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Economia & Lavoro

L’Europa alla prova: la forza del sistema o la fragilità degli alibi?

L’Europa rischia di ripetere gli errori del 2008: tra minacce di Trump e crisi globali, è tempo di scelte coraggiose. Serve un’Europa forte, unita, e pronta a difendersi economicamente.

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Banconote dell'Unione europea (© Depositphotos)
Banconote dell'Unione europea (© Depositphotos)

C’è un’aria che sa di déjà-vu. Una malinconica corrente d’autocompiacimento soffia ancora tra i corridoi di Bruxelles, proprio come accadeva nei mesi che precedettero il crollo del 2008. Allora, mentre Wall Street bruciava e l’America entrava in recessione, dalle capitali europee piovevano commenti beffardi sull’eccessivo allarmismo dei tecnici internazionali. Poi arrivò la realtà. E colpì più duro nel Vecchio Continente che negli stessi Stati Uniti.

Le illusioni di oggi

Ora si guarda alle fibrillazioni trumpiane sui dazi con sufficienza. Si strizza l’occhio all’asse franco-tedesco, si recitano i mantra della “resilienza europea”, si fa spallucce alle minacce di recessione annunciate dai grandi fondi. Ma siamo davvero al riparo?

È un’illusione pericolosa. Perché questa volta, l’America non gioca più a proteggere l’equilibrio mondiale. Non è più il “guardiano del sistema”. È il primo a mettere mano al mazzo per cambiarne le regole. E non per renderle più giuste, ma per usarle a proprio vantaggio.

Il secolo della coercizione

Non c’è più bisogno di cannoni. Oggi si conquista con i dazi, le sanzioni, le tecnologie, i flussi finanziari. La coercizione economica è il nuovo nome del potere. E chi possiede il dollaro, i chip, i social network, l’accesso ai mercati, tiene le redini del mondo.

Non è un complotto, ma un calcolo. Trump, Xi, Putin giocano su questo piano. E noi? L’Europa è il vaso di coccio tra vasi d’acciaio. Fa grandi discorsi, ma non sa più decidere. Non sa più reagire.

La miopia dei leader

Il vero pericolo non è Trump. È l’inerzia delle cancellerie europee. È l’incapacità di fare un passo comune, audace, strategico. Non servono miracoli, ma visione. E coraggio.

Un grande eurobond da mille miliardi per la difesa e la transizione industriale. Un’unica piazza finanziaria europea credibile. Un euro che non sia solo una moneta da supermercato, ma una vera alternativa geopolitica.

Non per sfidare l’America, ma per non essere travolti dai suoi scossoni.

L’ora delle responsabilità

Non è più tempo di piagnistei o analisi retrospettive. L’Europa deve scegliere se vuole contare. O se preferisce continuare a recitare il ruolo del burattino, senza fili ma anche senza volontà.

Il provincialismo fra Meloni e Macron, le rivalità da talk show, sono l’ennesima distrazione. Il treno corre. E se restiamo sul binario a guardar passare i vagoni, l’impatto sarà frontale.

La proposta

Serve un patto. Fra governi. Fra generazioni. Fra società civile e istituzioni. Serve una voce unica, forte, lungimirante. Serve decidere che non vogliamo più essere il campo di battaglia altrui.

È possibile? Certamente. Ma bisogna volerlo. E avere il coraggio di mettere da parte i vecchi riflessi condizionati. Come chi, in altri tempi, davanti alla tempesta, pensava che bastasse sorridere per non bagnarsi.

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