Opinioni
Capacchione: «Macché lobby, noi balneari siamo famiglie di lavoratori autonomi»
Il presidente di Sib, Antonio Capacchione, fa sentire al DiariodelWeb.it la voce dei balneari italiani nel delicato dibattito sulle concessioni delle spiagge
Si è riaccesa, o forse dovremmo dire che non si era mai davvero spenta, la polemica politica sui balneari. La scintilla che ha acceso la miccia è stata l’approvazione dell’ultima legge Milleproroghe, all’interno della quale è contenuto anche il prolungamento per un anno delle concessioni agli stabilimenti.
Una questione delicatissima, a rinfocolare la quale ci hanno pensato le discussioni in aula sull’emendamento (poi bocciato) del M5s, i presunti dubbi del Quirinale, la sentenza del Consiglio di Stato che ha ritenuto inapplicabile la proroga, nonché la procedura d’infrazione aperta dalla Commissione europea, che da anni chiede la messa a gara.
Naturalmente, in quest’aspra discussione anche i diretti interessati non hanno mancato di far sentire la propria voce: il Sindacato italiano balneari e la Fipe Confcommercio, infatti, sono intervenuti presentando gli esiti di un’indagine condotta da Nomisma nel corso di un convegno al Senato, in sala Zuccari, alla presenza del ministro Raffaele Fitto e dei vicepresidenti di palazzo Madama, Maurizio Gasparri e Gian Marco Centinaio. Il DiariodelWeb.it ha ascoltato sul tema il presidente di Sib, Antonio Capacchione.
Presidente Antonio Capacchione, cosa emerge dallo studio che avete presentato nei giorni scorsi?
Sono dati obiettivi e ufficiali, del ministero delle Infrastrutture, che risalgono a qualche settimana fa, elaborati da Nomisma e dal centro studi Fipe. Dai quali si evince che il 72% delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo, in cui rientrano anche gli stabilimenti balneari, sono inferiori a 3 mila metri quadrati, e gestite direttamente dai titolari, con le loro famiglie.
Questo significa che non stiamo parlando di speculatori, ma di aziende familiari?
Significa che la concessione è semplicemente un’occasione di lavoro, non un investimento di capitale. Quindi la perdita della concessione porterebbe alla perdita del lavoro e del sostentamento. Oltretutto l’altro dato interessante è che queste famiglie, anche nella situazione d’incertezza della pandemia, hanno investito per migliorare le loro aziende, perché il settore è altamente competitivo.
Alla faccia di chi vi accusa di voler tutelare solo le rendite di posizione.
La competizione c’è eccome, ed è agguerrita. Tra un’azienda e l’altra della stessa località, ma anche e soprattutto tra destinazioni turistiche. Il settore non è chiuso, ma è aperto alla concorrenza e investe.
Che cosa pensate dell’atteggiamento dimostrato finora verso di voi dal governo Meloni?
Giorgia Meloni ha dichiarato due settimane fa in Algeria che, dopo dodici anni di discussioni, intende finalmente risolvere la questione a livello strutturale. E questa è una dichiarazione positiva, che condividiamo.
Siete soddisfatti anche della proroga che vi è stata concessa?
Si tratta solo della presa d’atto che è impossibile che i Comuni italiani bandiscano migliaia di gare entro fine anno. Non prendiamoci in giro. Questa mini-proroga serve proprio a darsi il tempo di trovare una soluzione definitiva a quest’annosa questione. Dunque la riteniamo utile solo ed esclusivamente a questo fine. Altrimenti, se il governo non mantenesse l’impegno che si è assunto, sarebbe solo un palliativo, una perdita di tempo.
Dunque la vostra speranza è che la soluzione si trovi in fretta.
Abbiamo chiesto al governo che venga adottata quanto prima, non oltre la prossima stagione estiva. Questo mondo ha bisogno di certezze.
Il timore, però, è che se la procedura d’infrazione aperta a Bruxelles andasse avanti, poi la multa la pagheremmo noi cittadini.
Ci sono 83 procedure d’infrazione già pendenti, alcune delle quali risalgono a quindici anni fa. Il confronto tra Stati e Commissione europea, per l’adeguamento delle normative, è fisiologico. Ma come si è trovata una soluzione in passato, su altre materie, la si troverà anche stavolta. Non si arriverà davanti alla Corte di giustizia europea, questo è certo. Chi agita questo spauracchio lo fa perché non vuole davvero risolvere la questione. E poi c’è un’altra falsità che continua a essere diffusa.
Quale?
Il collegamento tra la questione dei balneari e il Pnrr. Il 23 gennaio il rappresentante della Commissione europea ha chiarito quanto doveva essere noto a tutti: cioè che questo tema non rientra tra gli impegni del Piano. Non lo dicono i politici italiani, lo dice Bruxelles. Eppure si continua a fare confusione, non so se in buona fede o in malafede…
Cosa rispondete a chi afferma che le concessioni vanno messe a gara perché non è possibile che si continuino a trasmettere per diritto ereditario?
Che questo settore merita di essere protetto e tutelato perché è un modello unico al mondo: non esiste da nessun’altra parte la balneazione attrezzata con la quantità e la qualità dell’Italia. E, senza una legge che garantiva la continuità dell’impresa, non ci sarebbe mai stata. Fino a quindici-venti anni fa le concessioni erano stagionali: nessuno avrebbe scelto di mettere su un’azienda se, dopo un anno, il frutto del suo lavoro sarebbe andato a un altro.
Poi cosa è successo?
Che lo Stato italiano ha fatto una scelta. Ha detto: io faccio un bando a cui chiunque può partecipare, ti do questo pezzetto di terra abbandonato che nessuno vuole e la possibilità di stabilirci un’impresa. Se ti comporti bene, mi paghi quanto ti ho chiesto e realizzi opere in linea con la pianificazione urbanistica e con i vincoli ambientali e paesaggistici, io non ho motivo di togliertela. Anche perché tu, nel frattempo, hai accudito la tua clientela.
La continuità dei titolari degli stabilimenti, insomma, va anche a beneficio dei clienti?
Certo. Lo studio di Nomisma dimostra che la maggior parte della clientela è estremamente fidelizzata: continua ad andare nello stesso stabilimento balneare perché c’è quel titolare che l’ha coccolato. Perché dovremmo farne subentrare un altro che non sa neanche dove sta la presa di corrente o quali bagnanti vogliono stare vicini d’ombrellone perché sono amici? Non sarebbe giusto.
L’Espresso titola: «La potente lobby dei balneari vince sempre». Vi sentite una «potente lobby»?
Gli italiani ci conoscono bene: siamo famiglie di lavoratori autonomi, che si alzano prima dell’alba e vanno a dormire dopo il tramonto. Negli stabilimenti lavorano la mamma, il papà, il figlio che fa il bagnino, la figlia che sta alla cassa e magari la nonna in cucina. Sostenere che i lavoratori autonomi italiani siano una potente lobby significa non conoscere la realtà. O cercare di falsificarla con una narrazione completamente diversa, forse per motivi politici. Meriteremmo di essere rispettati, non infangati.
Anche perché c’è il rischio che, se le concessioni venissero tolte ai lavoratori italiani, poi potrebbero cadere preda delle grandi multinazionali estere del turismo.
Sorge il sospetto che la criminalizzazione di questo settore si sta portando avanti perché ci sono, queste sì, grandi lobby italiane o anche estere, interessate a fare un investimento di capitale. Invece la scelta del nostro Paese è stata quella di privilegiare il lavoro. Se qualche finanziaria pensa di fare business sulle spiagge italiane, troverà le facce dei bagnini che glielo impediranno. Come stiamo cercando di fare.
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Angelo Marchi
27 Febbraio 2023 at 14:49
come mai l’intervistatore non domanda quanto pagano di tasse sul fatturato per affitti ombrelloni/tende/cabine? come mai l’intervistatore non domanda a quanto ammonta la irrisoria/ridicola tassa annuale sul demanio pubblico per gli stabilimenti balneari? come mai tanti importanti imprenditori hanno investito sugli stabilimenti balneari negli ultimi trenta anni vendendo le loro aziende? non sarà mica perché l’aliquota sul fatturato non esiste ed esiste solo quella annuale irrisoria/ridicola per concessionaria demanio pubblico? esigere risposta con dati reali alla mano. entrare dentro l’argomento,per fare vera chiarezza.
Conte
28 Febbraio 2023 at 8:20
La questione e’ semplice: McDonaldizzare o no le spiagge italiane? risposta difficile, perche io che il modello lo conosco bene sarei contrario, ma se rimangono alle famgliglie devono pagare piu tasse. Punto.