Esteri
Le mosse di Biden incidono sul “conflitto” Israele-Iran
L’Iran ha attaccato Israele con droni e missili in risposta al raid israeliano a Damasco, esacerbando le tensioni. L’azione sembra mirata a mantenere un equilibrio senza scatenare un conflitto totale, ma rischia di innescare una crisi più ampia influenzata dalla politica estera degli Stati Uniti sotto Biden.
Nella notte, l’Iran ha lanciato un attacco contro Israele utilizzando droni e missili balistici, un’azione che ha visto il supporto di Hezbollah. Questo evento segna un ulteriore sviluppo in un contesto già teso e potrebbe avere conseguenze significative sulla politica regionale e globale.
L’attacco arriva dopo il raid israeliano contro l’ambasciata iraniana a Damasco il 1 aprile, che ha portato alla morte di alcuni alti funzionari iraniani, inclusi il generale Mohammad Reza Zahedi. Questo raid aveva posto Teheran in una posizione difficile, costringendolo a rispondere per mantenere il proprio status davanti agli alleati e per salvaguardare il consenso nazionalista interno senza tuttavia scatenare un conflitto aperto con Israele.
Il governo degli ayatollah ha quindi optato per una risposta che si inserisce in una strategia apparentemente dimostrativa, probabilmente calcolata per evitare una guerra totale, considerando l’efficienza del sistema di difesa antimissile israeliano, l’Iron Dome. Tale scelta può essere interpretata come un tentativo di rilanciare la responsabilità delle azioni future al governo di Benjamin Netanyahu, mantenendo al tempo stesso la tensione a un livello gestibile.
Questa nuova crisi va inserita nel contesto di una “terza guerra mondiale a pezzi”, un termine coniato da papa Francesco per descrivere i conflitti frammentati ma interconnessi che stanno incrementando i rischi di un’escalation bellica a livello globale. Ogni azione in questa intricata rete di alleanze e rivalità può avere ripercussioni impreviste, aumentando la probabilità che piccoli conflitti regionali possano sfociare in crisi di ampia scala.
L’attacco diretto dell’Iran a Israele rompe un tabù storico e apre scenari potenzialmente gravi. Non è ancora chiaro quale sarà la risposta di Israele, ma le mosse future di Netanyahu potrebbero essere influenzate tanto dalla pressione internazionale quanto dalla politica interna, particolarmente dopo il suo recente indebolimento politico.
La situazione si complica ulteriormente considerando l’impatto delle scelte politiche di Joe Biden. A seguito del cambio di rotta rispetto alla politica di Donald Trump, che aveva cercato di isolare l’Iran favorendo l’avvicinamento tra Israele e i paesi arabi sunniti, Biden ha ripreso le trattative con Teheran. Questa mossa è stata vista da molti come un incentivo per l’Iran a continuare le sue politiche destabilizzanti nella regione.
Il supporto dichiarato di Biden a Israele, quindi, viene percepito con scetticismo da diverse parti, in quanto sembra contraddire le azioni pratiche intraprese dalla sua amministrazione, le quali possono aver contribuito all’attuale escalation di violenza.
Questo contesto di crescente instabilità richiede una riflessione profonda sull’efficacia delle politiche estere attuate dalle grandi potenze, considerando come queste influenzino non solo i rapporti bilaterali ma l’intero equilibrio geopolitico mondiale. È essenziale che l’America ritrovi un ruolo di guida coerente e stabile per prevenire il deterioramento ulteriore dell’ordine internazionale.
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