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Formula 1

Ferrari, Bahrain e quel tunnel senza uscita (per ora)

Leclerc chiude quarto in Bahrain con una Ferrari ancora poco competitiva. Strategie corrette, ma il passo gara non c’è. Il tunnel è lungo, la luce ancora lontana.

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Lewis Hamilton e Charles Leclerc
Lewis Hamilton e Charles Leclerc (© Ferrari)

Se c’è una parola che riassume il Gran Premio del Bahrain per la Ferrari, questa è “palliativo”. L’ha detto Charles Leclerc, e non serviva il suo onesto candore per intuirlo: la strategia, per quanto curata, è stata un cerotto su una ferita che sanguina da troppo. E il Bahrain, terra di sole e sabbia, ha reso evidente quanto la Rossa sia ancora a inseguire, più di quanto non voglia ammettere.

Leclerc ha cominciato bene, scegliendo la mescola media quando tutti guardavano altrove. Una scelta coraggiosa, perfino brillante: allungare il primo stint, giocare su un secondo stint simile, ritardare il pit stop. Ma quando si insegue il tempo, le scelte intelligenti servono solo a rendere meno dolorosa la realtà: la Ferrari non è abbastanza veloce.

L’illusione del sorpasso

C’è stato un momento in cui abbiamo pensato, illudendoci, che la sfida fosse vera. Il sorpasso su Norris, fatto in curva quattro con grinta e intelligenza, ci ha ricordato che Leclerc è un pilota vero, uno di quelli che il manico ce l’ha.

Ha rimontato, ha chiuso su Russell, lo ha puntato. E lì si è fermato. Perché l’aria sporca, nemica di ogni sorpasso, ha preso il sopravvento. E con essa, il degrado delle gomme. “Avremmo potuto costringerlo a rientrare”, ha detto Leclerc. Ma è un condizionale amaro, un “se” che non cambia la sostanza. E la sostanza è che — a parità di condizioni — la SF-25 non tiene il passo.

La Safety Car: croce più che delizia

Quando la Safety Car è entrata in pista, Mercedes ha osato. Ha montato la soft e ha scommesso. La Ferrari no. Ha fatto la scelta logica: gomma dura, andare sul sicuro. E sicura lo è stata, ma anche lenta. Il risultato? Leclerc è diventato preda. Ha resistito a Norris, ma non a lungo. Con sette giri dalla fine, la McLaren lo ha passato, e con essa anche l’illusione di un podio possibile.

Eppure, Leclerc ha ammesso: “Era la scelta giusta.” Perché quella macchina, quella SF-25, non può reggere la soft fino in fondo. E se anche l’avesse fatto, non sarebbe cambiato nulla.

La diagnosi di un male profondo

Il vero nodo non è la strategia. È la macchina. È il carico aerodinamico che manca, è l’aderenza che si dissolve, è una monoposto che in qualifica regge il gioco, ma in gara si scioglie come neve al sole.

“Abbiamo fatto il massimo — ha detto il monegasco — ma il massimo non basta.” E non basta da tempo. Da troppo tempo. Il fondo nuovo? Sì, qualcosa ha dato. Ma non qui. A Sakhir, non si vedeva. A Jeddah, forse. Ma è un forse che non consola.

Un tunnel lungo, ma non infinito

Il tunnel è più lungo di quanto sperassi”, ha detto Leclerc. Una frase che sa di resa, ma anche di attesa. Perché la luce, forse, c’è. Ma non ancora. È là in fondo. E la Ferrari, oggi, sembra un vecchio reduce che sa di essere stato grande, ma deve ancora capire come tornarlo a essere.

E se anche ci riuscirà, non sarà domani.

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