Idee & Consigli
Buoni pasto in busta paga: come funzionano
I buoni pasto sono uno dei benefit più comuni offerti dalle imprese, e rappresentano un importante strumento di welfare aziendale.
Vengono erogati ai dipendenti per acquistare cibo e bevande presso una vasta rete di esercizi convenzionati, in sostituzione della mensa.
Attualmente le aziende possono emettere i buoni pasto in formato elettronico (tramite card fisica oppure virtuali per uso esclusivo tramite app), o in formato cartaceo.
L’erogazione dei buoni pasto può essere obbligatoria, se prevista dal CCNL o dai contratti individuali, oppure a discrezione del datore di lavoro. In ogni caso, i buoni pasto figurano in busta paga ma, essendo trattati come un’agevolazione di tipo assistenziale, sono sottoposti a un regime di esenzione fiscale molto vantaggioso per azienda e dipendenti.
Che cosa sono i buoni pasto?
Prima di comprendere come funzionano i buoni pasto in busta paga è necessario capire di cosa si tratta. Come già accennato, questi rappresentano una soluzione ideale quando non è possibile offrire un servizio di mensa aziendale, e sono molto apprezzati sia dai datori di lavoro che dai dipendenti perché garantiscono autonomia nella gestione della pausa pranzo, flessibilità di utilizzo per tutti i generi alimentari e importanti vantaggi fiscali.
Dal punto di vista normativo, si tratta di documenti di legittimazione attraverso cui viene erogato un servizio sostitutivo di mensa aziendale.
I dipendenti che ricevono i buoni pasto possono usarli non solo per la pausa pranzo, ma anche per la spesa e per ordini online su e-commerce convenzionati.
I Buoni Pasto Pluxee, per esempio, sono disponibili sia in formato cartaceo che elettronico, entrambi facilmente utilizzabili in tutta Italia presso un’ampia rete di 100.000 bar, ristoranti, gastronomie, supermercati e food delivery convenzionati.
La tassazione dei buoni pasto
Spesso ci si chiede se i buoni pasto in busta paga sono tassati.
Come anticipato, i buoni pasto figurano in busta paga in quanto erogazione effettuata dal datore di lavoro, ma sono soggetti a esenzioni fiscali ai fini previdenziali e contributivi.
Quelli cartacei sono esenti da trattenute fiscali per i dipendenti fino a un valore di 4 euro giornalieri. Questo significa che, entro questo limite, i buoni non vengono considerati parte del reddito imponibile del lavoratore e quindi non sono soggetti a tasse.
Per i buoni pasto elettronici, il limite di esenzione fiscale è più alto, ed è fissato a 8 euro giornalieri. Oltre questi valori, l’importo eccedente diventa imponibile e quindi soggetto a tassazione.
Occorre ricordare che tali agevolazioni sono applicabili solo se i buoni pasto sono riconosciuti alla generalità o a categorie omogenee di lavoratori (come stabilito dalla Circolare Ministeriale 326/E/1997).
Quando spettano e a chi?
Spesso non è chiaro chi ha il diritto di usufruire di questo particolare benefit. A dare una risposta al quesito è l’art. 4 comma C del Decreto Legge n. 122 del 2017 il quale statuisce che tutti i lavoratori subordinati, sia quelli assunti a tempo pieno che quelli assunti part time, hanno il diritto di ricevere i buoni pasto. Ciò ovviamente vale anche per il caso in cui l’orario di lavoro non preveda una pausa pranzo per i lavoratori.
Secondo ciò che è previsto dalla legge attualmente in vigore, infatti, anche coloro i quali lavorano in smart working hanno il pieno diritto di usufruire dei buoni pasto, così come chi lavora in presenza. Il discrimine però, in questo caso, è che l’erogazione dei buoni dipende da una decisione del datore di lavoro, il quale non è soggetto a nessun obbligo in tal senso.
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