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La pioggia di miliardi USA agli alleati, resteranno negli Stati Uniti

Gli USA e il Regno Unito promettono ingenti aiuti militari all’Ucraina. Tra dichiarazioni audaci e critiche interne, l’approvazione del sostegno riflette una tattica tanto di sicurezza quanto di interesse economico domestico, con le elezioni USA in vista e miliardi a sostegno dell’industria della difesa.

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Il presidente Joe Biden, con il suo omologo ucraino, Zelensky
Il presidente Joe Biden, con il suo omologo ucraino, Zelensky (© Depositphotos)

In una mossa che sembra tanto un tentativo di protagonismo geopolitico quanto una telenovela politica, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno annunciato nuovi aiuti militari all’Ucraina, mentre l’Europa osserva, dividendo opinioni e sollevando sopracciglia. Al centro del dibattito, l’annuncio di una generosa manna finanziaria che, per alcuni, suona più come una battuta sarcastica in un dramma di lunga durata che come una strategia di difesa coerente.

La promessa di sostegno è arrivata sotto i riflettori internazionali con dichiarazioni audaci. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha proclamato che l’Ucraina deve vincere, facendo eco a un coro che molti continuano a cantare, ma che pochi sembrano credere realmente possibile. Dall’altra parte, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha fornito un’analisi più misurata, se non cinica, suggerendo che questi aiuti sono meno un atto di beneficenza e più un investimento strategico per il futuro della sicurezza europea e americana.

Durante un discorso a Varsavia, Stoltenberg ha sottolineato che il sostegno all’Ucraina rappresenta solo lo 0,2% del PIL della difesa dei paesi NATO, descrivendolo come un costo necessario per prevenire un futuro ancora più dispendioso. La sua dichiarazione, “Se permettiamo a Putin di vincere, il costo aumenterà, non diminuirà,” suona quasi come una minaccia velata travestita da consiglio amichevole, rendendo chiaro che la posta in gioco è molto più alta di quanto ammettiamo.

E poi c’è Joe Biden, il cui impegno nel sostegno all’Ucraina è stato sigillato con la firma di un pacchetto da 95 miliardi di dollari, un numero che potrebbe far girare la testa a qualsiasi contabile. Il presidente americano ha dovuto superare non solo l’opposizione interna ma anche le critiche che accusano la sua amministrazione di preferire gli interessi stranieri a quelli domestici. Il timore di un’immagine internazionale debole prima delle elezioni di novembre è palpabile, e la memoria ancora fresca della ritirata caotica da Kabul non fa altro che aggiungere sale sulla ferita.

Il dibattito interno negli Stati Uniti è stato particolarmente acceso, con il presidente della Camera, Mike Johnson, e l’ex presidente Donald Trump che hanno giocato un ruolo cruciale nel trasformare gli aiuti futuri in prestiti garantiti, una mossa che suona bene sulle note di un’economia nazionalista ma che potrebbe avere conseguenze impreviste a lungo termine.

Non meno importante è il contributo del Regno Unito, che, sotto la guida di Rishi Sunak, ha promesso un incremento del budget della difesa e un sostegno sostanziale all’Ucraina. Sunak sostiene che questa sia una mossa necessaria in un mondo che diventa sempre più pericoloso, una visione che potrebbe non essere condivisa da tutti i suoi elettori, ma che pone il Regno Unito in una posizione di chiaro supporto agli sforzi americani.

In tutto questo, i veri costi dell’impresa, sia in termini di risorse umane che economiche, sono ancora da calcolare, con il Pentagono che sottolinea come la maggior parte del denaro stanziato resterà negli Stati Uniti, beneficiando le industrie di difesa e creando posti di lavoro. È chiaro che, nonostante le nobili dichiarazioni di solidarietà, gli aiuti sono anche un lucroso affare domestico.

In conclusione, mentre l’Ucraina lotta per la sua sopravvivenza, gli aiuti promessi dall’Occidente sembrano rappresentare tanto un tentativo di mantenere un equilibrio precario nel potere globale quanto un saggio investimento nelle proprie economie nazionali. Sarcasticamente parlando, è quasi come se guardassimo un episodio di una serie drammatica dove tutti sanno che il vero vincitore è colui che tiene i cordoni della borsa.

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