Economia & Lavoro
America First, Europa in affanno: il pragmatismo di Trump e l’incognita italiana
Donald Trump rilancia il suo pragmatismo con nuovi dazi mirati, mentre l’Europa vacilla tra strategie frammentate. Italia in bilico: Meloni riuscirà a mediare o subirà le conseguenze?
«Tasseremo i Paesi stranieri per arricchire i cittadini americani»: una frase che sintetizza, con brutale chiarezza, il cuore pulsante del pensiero politico di Donald J. Trump. Gli slogan “America First” e “Make America Great Again”, pietre miliari della sua retorica, non sono semplici motti elettorali, ma principi guida che stanno riplasmando i rapporti internazionali. Il pragmatismo della nuova amministrazione statunitense è spietato e chirurgico, spingendo l’Europa a riflettere sul proprio ruolo in un’era che Ursula von der Leyen ha definito senza mezzi termini: «una spietata rivalità strategica».
Trump, fedele alla sua visione, preferisce trattare con i singoli Stati membri dell’Unione Europea piuttosto che con il blocco comunitario nel suo complesso. È il pragmatismo della frammentazione, un metodo che gli consente di massimizzare i vantaggi americani e ridurre l’impatto delle trattative multilaterali.
L’Europa nella morsa dei dazi
L’Europa, con un attivo commerciale di circa 230 miliardi di dollari nei confronti degli Stati Uniti, si trova al centro delle attenzioni di Washington. Trump non può tollerare uno squilibrio commerciale di tali proporzioni: la Germania, in particolare, rappresenta un bersaglio privilegiato, con il suo attivo di 80 miliardi di dollari. Non è una novità: i rancori dell’ex Presidente verso Berlino affondano le radici nei rapporti difficili con Angela Merkel, simbolo di un establishment europeo che Trump ha sempre detestato.
L’Italia, con il suo attivo di 43 miliardi di dollari, rischia di finire nella lista dei Paesi sorvegliati speciali. Un rischio concreto, considerando l’approccio chirurgico che Trump potrebbe adottare: dazi selettivi su prodotti specifici, come vino, olio o automobili, capaci di colpire il cuore del nostro export senza scatenare effetti inflazionistici generalizzati sul mercato americano.
Meloni, Trump e il ruolo dell’Italia
In questo contesto, il ruolo dell’Italia assume contorni ambivalenti. Giorgia Meloni, forte di un rapporto personale di stima e amicizia con Trump, potrebbe tentare di giocare un ruolo di mediazione tra gli Stati Uniti e l’Europa. Ma le incognite sono molteplici: il pragmatismo trumpiano non lascia spazio a sentimentalismi o rapporti privilegiati. Ogni decisione verrà presa sulla base di un calcolo utilitaristico, dove l’America è sempre la prima a guadagnare.
L’idea che l’Italia possa diventare una sorta di ponte tra Washington e Bruxelles è suggestiva, ma non priva di insidie. Trump non vede nell’Europa un interlocutore unico; preferisce frammentarla, trattando con ogni Stato membro separatamente per ottenere il massimo vantaggio. In questo schema, l’Italia rischia di trovarsi isolata, senza il peso politico necessario per influenzare le scelte strategiche di Trump.
Il pragmatismo americano e le sfide italiane
Donald Trump è un politico estremamente consequenziale. Non si lascia condizionare dalle convenzioni diplomatiche o dagli equilibri geopolitici tradizionali. Questo rende la sua amministrazione una sfida senza precedenti per l’Europa e, in particolare, per l’Italia.
Se da un lato il rischio di nuovi dazi rappresenta una minaccia concreta per il nostro export, dall’altro si apre uno spazio di manovra per un’Italia che sappia muoversi con intelligenza e pragmatismo. Riuscirà Giorgia Meloni a sfruttare il suo rapporto personale con Trump per ottenere condizioni favorevoli per il nostro Paese? Oppure saremo costretti a subire le conseguenze di un nuovo ordine mondiale dove ognuno pensa solo a se stesso?
Solo il tempo lo dirà. Ma una cosa è certa: Trump ha già cambiato le regole del gioco, e l’Europa, Italia compresa, deve prepararsi a giocare una partita tutta nuova.
Continua a leggere le notizie di DiariodelWeb.it e segui la nostra pagina Facebook