Medio Oriente
Il teatro siriano e la grande partita a scacchi del Medio Oriente
La caduta di Assad apre nuovi scenari in Siria: potenze globali e regionali si contendono il futuro del Medio Oriente, tra instabilità, rivalità geopolitiche e sfide per la ricostruzione.
In Siria si chiude un capitolo di storia con la caduta di Bashar al-Assad, e mentre le macerie si accumulano, i riflettori si accendono su un palcoscenico di incertezze. Il regime, sopravvissuto per anni a guerre civili, rivolte interne e pressioni internazionali, sembra ora piegarsi a dinamiche geopolitiche più grandi di lui. Chi vince davvero? È la domanda che rimbalza da Washington a Mosca, passando per Ankara e Teheran.
L’uscita di scena del dittatore non è solo una faccenda locale: è l’apertura di un nuovo capitolo nel Medio Oriente, dove ogni potenza coinvolta si prepara a giocare la propria partita. Non si tratta più di vincere, ma di non perdere terreno. Questo, forse, Assad l’aveva capito troppo tardi.
I nuovi attori e il vuoto di potere
Con la caduta di Assad, il vuoto di potere rischia di diventare il vero protagonista della scena. Le forze che fino ad oggi si sono fronteggiate sul campo – ribelli siriani, curdi, jihadisti – non tarderanno a riempire quello spazio, ma sarà il ruolo delle grandi potenze a determinare il nuovo equilibrio.
Vladimir Putin, che per anni ha puntellato il regime con bombardamenti e supporto diplomatico, dovrà ora affrontare un dilemma: consolidare la presenza russa nella regione o ritirarsi con dignità? Di contro, gli Stati Uniti, con Joe Biden al timone, cercano una strategia che eviti il ripetersi di errori già visti in Iraq e Afghanistan. In tutto questo, Recep Tayyip Erdoğan, presidente turco, vede nella confusione una finestra per rafforzare la sua posizione contro i curdi, spina nel fianco di Ankara.
Iran e Israele: il nodo esplosivo
Tra i più interessati agli sviluppi in Siria ci sono sicuramente l’Iran e Israele. Teheran, fedele alleato di Assad, rischia di perdere un tassello fondamentale del suo corridoio strategico verso il Mediterraneo. Ebrahim Raisi, il presidente iraniano, non starà certo a guardare, e potrebbe scegliere di intensificare il sostegno ai gruppi armati presenti sul territorio.
Dall’altro lato, Tel Aviv osserva con preoccupazione. Israele sa che una Siria instabile potrebbe trasformarsi in una piattaforma per attacchi da parte di Hezbollah o di altri gruppi filo-iraniani. Ma, paradossalmente, l’assenza di Assad potrebbe anche rappresentare un’opportunità per ridurre l’influenza di Teheran. La diplomazia israeliana, mai così attenta, si muove sul filo del rasoio.
Il ruolo dell’Europa: spettatrice o protagonista?
E l’Europa? Come troppo spesso accade, il Vecchio Continente si trova a commentare gli eventi più che a influenzarli. Bruxelles, divisa tra una diplomazia troppo timida e interessi divergenti tra i vari Stati membri, rischia di perdere l’ennesima occasione per contare in un teatro cruciale.
La crisi siriana, però, non resterà confinata ai confini mediorientali: flussi migratori, terrorismo e instabilità energetica sono minacce che coinvolgono direttamente l’Europa. Ma se c’è una lezione che ci insegna la Storia, è che il Medio Oriente non perdona i ritardi né l’indecisione.
La Siria del domani: una scommessa aperta
Guardando al futuro, la Siria del post-Assad è un’incognita gravida di rischi ma anche di possibilità. La speranza di una ricostruzione democratica, spesso evocata ma raramente realizzata in questa parte di mondo, sembra lontana. Più plausibile è uno scenario di frammentazione, dove nuovi e vecchi signori della guerra si contenderanno il potere.
Ma se c’è un punto fermo, è che in Medio Oriente nulla è mai definitivo. La caduta di Assad potrebbe segnare la fine di un’epoca, ma anche l’inizio di una nuova fase di conflitti e ridefinizioni. Come scriveva il grande cronista della realtà mediorientale, Bernard Lewis, “In Oriente, la sabbia è mobile, e così lo sono gli equilibri”.
La Siria è oggi un banco di prova per chiunque ambisca a giocare nella grande scacchiera globale. Ma che sia chiaro: ogni mossa avrà il suo prezzo, e non saranno solo i siriani a pagarlo.
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