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Dossieraggio contro politici e manager: la denuncia di Guido Crosetto

Inquietante inchiesta a Perugia sulla rete criminale dietro accessi abusivi alle banche dati, coinvolgendo un tenente della Guardia di Finanza. Crosetto tra le vittime dei dossier velenosi.

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Guido Crosetto
Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto (© Fotogramma)

Un’indagine della Procura di Perugia ha portato alla luce un’inquietante rete criminale che ha operato per almeno due anni, sfruttando accessi abusivi alle banche dati della Banca d’Italia e dell’Agenzia delle Entrate. Un tenente della Guardia di Finanza, in servizio presso la Direzione Nazionale Antimafia, è stato individuato come il responsabile principale di questa macchina dei veleni, che ha accumulato e distribuito documenti riservati per scopi mirati, tra cui scoop giornalistici e pressioni su avversari e concorrenti. Tuttavia, l’inchiesta ha rivelato una vasta rete di complici, anche di rilievo, che hanno beneficiato dei dossier accumulati dal tenente.

La denuncia di Guido Crosetto

L’indagine è venuta alla luce grazie alle rivelazioni di alcuni quotidiani e alla denuncia del Ministro della Difesa, Guido Crosetto. Quest’ultimo ha visto pubblicate sul quotidiano Domani una serie di “Segnalazioni di operazioni sospette” (Sos) elaborate da Bankitalia che lo riguardavano. La procura di Roma ha inizialmente concentrato le sue indagini sul maresciallo che aveva acquisito, senza motivo ufficiale, le Sos relative a Crosetto e a centinaia di altre personalità. Successivamente, l’attenzione si è spostata sul tenente della Guardia di Finanza, ampliando notevolmente l’indagine e collegandola alle investigazioni su Silvio Berlusconi.

La connessione con il procuratore capo di Bari

Il tenente coinvolto è sotto la diretta autorità del magistrato Antonio Laudati, procuratore capo a Bari, noto per le indagini legate alle dichiarazioni della escort Patrizia D’Adda. Laudati aveva definito la D’Addario, durante una conversazione con dei giornalisti, una ricattatrice coinvolta in un complotto contro Berlusconi. Inoltre, aveva allontanato dall’inchiesta alcuni uomini della Guardia di Finanza sospettati di rivelare notizie riservate ai giornali ostili al Cavaliere. Successivamente, Laudati fu incriminato ma poi assolto, e su sua richiesta fu trasferito alla procura nazionale antimafia, incaricato di coordinare le indagini sulle Sos provenienti da Bankitalia. Qui si incrocia con il giovane ufficiale specializzato negli accessi abusivi, il quale afferma, durante l’interrogatorio, di aver agito su ordine di Laudati.

Le sospensioni e il trasferimento dell’inchiesta a Perugia

Poiché Laudati prestava servizio a Roma, la procura della capitale sospende l’inchiesta e trasmette tutti i documenti a Perugia, come previsto dal codice. Sebbene Laudati non venga formalmente iscritto nel registro degli indagati a Roma, è chiaro che è lui il principale indiziato. Ma ci si chiede se Laudati sia un capro espiatorio, pagando per presunti legami con il “berlusconismo”, oppure se sia effettivamente coinvolto nel mercato di scoop e nella fabbrica di dossier alimentati da documenti riservati provenienti dalle banche dati.

Crosetto e la scoperta della macchina dei dossier velenosi

Una cosa è certa: la macchina dei dossier esiste ed è stata esposta dalla denuncia di Crosetto. Oltre alle Sos, sono stati utilizzati documenti altrettanto riservati provenienti dalle strutture fiscali, copiati e passati alla stampa per colpire avversari politici. Gli scoop giornalistici rappresentano solo la punta dell’iceberg; altre carte illegalmente sottratte alle banche dati riservate sono state utilizzate in altri modi. Questa macchina del dossier ha avvelenato la vita politica nazionale per decenni, come testimonia anche il Ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che ha subito violazioni della sua mail durante la presidenza del Copasir, il comitato di vigilanza sui servizi segreti. Il Copasir ha già avviato un’indagine per capire cosa sia realmente accaduto.

Nuove accuse e ipotesi di corruzione

A Perugia, le date delle interrogazioni alle banche dati sono state incrociate con quelle degli articoli giornalistici, fornendo ulteriori prove dell’operato della rete criminale. Il procuratore Cantone ha aggiunto nuove accuse, tra cui l’ipotesi di corruzione. La portata dell’indagine è in continua espansione, coinvolgendo personalità di spicco e lasciando il paese inorridito di fronte a questa reticenza malavitosa nel cuore di alcune istituzioni.

Conclusioni

L’inchiesta in corso a Perugia ha rivelato un quadro inquietante e allarmante: una rete criminale che ha sfruttato accessi abusivi alle banche dati per accumulare e distribuire documenti velenosi, avvelenando la vita politica e alimentando la macchina dei dossier. Il coinvolgimento di un tenente della Guardia di Finanza e la connessione con il procuratore capo di Bari hanno sollevato dubbi sulle complicità a tutti i livelli. La lotta contro la corruzione e il degrado della fiducia pubblica sono questioni fondamentali che richiedono un’azione risoluta da parte delle autorità competenti per assicurare alla giustizia tutti i responsabili di questa macchinazione.

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