Opinioni
Gabriele Guzzi: «Cara Meloni, gli italiani chiedono più coraggio sul taglio delle accise»
L’economista Gabriele Guzzi commenta al DiariodelWeb.it le ragioni degli aumenti del costo della benzina e dello scontro tra il governo e i distributori
Il primo importante fronte di dissenso che si è aperto per il governo Meloni riguarda la benzina. Il mancato rinnovo del taglio delle accise e le misure sui prezzi introdotte dal Consiglio dei ministri hanno provocato polemiche e uno sciopero dei distributori, poi interrotto mercoledì sera con un giorno d’anticipo a seguito di un incontro tra l’esecutivo e i rappresentanti dei sindacati. Per cercare di fare un po’ di chiarezza sul tema, il DiariodelWeb.it ha interpellato l’economista Gabriele Guzzi.
Gabriele Guzzi, è d’accordo con le rivendicazioni dei benzinai?
Prima di tutto direi una cosa. Mi sembra che stiamo dibattendo su una questione superficiale.
In che senso?
Il governo ha voluto introdurre una misura di trasparenza, discutibile o meno, e i proprietari dei distributori hanno indetto una serrata. Hanno scelto di alzare la posta e chiedere un tavolo negoziale anche per altri problemi che quel settore sta attraversando da anni. Andrebbe comunque riformato e rivisto in molti aspetti.
Ad esempio?
Ad esempio la proliferazione di distributori non sempre molto trasparenti. Ma si tratta di fenomeni minoritari. Questo è il conflitto di superficie, ripeto, che sta nell’addossarsi vicendevolmente le colpe. Però c’è anche un altro problema, più strutturale.
Quale?
Il rialzo dei prezzi dell’energia, causato in parte dall’escalation militare, che sia la Russia sia l’Occidente stanno contribuendo ad alimentare. Questo è il vero motivo, rispetto al quale ho l’impressione che l’Europa non sappia bene cosa fare. E se lo sa, mi preoccupa ancora di più, perché non capisco quale sia l’obiettivo. Se non un conflitto sempre più sanguinario e duraturo, che implicherà sia la distruzione dell’Ucraina che la crisi economica europea.
Insomma, quando il governo introduce le misure di trasparenza, sta intervenendo su una questione marginale?
Direi di sì. In Italia abbiamo uno dei prezzi più alti del Continente, dopo i Paesi scandinavi, ma con un reddito medio che è la metà della Scandinavia. Quindi, relativamente al Pil pro capite medio, il costo della nostra benzina è il più alto in Europa e uno dei più alti al mondo.
Non solo per la speculazione dei distributori.
I problemi che hanno provocato l’aumento del costo della benzina sono due. Primo, il fatto che hanno tolto lo sconto sulle accise. Si è caricato il prezzo di un litro di benzina con una serie di accise vergognose, che risalgono anche agli anni ’30, tra la guerra in Etiopia, la crisi del canale di Suez e l’alluvione di Firenze, che gravano su questo bene di prima necessità.
E il secondo problema?
Che, insieme all’Europa, abbiamo deciso l’embargo dei prodotti petroliferi russi dal 5 dicembre scorso e quello dei prodotti derivati, tra cui anche il diesel, dal 5 febbraio prossimo. E gli agenti stanno già caricando questa minore offerta sul prezzo attuale. Non dimentichiamoci che, degli 80 milioni di tonnellate di gasolio consumate in Europa, il 30% sono russe.
Come possiamo sostituirle?
L’Europa, nel suo insieme, non è un continente che ha tantissima energia, in particolare da fonti fossili. Alcune nazioni le hanno, come la Norvegia, ma ne sono molto gelose. I Paesi manifatturieri sono economie di trasformazione, che hanno bisogno di un’altra parte del mondo che fornisca loro energia.
Finora quella parte del mondo è stata la Russia.
La Merkel, secondo me a ragione, aveva cercato un’autonomia del suo Paese, e di conseguenza anche dell’Italia e del resto della Ue. Questo progetto decennale tedesco è stato distrutto in due giorni, con degli atti di sabotaggio del Northstream. Non si sa da chi, anche se ho dei sospetti fondati. Così la Germania si è ritrovata senza approvvigionamento energetico.
E l’Italia?
Da anni si parla del famoso Southstream, ma siamo in ritardo. Tutto ciò che questo governo sta facendo per rafforzare i rapporti con il Nordafrica è benvenuto. Ma non so quanto l’Algeria sia più stabile politicamente rispetto alla Russia. Infatti l’Eni sta conducendo una politica lungimirante di diversificazione su altri territori.
Di certo la guerra in Ucraina ha cambiato le carte in tavola.
Come dicono gli inglesi, è un «game changer». L’Europa si era costruita sul gas a basso costo della Russia e sulla deflazione salariale dovuta anche alle regole europee e all’euro. Oggi ci ritroviamo senza un ingrediente fondamentale e quindi il modello economico e sociale è in crisi.
Tornando sul mancato rinnovo del taglio delle accise, l’obiezione che solleva la Meloni è che sarebbe costato troppo.
Il problema è che questa manovra di bilancio è all’interno delle regole d’austerità europee. Nella programmazione triennale abbiamo scritto che raggiungeremo l’avanzo primario, prima nazione d’Europa tra le più importanti, nel 2024.
Siamo tornati a fare austerità?
Sì, di nuovo, in un momento in cui a mio avviso non andrebbe fatta. In termini di politica economica credo che gli italiani si aspetterebbero di più dalla Meloni. Sia Draghi che Conte erano stati più coraggiosi. Credo che, con uno scostamento di bilancio di dieci-dodici miliardi per ridurre le accise, non sarebbe successo niente.
E perché la Meloni ha voluto attenersi così strettamente alle regole europee?
Per accreditarsi, chiaramente. Magari avrà ragione lei e nei prossimi anni otterremo grandi cose dall’Europa. Ma, studiando questi vent’anni di euro, la mia impressione è che quando l’Italia ha fatto questi ragionamenti, non hanno portato a nulla di buono. Abbiamo fatto i bravi oggi, ma senza ottenere il premio domani.
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Paola
26 Gennaio 2023 at 15:02
Bravo Gabriele Guzzi, sempre preciso e profondo nelle sue analisi!
Niko
27 Gennaio 2023 at 8:36
Tutto ciò che diceva quando all opposizione, una volta eletta ha capito che non era fattibile. Il nostro è un paese dove i politici sono burattini manovrati da altri. Forse un giorno ci sarà qualcuno che riprenderà l Italia in mano, ma per ora le sorti si decidono a Washington.