Casa
Se la casa non è eco-sostenibile, non potrai affittarla: Bankitalia e il diritto di proprietà
Un recente studio di Banca d’Italia suggerisce legare l’affitto delle case agli standard di efficienza energetica. Tale proposta, che supera le richieste UE, solleva preoccupazioni sul diritto di proprietà e sull’intrusione nelle politiche economiche, rischiando di alterare il mercato immobiliare.
Il recente studio pubblicato dalla Banca d’Italia intitolato “Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia: lo stato dell’arte e alcune considerazioni per gli interventi pubblici” ha scatenato ampie discussioni. Questo avviene nel contesto in cui l’Europa spinge verso una maggiore sostenibilità ambientale con la Energy Performance of Buildings Directive, approvata definitivamente nonostante i voti contrari di Italia e Ungheria.
Il rapporto evidenzia in particolare la questione delle abitazioni in affitto, un settore dove l’impiego di risorse pubbliche potrebbe essere particolarmente vantaggioso. La Banca propone di incentivare l’efficienza energetica (EE) attraverso misure fiscali più incisive, o alternativamente, suggerisce di seguire l’esempio di paesi come la Francia e il Regno Unito, imponendo standard energetici minimi per la locazione di immobili.
La proposta di legare il diritto di locazione al rispetto di certi standard energetici si colloca oltre le già stringenti richieste della direttiva europea, puntando al raggiungimento della neutralità climatica. Tuttavia, questa strategia solleva preoccupazioni significative riguardo alla limitazione della libertà individuale nel diritto di proprietà, una tematica già sensibile in altri contesti europei e anticipata nelle bozze iniziali della direttiva stessa.
L’ambito di intervento di Banca d’Italia è al centro delle critiche. Tradizionalmente focalizzata su funzioni di politica monetaria, supervisione dei mercati e vigilanza del sistema bancario, l’istituzione sembra ora avventurarsi in territori che toccano la politica economica, solitamente prerogativa del Parlamento e del Governo. L’intervento dell’istituto su temi così pregnanti appare come un passo inusuale che potrebbe essere interpretato come un’intromissione nelle decisioni politiche, specialmente considerando il recente voto contrario dell’Italia sulla direttiva europea.
La questione solleva dubbi anche sulla pratica del nudging, ossia l’uso di “spinte gentili” per indirizzare le scelte pubbliche e private. Anche se queste pratiche sono diventate comuni in vari ambiti politici per promuovere comportamenti socialmente desiderabili, la loro applicazione in ambiti che riguardano diritti fondamentali come la proprietà privata suscita perplessità.
Oltre agli aspetti etici e legali, vi sono preoccupazioni concrete riguardo alle conseguenze economiche di tali politiche. Immobili che non rispondono ai nuovi standard di EE sono a rischio di svalutazione, potenzialmente acquisibili a basso costo da grandi fondi di investimento. Questo scenario potrebbe alimentare una forma di “socialismo verde” che, abbinato al socialismo finanziario, potrebbe trasformare radicalmente il tessuto economico e sociale del paese.
La casa come bene rifugio e il risparmio familiare sono pilastri della stabilità sociale e della solidarietà intergenerazionale in Italia. Tuttavia, le recenti politiche inflazionistiche, sia monetarie che fiscali, hanno già iniziato a erodere queste basi. L’espansione della politica energetica potrebbe aggravare ulteriormente questa situazione, con il rischio di incrementare i prezzi dei materiali da costruzione e di generare deficit di bilancio, come già osservato con il super-bonus 110%.
Il rischio è che la nuova politica economica europea, pur con le sue buone intenzioni ambientali, si scontri con ostacoli insormontabili, portando a decisioni sbagliate e trasferimenti di ricchezza ingiustificati. L’approccio attuale, se non temperato da una maggiore consapevolezza pubblica e un dibattito aperto, potrebbe continuare indipendentemente dalla volontà del governo di turno.
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