prevalso l’idea che la Bce possa e debba intervenire in caso di crisi finanziarie.

Insomma, è venuta meno la sua stessa ragion d’essere.
Anche perché il Mes ha una serie di incompatibilità giuridiche con il diritto comunitario. Infatti la riforma ha un duplice obiettivo: da un lato sanare queste incompatibilità, dall’altro sottoporre gli Stati a una sorta di commissariamento preventivo.

In che senso?
Nel senso che, per poter accedere ai fondi, devono rispettare una serie di requisiti nei due anni precedenti. Come se non occorresse più firmare protocolli d’intesa in caso di prestito, ma il Mes dicesse loro che cosa fare già in anticipo. Così di fatto aggira il problema della concorrenza della Bce.

Ma la domanda è: se il Mes è diventato di fatto inutile, perché si impegnano tanto per salvarlo?
Perché è lo strumento attraverso il quale i Paesi più forti possono dominare quelli più deboli. L’ordinamento europeo prevede dei vincoli per evitarlo. Nella Bce, ad esempio, ognuno ha diritto a un solo voto. Il Mes, invece, ha creato un’organizzazione parallela: funziona come una società privata in cui alcuni, come Germania e Francia, hanno più quote di altri e quindi più peso.

Mi sta dicendo che serve puramente all’esercizio del potere, scavalcando le procedure democratiche.
Assolutamente sì. Basta leggere il suo trattato, che sembra quello di una banca commerciale. Funziona così: lo Stato in difficoltà chiede il prestito, come è successo a Grecia, Cipro, Portogallo. Questo viene erogato a rate perché, con il passare del tempo, il Mes verifica che lo Stato attui tutte le riforme dettagliatamente richieste.

Di che riforme si tratta?
Di riforme fortemente classiste: contro i lavoratori, i pensionati, lo Stato sociale. Per esempio riguardano gli orari di lavoro, le tredicesime, la licenziabilità dei dipendenti. Quindi la partita di scambio è la democrazia.

Un meccanismo piuttosto pericoloso.
Secondo me assolutamente eversivo e antidemocratico, anche perché vincola i governi futuri. L’erogazione del finanziamento può durare decenni e non è nemmeno detto che, una volta finita, terminino le influenze del Mes: perché poi c’è la restituzione.

Quindi, se questa riforma non passa, il Mes è sostanzialmente morto.
Se la Bce è a sostegno dell’equilibrio finanziario dell’eurozona e quindi direttamente degli Stati, il Mes non ha ragione di esistere, come è accaduto in questi ultimi anni. Se invece, al suo interno, prevale una maggioranza politica a sostegno del Mes, allora la Bce può spingere gli Stati ad adottarlo.

Insomma, dipende dalla volontà della Banca centrale di resuscitarlo o meno.
Anche se i giudici europei hanno posto una sorta di diritto-dovere d’intervento, ma questi sono dettagli un po’ tecnici.

Se invece la riforma passa, i rischi per gli Stati aumentano.
Sì, perché si obbligano già in via preventiva a sottostare alle linee guida politiche del Mes, così da essere in regola per un eventuale prestito.

A questo punto, però, la Meloni si ritrova chiusa all’angolo. Se approva la riforma, scontenta gli elettori, che non l’hanno certamente votata per salvare il Mes. Se la boccia, va allo scontro con l’Europa.
Non proprio con tutta. Finora i principali ostacoli alla supremazia del Mes sono stati la Bce e la Corte di giustizia, quindi è evidente che una parte importante dell’Europa, ancor prima dell’Italia, rema contro. Secondo me questo è il contesto storico-politico giusto per dire di no nel modo più semplice possibile. Perché questa maggioranza era già contraria, perché la riforma non le sta bene, magari dando anche delle motivazioni.

Serve un po’ di coraggio.
Il coraggio di rispettare una promessa elettorale. Ad oggi la maggioranza del parlamento è contrario al Mes, non solo il centrodestra ma anche il Movimento 5 stelle.

Non sarebbe la prima volta in cui il M5s cambia idea.
Ma, teoricamente, sarebbero obbligati a dire di no al Mes, dal patto che hanno sottoscritto con gli elettori. Se invece ogni scusa è buona per rimangiarsi le promesse, perché è un po’ complicato metterle in atto, ce lo dicano, così non andiamo più a votare.

Si gioca la credibilità non solo di questo governo, ma di tutta la politica.
Esatto. Sul Mes si gioca tutto il rapporto di fiducia tra la classe politica e i cittadini. Se quello che viene promesso, puntualmente, non viene realizzato, questo significa un sovvertimento dell’ordine costituzionale. Ricordiamoci che i politici occupano quel posto proprio in virtù delle promesse che hanno fatto in campagna elettorale, altrimenti vale tutto.

Come andrà a finire, secondo lei?
Molti dicono che questa maggioranza ha già deciso di firmare, ma io dico di no. Ci sono ancora dei margini per sensibilizzare. Ci vuole solo un pizzico di coraggio, non succede nulla se il Mes non viene riformato.

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