Politica
Elezioni in vista: anche il Governo Meloni ricorre alle “mancette”
Giorgia Meloni annuncia bonus per lavoratori e giovani alla vigilia delle elezioni, una mossa vista come tentativo di guadagnare consensi. Questa pratica rischia di essere poco sostenibile in un’Italia già indebitata e potrebbe distorcere la politica verso interessi elettorali di breve termine.
La pratica delle mancette elettorali sembra essere diventata una costante irrinunciabile del panorama politico italiano, trasversale ai vari schieramenti. Nonostante l’alternanza ai vertici del potere, il modus operandi rimane invariato: allettare gli elettori con promesse di beneficio immediato, spesso senza una reale copertura finanziaria o progettualità a lungo termine. Questo approccio, come evidenziato dal comportamento recente del Governo guidato da Giorgia Meloni, solleva non poche perplessità.
Meloni ha annunciato, proprio alla vigilia della festa dei lavoratori, una serie di misure apparentemente generose: bonus per le assunzioni di giovani, donne e lavoratori svantaggiati e un’indennità di 100 euro per i dipendenti con redditi fino a 28mila euro e con almeno un figlio a carico. Tuttavia, la realtà dietro questi annunci è più complessa e meno lusinghiera.
Il primo aspetto critico riguarda la sostenibilità di tali misure. In un Paese fortemente indebitato come l’Italia, dove i servizi essenziali come l’istruzione e la sanità soffrono già di una cronica carenza di fondi, l’uso dei soldi pubblici per fini elettorali rappresenta un rischio non trascurabile. La decisione di posticipare il pagamento della mancetta a gennaio 2025, per non gravare sul bilancio di quest’anno, è emblematica della drammaticità dei conti pubblici e dell’impronta “cosmetica” di queste iniziative.
Meloni e la “mancetta” elettorale
In secondo luogo, l’approccio adottato da Meloni può essere interpretato come un esercizio di demagogia. Benché la premier possa vantare una solida maggioranza parlamentare e non abbia, in teoria, necessità di ricorrere a tattiche populiste, la scelta di queste manovre rivela una possibile strategia per consolidare il consenso in vista delle imminenti elezioni europee. Proporre un beneficio economico diretto a pochi mesi dal voto è un classico espediente utilizzato da molti politici per sedurre l’elettorato con l’illusione di un vantaggio immediato.
Queste pratiche non solo riducono la politica a un mero scambio di favori, ma instillano nei cittadini una visione distorta del ruolo dei loro rappresentanti. Invece di valutare i candidati sulla base delle loro competenze, idee e integrità, gli elettori vengono indotti a basare la loro scelta su promesse di breve termine, spesso prive di una reale fattibilità o di un impatto duraturo.
Inoltre, la natura stessa di queste mancette solleva questioni etiche significative. Se da un lato possono apparire come un gesto di solidarietà verso le fasce più deboli della società, dall’altro si configurano come un calcolo cinico, mirato a massimizzare i benefici elettorali a discapito di una visione più ampia e inclusiva del benessere collettivo.
Giorgia Meloni, seguendo l’esempio di predecessori come Matteo Renzi con i suoi 80 euro, ha scelto una strada già battuta, che purtroppo non sembra promettere un rinnovamento del modo di fare politica in Italia. Ciò che resta da chiedersi è se, a lungo termine, queste scelte politiche saranno sostenibili e quali conseguenze avranno per le generazioni future, che dovranno affrontare il debito accumulato e le sfide non risolte.
Infine, è essenziale che il dibattito pubblico si concentri non solo sulle immediate ricadute di queste politiche, ma anche sulle loro implicazioni a lungo termine. Sarebbe auspicabile che il governo adottasse un approccio più lungimirante, privilegiando interventi strutturali capaci di affrontare le radici della precarietà e della povertà e di stimolare una crescita economica più equa e sostenibile.
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