Politica
Mario Monti scrive, l’Italia soffre
Un’agenda elegante, ma vuota. L’Italia reale non ha bisogno di tecnocrazia, ma di risposte. Un commento pungente contro chi governa senza ascoltare.

C’è un momento nella storia in cui l’intelligenza diventa sterile, il ragionamento si fa orpello e la competenza si trasforma in alibi. È il momento in cui gli uomini di pensiero — o che così amano farsi chiamare — si rifugiano nella costruzione astratta di agende, liste della spesa per un’Italia che non sanno leggere. Parlano di giovani, di futuro, di Europa, ma non conoscono la voce di uno studente, l’angoscia di una madre, la frustrazione di un imprenditore.
L’agenda di chi?
Non occorre nominarlo. Lo si riconosce dal tono professorale, dalla compostezza accademica, dall’aria perennemente afflitta di chi crede che il mondo stia andando in rovina non perché manca il pane, ma perché manca la riforma strutturale del mercato unico. Scrive da Parigi, o da Bruxelles, come un chirurgo che redige il referto clinico di un malato che non ha mai visitato. L’Italia? Una funzione matematica con variabili impazzite.
Ma quell’agenda, così elegante nei suoi titoli («più giovani, più donne, più Europa»), è un esercizio di fuga. Una fuga dalla realtà sociale, dalla rabbia popolare, dal disagio che non si lascia catturare in un grafico o in un algoritmo.
L’ideologia del non-ideologico
Dietro la maschera del “non ideologico” si cela una delle ideologie più dure e insensibili del nostro tempo: quella che scambia il PIL con la felicità, il rigore con la giustizia, l’austerità con la moralità. Non è nemmeno cattiveria: è cecità emotiva, incapacità di ascolto. È la convinzione che l’Italia si governi come si amministra un consiglio d’amministrazione.
L’ossessione è sempre la stessa: “responsabilità”, “credibilità”, “serietà”, parole nobili diventate armi spuntate, perché sganciate da ogni contatto con la vita vera. Sono le stesse che ci hanno condotto nei vicoli ciechi della riforma Fornero, dei tagli lineari, delle tasse che si mangiano anche i sogni.
Il silenzio sulla realtà
In quella raffinata “agenda” manca un intero Paese. Non c’è il Nord che produce e si svuota. Non c’è il Sud che emigra o si arrende. Non c’è la scuola che crolla. Non ci sono i figli che non nascono e i padri che non dormono. C’è, invece, una lista di buone intenzioni, tanto neutre quanto inutili.
Come se bastasse dire “più giovani” per risolvere il disastro demografico. Come se bastasse dire “più donne” per superare un Paese ancora inchiodato al Novecento. Come se “più Europa” fosse sempre, comunque, la panacea, senza mai domandarsi che Europa, e per chi.
L’eterno ritorno del salvatore
C’è sempre un momento, in Italia, in cui un professore scrive il suo manifesto e spera che qualcuno lo chiami. Che il caos produca un appello, e l’appello un ritorno. Ma l’Italia non ha bisogno di redentori in grisaglia, di civil servant con il cuore in naftalina. Ha bisogno di passione, coraggio e conflitto, non di appelli sterili al buon senso che ormai nessuno sente.
Il Paese, oggi, non ha bisogno di agende: ha bisogno di risposte.
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Giovanni Nicolò Puggioni
13 Aprile 2025 at 21:26
Articolo MAGISTRALE. VA INCORNICIATO. COMPLIMENTI ALL’AUTORE.LO DIVULGO DA TUTTE LE PARTI.