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Economia & Lavoro

Caro bollette e destino economico dell’Europa: una tempesta perfetta in arrivo?

La crisi del caro bollette torna a colpire l’Europa, evidenziando fragilità energetiche e politiche. Famiglie e PMI soffrono mentre l’UE resta divisa tra transizione ecologica e soluzioni tradizionali. Servono investimenti nelle rinnovabili e una leadership visionaria.

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Costi luce e gas - Perché 6 milioni di italiani hanno paura di cambiare fornitore di luce e gas
Costi luce e gas (© Depositphotos)

Se c’è una cosa che l’Europa moderna dovrebbe aver imparato, è che i problemi energetici non si risolvono con cerotti politici, ma con visioni strategiche. Il recente allarme sul caro bollette, come riportato dal Sussidiario, non solo rievoca fantasmi recenti, ma solleva interrogativi inquietanti su come l’Unione Europea affronti le sfide strutturali della sua economia.

Le radici di un problema ricorrente

Era il 2022 quando la crisi energetica, scatenata dalla guerra in Ucraina, mise a nudo la fragilità del nostro sistema. Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, aveva promesso soluzioni rapide e strutturali. Ma cosa è cambiato davvero da allora? Poco, se non nulla. I prezzi del gas sono tornati a salire, e la dipendenza energetica dall’esterno resta drammaticamente alta.

Gli interventi d’emergenza, come i tetti al prezzo del gas e i sussidi, hanno tamponato la situazione nel breve periodo. Tuttavia, tali misure non hanno risolto la questione di fondo: l’Europa continua a essere ostaggio delle fluttuazioni del mercato globale.

Chi paga il prezzo? Famiglie e imprese

Gli effetti si ripercuotono direttamente su chi meno può permetterselo: le famiglie e le piccole e medie imprese (PMI). Un nuovo rincaro potrebbe far schizzare le bollette a livelli insostenibili, mettendo in ginocchio milioni di cittadini. Nel frattempo, Mario Draghi aveva già avvertito durante il suo mandato che senza investimenti strutturali nel settore energetico, il rischio di nuove crisi sarebbe rimasto altissimo.

Le imprese, dal canto loro, sono al collasso. Secondo l’ultimo rapporto di Confindustria, molte PMI potrebbero non sopravvivere a un altro inverno di prezzi alle stelle. Il rischio è quello di una desertificazione industriale in diverse aree del continente.

La Politica di fronte alla tempesta

E la politica? Qui emerge tutta la debolezza dell’attuale classe dirigente europea. Olaf Scholz, cancelliere tedesco, insiste sul mantenere un equilibrio tra transizione ecologica e competitività industriale. Ma come si concilia il Green Deal con una realtà che richiede immediate risposte pratiche? Al contrario, leader come Giorgia Meloni sottolineano la necessità di proteggere i cittadini dall’inflazione energetica, pur rischiando di compromettere gli impegni ambientali.

L’Europa appare spaccata tra chi vorrebbe accelerare la transizione energetica e chi, invece, si aggrappa a soluzioni tradizionali come il ritorno al carbone. Una spaccatura che mina l’unità politica necessaria per affrontare sfide globali.

La via d’uscita: un sogno o un piano?

La soluzione, se esiste, non può che essere ambiziosa. L’Europa deve investire massicciamente nelle energie rinnovabili, potenziare le infrastrutture per lo stoccaggio energetico e diversificare le sue fonti di approvvigionamento. Progetti come il REPowerEU, presentato nel 2022, sono un passo nella direzione giusta, ma mancano ancora azioni concrete e risorse sufficienti per renderli operativi.

Una cosa è certa: il tempo delle mezze misure è finito. E con esso, forse, anche l’illusione che l’Europa possa affrontare le tempeste globali senza un progetto comune, lungimirante e coraggioso.

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