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Economia & Lavoro

Il vero rischio per le stablecoin? Le banche. Non la blockchain

Il CEO di Tether, Paolo Ardoino: «Nel mondo delle stablecoin, il vero rischio non è la blockchain. È il banchiere tradizionale che non ha più chiara la differenza tra garanzia e illusione».

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Chi ha detto che le cripto sono instabili? Paolo Ardoino, a capo di Tether, punta il dito altrove: non verso la volatilità algoritmica né verso l’hype digitale, ma sul cuore pulsante – e malato – del sistema bancario europeo.

L’intervista concessa al podcast Less Noise More Signal è un manifesto di denuncia e un campanello d’allarme. Ardoino mette sotto accusa la regolamentazione UE per gli emittenti di stablecoin: una burocrazia cieca che pretende sicurezza imponendo riserve in contanti non assicurate. Una trappola perfetta.

“Immaginate 10 miliardi di euro in stablecoin, e il 60% da tenere in conti non assicurati. Quando la banca crolla, il danno è tuo, non suo.”

L’aritmetica del disastro

Sotto il vestito della compliance, il vuoto. Ardoino spiega: con 6 miliardi in conti non coperti, le banche – seguendo la logica del credito frazionario – prestano il 90%. Tradotto: 5,4 miliardi finiscono altrove, e quando il mercato chiede indietro il denaro, il caveau è vuoto.

“Chiedi 2 miliardi. Te ne danno 600 milioni. Il resto? Evaporato. Non perché il tuo progetto fosse debole, ma perché la banca ha giocato con i tuoi soldi.”

Ecco che lo strumento pensato per garantire stabilità – la stablecoin – si ritrova travolto da un castello di carta costruito dalle stesse istituzioni che ne dovrebbero garantire la solidità.

Una caccia al colpevole

La previsione è inquietante: “Molte banche europee salteranno in aria nei prossimi anni”, dice Ardoino. E mentre i grandi istituti, da UBS in giù, rifiutano ogni legame con le cripto, agli emittenti non resta che affidarsi a banche minori, esposte e fragili. Un déjà-vu: Silicon Valley Bank docet.

E quando il domino inizierà a cadere, il verdetto sarà rapido: la colpa sarà delle stablecoin, non delle banche. Né delle regole che hanno costretto a infilarsi in quel vicolo cieco.

Un’accusa senza appello

Le parole del CEO di Tether non sono solo uno sfogo tecnico: sono una requisitoria contro un sistema finanziario ipocrita, che predica innovazione ma impone vincoli mortali. Che teme ciò che non controlla. E che, in fondo, non ha mai accettato che il dollaro potesse circolare senza le sue benedizioni.

“Esportiamo il miglior prodotto americano: il dollaro. Ma ce lo fanno usare solo a modo loro.”

Il paradosso del successo

Con il 66% del mercato delle stablecoin in mano, USDt si presenta come il pilastro di un nuovo ordine monetario. Un’alternativa, certo, ma anche una sfida: all’ortodossia bancaria, alla politica monetaria centralizzata, e a una Europa che pretende di regolamentare senza comprendere.

Nel frattempo, il Dipartimento del Tesoro USA guarda lontano: entro il 2028, il mercato delle stablecoin ancorate al dollaro potrebbe toccare i 2.000 miliardi di dollari. E l’Europa? Frena, dubita, impone. E prepara il terreno per il prossimo crollo.

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