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Il gas russo, la Germania e il ritorno del realismo perduto
Diversi politici tedeschi chiedono la ripresa delle forniture di gas russo. Un segnale che la realtà economica prevale sull’ideologia, mentre l’Europa affronta le conseguenze delle sue scelte.

In Europa, l’ideologia ha avuto le mani sul volante, mentre la realtà sedeva legata nel bagagliaio. Ma ora, a Berlino, cominciano a sentirsi dei colpi provenienti da dietro. La realtà bussa, urla e pretende di essere rilasciata.
C’è voluto l’inverno più costoso della storia tedesca, con le fabbriche in crisi, le bollette in fiamme e un’economia che arranca, per far emergere parole fino a poco fa impensabili: riaprire i canali del gas russo. A pronunciarle non è il solito nostalgico dell’Est, ma figli legittimi del sistema tedesco, rappresentanti di partiti un tempo convinti che “tagliare i ponti” fosse la prova suprema di una nuova purezza europea.
La geopolitica della bolletta
Chiunque abbia una minima dimestichezza con la geopolitica energetica sa che la Russia non è un interruttore che si spegne a comando morale. È una potenza che vende ciò che l’Europa consuma, e che ha costruito una dipendenza reciproca che non si può dissolvere con un tweet o una dichiarazione al Parlamento UE.
Il gas russo è stato la base della prosperità industriale tedesca, come il carbone per la Rivoluzione Industriale. Tagliarlo di colpo, invocando una rivoluzione verde fatta di batterie e illusioni, è stata una decisione più religiosa che razionale. Oggi, la resa dei conti è arrivata sotto forma di bollette e recessione.
L’interesse nazionale, questo sconosciuto
Per anni, la Germania ha venduto al resto d’Europa un modello etico-ambientale che, sotto la superficie, poggiava ancora sulle forniture di Mosca. Il re è nudo, ma pretende che nessuno lo dica. E ora che alcuni parlamentari osano suggerire un ritorno al gas russo, ecco la levata di scudi: traditori! filorussi! nemici della libertà!
Eppure, la domanda da porre è un’altra: fino a che punto può una nazione negare sé stessa per aderire a una linea che non è più sostenibile né sul piano economico né su quello sociale?
Un’Europa ipocrita o disillusa
L’Unione Europea si trova oggi spaccata tra le retoriche e le necessità, tra chi vuole punire Mosca a ogni costo e chi deve semplicemente evitare il collasso industriale. Se la Germania, pilastro dell’eurozona, comincia a riconsiderare i suoi dogmi, cosa accadrà agli altri Paesi che hanno semplicemente seguito Berlino nel buio?
Non è questione di schierarsi con Putin, ma di decidere se l’autosufficienza energetica dell’Europa può nascere in una notte, o se invece richiede decenni, diplomazia e, soprattutto, un’onesta visione del mondo così com’è.
Il ritorno del buon senso
Il ritorno del gas russo non sarà una resa, ma un atto di sopravvivenza. I popoli non vivono di simboli, ma di energia, di lavoro, di riscaldamento domestico. E se questo significa mettere da parte per un momento la retorica, allora è un prezzo che i cittadini sembrano sempre più disposti a pagare.
La Germania, con tutte le sue contraddizioni, potrebbe essere la prima a uscire dalla trance collettiva. E se succederà, sarà non per coraggio politico, ma per quella forza impietosa e silenziosa che si chiama realtà.
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