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La tragedia annunciata dei caccia occidentali nei cieli d’Ucraina

La guerra in Ucraina perde un F-16 occidentale: un simbolo che si schianta e un pilota che muore. Un commento crudo su propaganda, illusioni e verità che in pochi raccontano.

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Un caccia F-16 in fiamme dopo l’abbattimento nei cieli ucraini: la potenza occidentale si schianta contro la realtà della guerra.
Un caccia F-16 in fiamme dopo l’abbattimento nei cieli ucraini: la potenza occidentale si schianta contro la realtà della guerra (© DDW)

Kiev annuncia l’abbattimento del primo F-16 fornito dall’Occidente. Il pilota è morto. Un’altra riga, secca e feroce, si aggiunge alla cronaca già insanguinata di una guerra che sembra non voler finire. Ma non è soltanto un lutto: è un segnale, una sberla in faccia all’illusione di chi pensava che la superiorità tecnologica bastasse a ribaltare l’inerzia del conflitto.

L’aquila dai colori NATO ha perso una piuma

Il caccia F-16 abbattuto, simbolo dell’intervento occidentale, non è solo un pezzo di metallo precipitato nella steppa: è la cartina al tornasole della sproporzione tra le promesse di aiuto e la realtà del fronte. Troppo tardi, troppo pochi, troppo esposti: i jet arrivano a conflitto ormai logorato, dove la difesa antiaerea russa è ormai radicata e spietata.

Chi ha deciso di inviarli, chi ha spinto per accelerare i tempi, chi ha premuto sul bottone dell’entusiasmo, oggi dovrebbe avere il pudore del silenzio. Ma la storia ci insegna che quando la propaganda ha sete, sono gli eroi caduti a essere sacrificati sull’altare della narrazione.

L’Occidente gioca a Risiko, Kiev paga in sangue

Non serve uno stratega per capire che la consegna dei caccia non era una svolta militare, ma un messaggio politico. Un “non vi lasciamo soli” con le ali, mentre le truppe a terra continuano a lottare in condizioni disperate. Come sempre, le armi moderne arrivano con manuali complicati, training tardivi, e una scia di aspettative che si infrangono sul primo missile terra-aria.

E il prezzo? Lo pagano i piloti. Uomini come l’ufficiale abbattuto, che non ha volato per la gloria ma per obbligo, per senso del dovere, forse per disperazione. Non è un martire, non è una pedina. È il volto di un fallimento annunciato.

La guerra delle immagini contro la realtà dei numeri

Per settimane si sono viste immagini patinate di F-16 con coccarde ucraine. Una guerra da copertina, costruita su scenografie mediatiche e promesse al photoshop. Poi arriva la realtà, quella dura, fatta di radar, di missili russi in attesa, di cieli pieni di trappole.

Il rischio è che ora il lutto venga messo in stand-by, in attesa del prossimo “successo”, del prossimo pacchetto di aiuti, della prossima conferenza stampa. Ma una guerra vera non si combatte con i comunicati.

Domande senza risposta

Chi ha premuto per l’uso immediato dei jet, sapeva che non c’era copertura sufficiente? Chi ha deciso la missione del pilota, conosceva le probabilità di ritorno? E soprattutto: quante altre vite serviranno prima che qualcuno, a Bruxelles o a Washington, abbia il coraggio di ammettere che si è sbagliato?

Nel frattempo, un altro giovane è caduto. Un altro jet è andato distrutto. Ma la retorica continuerà a volare alta, sempre più distante dai campi devastati dell’Ucraina.

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