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Opinioni

Paolo Madron: «Nomine Rai e inchieste sulla famiglia Meloni? Non vedo scandali»

Al DiariodelWeb.it il giornalista Paolo Madron, che nel suo ultimo libro firmato con Luigi Bisignani traccia la mappa del potere del governo Meloni

Fabrizio Corgnati

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Paolo Madron (© Fotogramma)

A otto anni da «I potenti al tempo di Renzi» ecco «I potenti al tempo di Giorgia», uscito nei giorni scorsi per Chiarelettere: il nuovo libro dei giornalisti Luigi Bisignani e Paolo Madron, impareggiabili conoscitori, indagatori e raccontatori dell’universo che si agita nei palazzi della politica, dei retroscena della classe dirigente, dei patti più o meno confessabili per la spartizione delle poltrone. Cosa sta succedendo realmente in questi primi mesi di governo di Fratelli d’Italia, per molti versi una novità assoluta nella storia del nostro Paese? Madron lo anticipa in quest’intervista ai microfoni del DiariodelWeb.it.

Paolo Madron, come è cambiata la geografia del potere italiano da quando al governo c’è Giorgia Meloni?
Allo stesso modo di quando, nel 1999, a palazzo Chigi andò un presidente del Consiglio di origine comunista, Massimo D’Alema. È la prima volta per una donna, ma è anche la prima volta per un partito come Fratelli d’Italia: recentissimo, sempre stato all’opposizione ed erede della tradizione dell’Msi, quantomeno nel curriculum di molti dei suoi esponenti. Questo comporta un cambio evidente, che all’inizio è stato prudente e ora pare si muova con più decisione.

Perché proprio la Meloni è riuscita in questa prima volta? In virtù di quali doti ha potuto scalare prima il centrodestra e poi il Paese?
Sicuramente grazie alla sua tenacia e a un certo coraggio: immaginiamo la Meloni che, da giovane attivista, frequentava le sezioni dell’allora Fronte della gioventù, in cui c’erano solo uomini. E poi grazie all’intuizione politica: ricordiamo in particolare quando nacque Fdi.

Non molti anni fa, nel 2012.
Quando Berlusconi convocò e poi rinnegò le primarie nel Pdl. A quel punto Meloni, che era stata sua ministra ed era una giovane esponente in vista del partito, decise di intraprendere una strada autonoma. Che, non tantissimi anni dopo, si è rivelata vincente. Nel 2013 Fdi contava a livello nazionale meno dell’1,9%, nel 2022 ha raggiunto una media del 30 con punte al Nord del 35-36%. Solo Berlusconi riuscì a creare un partito e a imporlo in minor tempo, ma erano altri anni.

A proposito delle origini di Giorgia Meloni, che effetto le ha fatto leggere le inchieste uscite in questi ultimi giorni sulla sua famiglia?
Onestamente nessuno. Secondo me il «follow the money» applicato a Giorgia Meloni non porta da nessuna parte. Tant’è che si è parlato di episodi che riguardavano il passato della madre, dei suoi compagni, delle sorellastre. Siamo partiti da una quota minima di un bar comprata a 4 mila euro e venduta a 48, da qualche compravendita immobiliare: non intuisco dietro un grandioso disegno di arricchimento.

Se, scavando nell’armadio, non sono riusciti a trovare più di questo, significa che di scheletri non ce ne sono molti.
Mi sembra ci sia poco, sì.

Anche perché voi raccontate una Giorgia Meloni quasi ossessionata dall’onestà.
Sì, così ci è stata raccontata da tutti gli interlocutori che abbiamo sentito. E questo spiega anche perché sia così diffidente a incontrare persone al centro di giri d’affari o di soldi. Lei è l’unico presidente del Consiglio che non ha ancora avuto incontri con la comunità finanziaria allargata, è molto riluttante anche a incontrare i manager di Stato. Perché non vuole essere coinvolta, suo malgrado, in trame poco commendevoli.

Un altro aspetto della Meloni che sottolineate nel libro è la sua attenzione particolare per i servizi segreti. Da cosa nasce?
I servizi segreti sono un motivo di fascinazione per ogni presidente del Consiglio, una calamita potentissima soprattutto per i neofiti. Lo stesso Conte l’ha subita in maniera forte. L’unico che se ne disinteressava era Berlusconi, che si annoiava e quindi aveva ceduto l’incarico a Gianni Letta. L’idea di controllarli implica la possibilità di ricavare informazioni riservate e utili su tutti, amici e nemici. Il problema è che questo rapporto è binario: anche i servizi tendono a usare il premier di turno per far passare un dossier o condizionare la vita pubblica. L’interazione è molto delicata, questa materia va maneggiata con cautela.

Torniamo sui movimenti che stanno avvenendo nei palazzi. Hanno ragione i giornali a gridare allo scandalo per la lottizzazione della Rai?
Francamente, da quando ho avuto cognizione dell’esistenza della Rai, è sempre stato così: ogni governo ha fatto il suo spoils system, ogni maggioranza ha voluto i suoi direttori di Tg e di rete, promuovendo personaggi omogenei alla propria area politica. Quello che è successo a viale Mazzini non mi ha meravigliato, anzi, mi è sembrato un film già visto e rivisto. Il tema vero è se quelli che entrano sapranno sostituire l’indubbia professionalità di alcuni che escono: non è che un Fabio Fazio si trova dietro l’angolo.

Negli ultimi anni il turnover dei leader politici è stato rapidissimo. Giorgia Meloni riuscirà a sottrarsi a questo destino e a durare nel tempo?
La vita media di un governo della Repubblica è inferiore ai due anni, anche se alcuni presidenti sono stati titolari di più governi. Noi abbiamo scritto questo libro convinti che con la Meloni si possa inaugurare un ciclo più lungo della media. Lo avevamo scritto, per lo stesso motivo, anche su Renzi e ci eravamo sbagliati; stavolta vedremo. Ci sembra che i presupposti ci siano: se non succederà nulla di imponderabile la sua leadership potrà durare almeno per un’intera legislatura.

Dall’altra parte della barricata ora c’è un’altra donna, Elly Schlein, il cui esordio a livello elettorale non è stato sfolgorante. Lei può essere l’avversaria giusta?
Abbiamo dedicato un capitolo al dualismo Meloni-Schlein, che oggettivamente segna un unicum assoluto: per la prima volta nella storia repubblicana abbiamo due donne alla presidenza del Consiglio e a capo dell’opposizione. Credo che Meloni sia rimasta anche lei spiacevolmente sorpresa della gestione dei primi mesi di segreteria Schlein. Per dare il meglio ha bisogno di un’antagonista forte, quindi forse in cuor suo si augurava di avere un’opposizione solida. Così non sembra essere, ora bisognerà capire cosa succederà in vista del prossimo appuntamento delle elezioni europee. Se il Pd resterà così com’è o se la debacle totale alle amministrative darà nuova linfa alle voci di una diaspora dei riformisti.

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2 Commenti

1 Commento

  1. Avatar

    Piero

    2 Giugno 2023 at 13:21

    praticamente questa intervista è stata inutile: non dice assolutamente niente, ovvietà. non so il libro…ma dopo aver letto questa intervista viene solo voglia di non comprarlo. ma – chiedo,a chi ha voluto pubblicarla qui – cui prodest???

    • Avatar

      Enrico

      5 Giugno 2023 at 8:32

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