Opinioni
Francesco Costa: «Come informarsi bene nell’epoca delle fake news sui giornali»
Al DiariodelWeb.it il giornalista Francesco Costa, che questo weekend a Sarzana parlerà di informazione, in un intervento nel cartellone del Festival della mente
Si apre domani, venerdì 1° settembre, a Sarzana, in provincia di La Spezia, la ventesima edizione del Festival della mente, il primo in Europa dedicato alla creatività e alla nascita delle idee. Tra gli scrittori, artisti, storici, filosofi e scienziati che rifletteranno nelle piazze e nei teatri sul tema di quest’anno, la meraviglia, c’è anche Francesco Costa, una delle giovani firme più conosciute del giornalismo italiano. Nel suo intervento, «Informarsi meravigliosamente», in programma domenica alle 21:15 in piazza Matteotti, cercherà di dotare i lettori italiani di una metaforica bussola per orientarsi in una giungla di notizie e di opinioni sempre più numerose, confuse e inaffidabili. E proprio di informazione il DiariodelWeb.it ha discusso con lui in questa intervista.
Francesco Costa, di cosa parlerà durante il suo intervento a Sarzana?
Il tema sarà il rapporto dei cittadini con l’informazione. Siamo la prima generazione, nella storia del genere umano, ad avere il problema dell’eccesso di informazioni, che ci disorienta e ci tramortisce.
Qual è l’effetto di questa indigestione informativa?
Molte persone sentono il bisogno di allontanarsi dalle notizie quando le trovano troppo tristi, preoccupanti, tragiche. Allo stesso tempo viviamo in un momento storico che non ci permette di ignorare quello che accade intorno a noi.
E quindi come se ne esce?
Il mio scopo, ambizioso, sarà quello di provare a dare qualche consiglio a chi vuole informarsi e non sa da dove cominciare.
Un tempo la scelta delle notizie da mettere in pagina era la funzione del giornalista. Oggi dobbiamo essere tutti giornalisti di noi stessi?
Sì, ci sono dei compiti che prima svolgevano i giornalisti e che oggi, in parte, devono fare anche i lettori: penso alla verifica delle fonti. Un po’ perché è cambiato il contesto, un po’ perché abbiamo smesso di farlo con l’attenzione di prima. Assistiamo quotidianamente alla pubblicazione di notizie imprecise e false, non sui siti spazzatura, ma sulle testate più autorevoli.
La scelta, dunque, riguarda chi merita la nostra fiducia e chi no?
Ma anche come usare il nostro tempo, quanto dedicarne all’informazione, quali riti della nostra giornata costruire intorno al desiderio di informarsi. Molte persone vorrebbero essere informate, ma dicono di non avere il tempo. Quindi si limitano ad aprire i social media durante la giornata e vedere che cosa l’algoritmo mette loro davanti: ma quello non significa informarsi.
Un tempo Hegel diceva che la lettura del giornale era la preghiera mattutina dell’uomo moderno.
Oggi può essere l’ascolto di un podcast, la partecipazione a un festival culturale o alla presentazione di un libro di saggistica. Questo è un momento di grande successo per gli incontri dal vivo, di intrattenimento come di informazione. Anche chi non fa il lavoro di giornalista, ha una famiglia e una vita complicata può trovare nuovi modi per integrare l’attività di informarsi durante la giornata. Pur senza ritagliarsi un’ora al giorno per leggere il giornale.
Come diceva, però, spesso sono i toni con cui vengono presentate le notizie a risultare respingenti per i lettori. Non è che ci siamo fatti tutti prendere un po’ troppo dal tic lessicale dell’«emergenza» e della «crisi»?
Un buon modo per distinguere il vero dal falso è anche conoscere il motivo per cui una notizia arriva sui giornali in un certo modo, o per cui un titolo viene scritto in un certo modo. Il nostro settore, purtroppo, vive una spaventosa crisi industriale e professionale e questo provoca conseguenze in termini di ricerca dell’attenzione, di rapporti incestuosi con gli inserzionisti, di utilizzo del linguaggio, di approcci adottati per parlare della cronaca nera o delle minacce vere o presunte.
Il rischio è anche che, se tutto viene presentato come un’emergenza, alla fine nulla più è un’emergenza.
Come nella vecchia favola di «al lupo, al lupo». Conoscere questi fenomeni non serve ad allontanarsi dalla stampa, ma anzi ad avvicinarsene in modo più consapevole, mantenendo un approccio critico, che ci faccia prendere il meglio di quello che c’è.
A proposito, non trova che lo spazio per l’approccio critico negli ultimi anni di pandemia e di guerra si sia drasticamente ridotto? Che chiunque cercava di sollevare qualche dubbio rispetto alla versione ufficiale venisse automaticamente zittito, o addirittura accusato di essere una specie di complottista con lo scolapasta in testa?
A me sembra che nei mesi della pandemia il dibattito attorno alle misure restrittive, al green pass, agli strumenti adottati dai governi in Italia e all’estero sia stato piuttosto vivace sui giornali. Non c’è stato un grande dibattito sui vaccini, ma dell’organizzazione delle campagne si è discusso. Senza contare la televisione, dove le posizioni di dissenso hanno ricevuto molto spazio. Semmai il problema è un altro.
Quale?
Che i giornali hanno perso fino all’80% delle copie vendute negli ultimi vent’anni e l’online non ha visto riversarsi la pubblicità persa dalla carta stampata, se non per i cosiddetti over-the-top, cioè i giganti come Facebook e Google. La soglia dell’attenzione è sempre più bassa, i social media ormai dominano il campo della produzione di contenuti digitali. Nella categoria c’è una sorta di disperazione che non porta a produrre prodotti lungimiranti, costruiti con attenzione, che suscitino un dibattito istruttivo. Molto spesso si va con il pilota automatico, si prendono poche iniziative e male.
Cambiamo argomento e parliamo della sua specialità, gli Stati Uniti. In un mondo sempre più multipolare, possiamo ancora definirli la prima potenza?
Più che mai. L’economia americana è in uno stato di salute spettacolare. Il Pil quest’anno crescerà probabilmente del 5%, un dato incredibile per un Paese già così grande e ricco. C’è la piena occupazione: il tasso di disoccupati è del 3%. I salari stanno crescendo molto: l’ultima notizia è il rinnovo del contratto dei dipendenti della grande società di spedizioni Ups, che guadagneranno tutti oltre 100 mila dollari l’anno, compresi gli autisti dei furgoni.
E la Cina?
Non passa un giorno senza che leggiamo notizie preoccupanti: l’economia sta crescendo molto meno di quanto si pensasse, il tasso di disoccupazione è altissimo, non si consuma, il mercato immobiliare che ne aveva trainato lo sviluppo si è rivelato almeno in parte una bolla.
Eppure la politica americana non pare vivace quanto la sua economia: andiamo verso una replica della stessa campagna elettorale di Biden contro Trump.
Il livello di conflittualità si è ridotto solo rispetto agli anni di Trump, che hanno rappresentato un’anomalia, ma c’è ancora troppa radicalità. Ci si aspetta un’altra campagna elettorale che sarà probabilmente una nuova lotta nel fango.
Ha ragione chi sostiene che Trump potrebbe rivincere anche da imputato?
Dipenderà molto da alcune variabili imprevedibili: cosa accadrà all’inflazione nel corso del prossimo anno, cosa penseranno gli americani del coinvolgimento nella guerra in Ucraina, lo stesso stato di salute di Biden, che è giustamente visto come molto anziano. Ma se dovesse valere la regola secondo cui quando l’economia va bene il presidente rivince, che si è rivelata spesso vera negli Usa… Beh, l’economia in questo momento va molto bene.
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Carlo Capanna
31 Agosto 2023 at 8:20
Ma questo dove vive sul satellite di Jeff Bezos? L’economia americana va bene? Il 5% di PIL ma stai bene con il cervello o hai preso il sole sulla zucca ?
Sauro
31 Agosto 2023 at 10:29
Come ebbe a dire un noto commentatore Usa:”Oggi i giornalisti sono di due tipi.I disoccupati e i leccapiedi.
Emilio Biagini
31 Agosto 2023 at 10:55
E le folle di senzatetto che dormono per la strada in tutte le “magnifiche” merdopoli amerikanze?