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Politica

Giorgia Meloni e il Time: se non comandasse nulla, perché farebbe così paura?

La copertina del Time accende i riflettori su Giorgia Meloni, ma in Italia il dibattito è schizofrenico. È un burattino o la nuova Thatcher? Strumentalizza il suo essere donna o è l’unica leader femminile “scomoda”? Un’analisi delle narrazioni contrastanti che la circondano, dove la critica sembra più interessata a chi sia, piuttosto che a quel che fa.

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Giorgia Meloni in copertina del Time
Giorgia Meloni in copertina del Time

La copertina “ambigua” del Time e l’arte della contraddizione

Il settimanale americano Time le ha dedicato una copertina globale, un ritratto profondo, un’intervista a tutto campo. Risultato? I critici italiani – mai in ritardo quando c’è da spalare fango – hanno subito bollato l’operazione come una «consacrazione di un’immagine sbiadita». Curiosa questa ossessione: Meloni non conterebbe nulla, ma è sempre sulla bocca di tutti. Il classico caso del “non mi piaci ma ti seguo ovunque”.

Comanda o subisce? Decidetevi, per cortesia

O è un burattino dell’Europa, che firma ogni riga del Patto di Stabilità senza fiatare, oppure è la nuova Thatcher del Mediterrano, che detta la linea ai partner europei. Le due cose insieme non funzionano, anche nei migliori talk show. Eppure questa è la narrazione schizofrenica che si legge in certi editoriali: Meloni non guida, ma può farci schiantare contro i dazi di Trump. Non ha potere, ma ha firmato la rovina di due generazioni.

Un po’ di coerenza, suvvia.

Il “melonismo”? Meglio dell’anti-italianismo automatico

Che poi, questo melonismo fa paura solo in Italia. All’estero lo studiano, lo analizzano, ci fanno le copertine. Da noi, invece, basta che dica “buongiorno” per scatenare un’analisi psico-politica sulla deriva autoritaria del Paese. E se prova a parlare d’identità, cultura, confini – come fanno decine di altri leader europei – ecco che spunta il fantasma di Samuel Huntington, evocato con tono da saggio apocalittico.

E intanto, gli elettori continuano a votarla. Strano, no?

Femminismo sì, ma solo se ci piace

Altro punto forte del “melodramma” nazionale è l’accusa di femonazionalismo. Giorgia Meloni – accusata di strumentalizzare il suo essere donna – viene però attaccata proprio perché è donna e non si comporta come certi vorrebbero. Sembra quasi che l’unico modo accettabile di essere una leader femminile, in Italia, sia fare la sinistra radicale. Tutto il resto è marketing.

La verità? Meloni ha vinto, da donna. E questo a qualcuno brucia più di tutto il resto.

Migranti, Albania e la guerra delle ipocrisie

Meloni “deporta”, “chiude”, “sposta”. Ma quando lo facevano altri governi, magari in modo meno mediatico ma più brutale, erano “soluzioni pragmatiche”. Quando lo fa lei, è populismo criminale. Che dire: è dura essere giudicati non per quel che si fa, ma per chi lo fa.

Eppure, dietro l’accordo con l’Albania – discutibile quanto si vuole – c’è un tentativo di gestione alternativa e negoziata di un problema epocale. Non una bacchetta magica, ma nemmeno le chiacchiere infinite di chi ha avuto decenni per risolverlo e ha prodotto solo centri d’accoglienza fuori controllo.

Forse piace perché non si vergogna di essere italiana

Giorgia Meloni non è perfetta. Non è infallibile. Ma è una leader. E lo è perché, in un’Europa sempre più opaca, ha una visione chiara – condivisibile o meno – e ci mette la faccia. Questo la rende un bersaglio. Ma anche una protagonista. E per chi dice che non comanda nulla, è sorprendente quanta attenzione riesca ad attirare ogni giorno.

Forse perché, in fondo, sta guidando davvero qualcosa. E il problema non è che guidi. Il problema, per certi, è che non guida nella direzione che volevano loro.

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