

Economia & Lavoro
La miseria che ci cammina accanto
In Italia nel 2024 quasi un cittadino su quattro vive in grave deprivazione. Le più colpite sono donne, giovani e famiglie. Il lavoro non basta più a garantire dignità e futuro.
Non si vede, ma si sente. Non urla, ma pesa. È la povertà che non fa rumore, quella che ti lascia in piedi sul tram mentre cerchi di nascondere i buchi nelle scarpe. Che ti fa dire di no a un figlio che chiede un gelato, perché hai già contato le monete per la cena. Quella che ti costringe a scegliere tra il cibo e i libri, tra il riscaldamento e la dignità.
Italia, 2024: uno su quattro
Quasi un italiano su quattro vive oggi in uno stato che l’Europa chiama “grave deprivazione”. È un modo elegante per dire che non può permettersi un pasto proteico ogni due giorni, che non ha soldi per un imprevisto, che non riesce a cambiare un mobile rotto né a riscaldare la casa d’inverno. È una povertà senza fame ma piena di rinunce, che entra in cucina e resta nel silenzio degli sguardi tra genitori e figli.
Le più colpite sono le donne, ma anche i giovani tra i 18 e i 24 anni, con un’incidenza del 26,2%. E le famiglie con figli a carico, che pagano un dazio altissimo alla mancanza di welfare, al peso crescente delle spese scolastiche, alla fatica di conciliare tutto con salari da fame. Salari che, in Italia, sono tra i più bassi d’Europa, sotto il 60% della media UE.
Lavorare non basta più
C’è una verità che fa male: lavorare non basta più per evitare la povertà. Se sei occupato hai ancora una chance, ma se perdi il lavoro il rischio schizza al 66,6%. E questo non è un problema individuale, è una bomba sociale. Che prepara la frattura di domani, tra chi può permettersi una vita e chi invece, per vivere, deve ogni giorno rinunciare a qualcosa.
Bankitalia l’ha scritto senza mezzi termini: se non si aumenta l’occupazione femminile e giovanile, entro il 2050 il PIL italiano crollerà del 9%. Un Paese che invecchia senza dare spazio ai giovani e senza mettere in condizione le donne di lavorare, è un Paese che sceglie di impoverirsi.
La solitudine dei numeri veri
Dietro ogni statistica, c’è un volto. Una madre che salta la cena per far mangiare i figli. Un ragazzo che non esce più con gli amici perché si vergogna delle sue scarpe. Un anziano che non accende il riscaldamento perché teme la bolletta. E poi ci sono i miliardari, quelli che non hanno costruito la loro fortuna ma l’hanno semplicemente ereditata. Una ricchezza “immeritata”, che fa da specchio distorto a chi, ogni giorno, deve scegliere tra vivere e sopravvivere.
C’è infine una povertà che non si vede nemmeno nei dati, ma che trascina nell’isolamento: quella senza connessione internet, senza possibilità di fare una ricerca, inviare un curriculum, o semplicemente partecipare alla vita del Paese. È la povertà che disconnette, che spegne le luci del futuro, lasciando le persone sole nel buio del presente.
Finché un quarto del Paese sarà costretto a vivere con l’ansia del prossimo pasto o della prossima bolletta, non potremo chiamarla società civile. Potremo al massimo definirla un insieme di solitudini, governate da chi non si accorge più che il vero potere è accorgersi degli ultimi.
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