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Economia & Lavoro

Europa paralizzata tra dazi ed energia: quale futuro per l’Italia?

L’Europa affronta una crisi tra dazi e energia che paralizza il continente. L’Italia deve trovare una strategia per reagire e trasformare le sfide in opportunit\u00e0. Quale sar\u00e0 il suo futuro?

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Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen
Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen (© Agenzia Fotogramma)

È una Europa che arranca, quella che si presenta all’inizio del 2025, paralizzata da scelte economiche deboli e una visione strategica frammentata. A soffrire di più sono i paesi come l’Italia, stretti tra le conseguenze delle politiche sui dazi e una crisi energetica che sembra non trovare soluzione. Ma da dove viene questa stasi? E soprattutto: come può l’Italia reagire?

La politica dei dazi: un boomerang per l’Europa

Le recenti decisioni dell’Unione Europea in materia di dazi doganali, pensate per proteggere le economie interne, si stanno rivelando un’arma a doppio taglio. I settori industriali strategici, come quello dell’automobile e dell’acciaio, sono stati colpiti da ritorsioni commerciali da parte di partner fondamentali come gli Stati Uniti e la Cina.

Secondo Mario Draghi, ex Presidente del Consiglio e figura chiave del dibattito economico europeo, “un protezionismo miope rischia di isolare l’Europa proprio nel momento in cui avrebbe bisogno di apertura”. Questo isolamento non solo penalizza le esportazioni, ma rende più costosi i beni di importazione, aumentando l’inflazione.

Per approfondire l’impatto dei dazi sulla politica commerciale europea, si può consultare questo studio dettagliato.

Crisi energetica: il nodo irrisolto

A complicare il quadro, c’è una crisi energetica che non accenna a risolversi. L’Italia, ancora troppo dipendente dal gas, si trova a pagare il prezzo di una transizione energetica mal pianificata. Nonostante gli sforzi per diversificare le fonti di approvvigionamento, i costi per famiglie e imprese restano elevati.

Enrico Mattei, visionario dell’energia negli anni ‘50, aveva già compreso l’importanza di un approccio pragmatico e multilaterale. Ma oggi, i leader europei sembrano incapaci di seguire quella lezione. Le relazioni con i fornitori del Nord Africa e del Medio Oriente sono fragili, e le infrastrutture per le energie rinnovabili non sono ancora all’altezza delle necessità.

L’Italia può solo resistere?

E qui entriamo nel cuore del problema: l’Italia deve solo resistere o può reagire? Secondo Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, “serve un piano industriale che rilanci le nostre eccellenze, dall’innovazione tecnologica al turismo”. Ma senza una politica energetica chiara e senza un quadro europeo più coeso, ogni sforzo rischia di essere vano.

La strategia italiana dovrebbe basarsi su tre pilastri fondamentali:

  1. Infrastrutture energetiche moderne: investimenti in rigassificatori, impianti solari e eolici.
  2. Diplomazia commerciale attiva: rinegoziare accordi con partner strategici.
  3. Innovazione e digitalizzazione: promuovere settori chiave come l’intelligenza artificiale e il green tech.

Una lezione da imparare

In conclusione, è chiaro che l’Europa, e con essa l’Italia, non possono permettersi di restare immobili. Serve una visione comune, capace di superare egoismi nazionali e barriere burocratiche. Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, amava ripetere: “Le persone accettano il cambiamento solo quando affrontare il cambiamento è meno doloroso che rimanere come si è”. Oggi, quel momento è arrivato.

Se l’Italia riuscirà a trasformare le difficoltà in opportunità, potrebbe diventare un esempio per l’intero continente. Ma il tempo stringe, e il futuro non aspetta nessuno.

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