Bologna
Pagare di più, governare meglio: la (vera) ricetta per salvare sanità e Appennino
Michele De Pascale denuncia stipendi troppo bassi per infermieri e operatori sanitari. Senza investimenti reali nei territori montani, la sanità pubblica e l’Appennino rischiano il collasso.

Michele De Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna, ha avuto l’onestà – merce rara in politica – di dire quello che molti pensano ma pochi ammettono: gli infermieri se ne vanno perché li paghiamo una miseria. E finché lo stipendio rimarrà da fame, inutile rincorrere medici e operatori sanitari nei quattro angoli del pianeta. “Impossibile trovarli se li paghiamo così”, ha sentenziato il governatore a margine di Cosmofarma, come chi, finalmente, decide di alzare il tappeto per mostrare la polvere che da anni ci nascondiamo sotto.
Perché la verità, detta senza giri di parole, è che la sanità pubblica è al collasso non per carenza di vocazioni, ma per sovrabbondanza di ipocrisia. Si parla di missione, spirito di servizio, etica professionale. Ma poi, alla fine del mese, un infermiere tira una riga sul conto e scopre che un cameriere in centro a Bologna, con le mance, porta a casa più di lui.
Un’utopia chiamata Appennino
Lo stesso De Pascale ha poi preso la via dell’Appennino, Marzabotto, per l’esattezza. E là ha sfoderato una seconda parte della sua visione: investire nei servizi montani, rilanciare scuola, sanità, formazione e infrastrutture. Il tutto in un territorio dove il 15% delle imprese bolognesi prova a resistere al gelo demografico e all’esodo giovanile.
Parole giuste, giustissime. Ma vengono da lontano – non geograficamente, ma politicamente. Perché, se è vero che l’Appennino ha aumentato la popolazione di oltre mille unità, è anche vero che lo Stato si è ritirato da decenni, lasciando il presidio sanitario a qualche medico di buona volontà e la scuola a insegnanti pendolari con la valigia sempre pronta.
Lepore e la retorica del milione
C’è anche Matteo Lepore, sindaco metropolitano, che porta i numeri: 82 milioni di euro investiti su turismo, artigianato, Cartiera di Marzabotto e area del Brasimone. Bene. Ma la domanda, oggi, non è quanto si spende. È come si spende. Perché l’Appennino non ha bisogno di convegni, ma di persone. E le persone non si attirano con i bandi, ma con una promessa mantenuta di vita dignitosa: asili funzionanti, medici presenti, strade percorribili, connessione veloce, lavoro vero.
Il nodo della retribuzione
Torniamo allora al punto di partenza. Pagare di più. È una frase semplice, banale persino. Ma, in un’Italia dove il PIL si misura più in convegni che in stipendi, suona come una bestemmia nei salotti buoni. Eppure è tutto lì. Senza soldi non c’è dignità, senza dignità non c’è vocazione, senza vocazione non c’è sanità, e senza sanità, l’Appennino diventa una cartolina sbiadita.
De Pascale ha avuto il coraggio di dire ciò che è ovvio. Ora lo si giudicherà per ciò che farà. Perché, come scriveva Montanelli: “Le parole pesano poco. Ma le omissioni fanno danni enormi.”
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