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Cara maestra Maraga, quel che è tuo non è nostro

Maestra d’asilo cattolico licenziata per contenuti su OnlyFans: il commento pungente di un cattolico tra morale, coerenza e il confine tra libertà personale e educazione.

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Di questi tempi non ci si scandalizza più nemmeno di ciò che, una volta, faceva arrossire anche i sassi. Ma quando una maestra d’asilo cattolico si stupisce di essere stata licenziata perché si spoglia davanti a una telecamera, allora vuol dire che il mondo ha perso l’orientamento. E pure la bussola.

La morale a gettone

C’è una parola che andrebbe rispolverata in questo caso: coerenza. Non quella da catechismo per bambini, ma quella vera, adulta, fatta di princìpi. Una scuola cattolica – checché ne pensi la maestra Maraga, paladina della libera espressione corporea – ha un dovere morale e identitario. E questo dovere non contempla, tra i suoi fondamenti, il mettere a nudo l’anima… e il corpo, per denaro.

Perché educare, cara maestra, non è solo insegnare l’alfabeto, ma anche trasmettere valori. È un mestiere che non si fa con le mani, ma con l’esempio. Soprattutto quando si lavora con bimbi di due anni, cioè nel momento in cui l’anima è ancora morbida come la cera e pronta a prendere la forma del primo dito che la modella.

Il diritto di spogliarsi… e quello di licenziare

La libertà è sacra. Ma non è un passe-partout. Si può liberamente aprire un profilo su OnlyFans – e perfino vantarsene in radio – ma allora si accetti anche che una scuola cattolica non voglia che una maestra esibizionista rappresenti il proprio istituto. E non per bigottismo, ma per una questione di identità.

È curioso, però, come la maestra in questione, nel denunciare il suo stipendio di 1200 euro, pretenda comprensione da un mondo che ha scelto di servire Dio, non il marketing erotico.

“La scuola non ha voluto dialogare”

Dialogo? Ma con chi, di grazia? Con una dipendente che, mentre insegna “Gesù ti ama” ai bambini, la sera pubblica foto su OnlyFans? Il dialogo richiede un linguaggio comune. E qui i vocabolari sono incompatibili.

Non è stata la scuola a tradire i suoi ideali. Lo ha fatto chi ha pensato di poter stare con un piede nel battistero e l’altro sulla piattaforma per adulti. Non è un reato, ma nemmeno un diritto acquisito. E se l’etica del lavoro diventa flessibile come il calendario delle offerte speciali online, allora è giusto che un’istituzione seria dica “grazie, ma no grazie”.

Il punto non è OnlyFans

Il punto è la cecità di chi non comprende la portata delle proprie azioni. Una cecità che non è provocata da una luce troppo forte, ma da una coscienza troppo opaca. E così, in un’epoca dove tutto è relativo tranne l’IBAN, non ci si accorge che il problema non è guadagnare con il corpo, ma pretendere che questo sia compatibile con l’educazione cristiana.

Nel Catechismo si legge che “il corpo umano partecipa alla dignità dell’immagine di Dio” (CCC 364). E allora, cara maestra, mi si spieghi: in quale passo si suggerisce che questa immagine vada esposta a pagamento sulla vetrina digitale del desiderio? No, non basta dire “è solo il mio corpo” come se si trattasse di un oggetto qualsiasi da mercanteggiare. Il corpo, nella visione cristiana, è tempio dello Spirito Santo, non merce da scaffale per utenti in cerca d’evasione notturna.

Il Catechismo ci ricorda ancora che “ogni attività umana deve conformarsi alla legge morale” (CCC 2426), e che il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma una vocazione al servizio degli altri. In questo senso, l’insegnamento – soprattutto in ambito educativo cristiano – è molto più di un contratto da 1200 euro mensili. È una missione. E chi accetta tale compito, lo fa con la consapevolezza che le scelte personali non sono mai davvero private, specie quando cozzano con i valori che si pretende di trasmettere durante l’orario scolastico.

Non serve essere santi per capire certe cose. Basta avere un po’ di buon senso.

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