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Transizione digitale: luci e ombre nel tessuto imprenditoriale italiano

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Interno d'ufficio
Interno d'ufficio (© Unsplash)

Il percorso di digitalizzazione del nostro Paese continua nonostante problemi strutturali e culturali che, in qualche modo, non permettono di accelerare del tutto. Secondo la recente “Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese” dell’Istat, l’Italia sta affrontando infatti difficoltà nel coinvolgere l’intero sistema produttivo nella transizione digitale, con le piccole e medie imprese ancora nettamente in ritardo nelle attività specialistiche di digitalizzazione. Questo gap rappresenta un problema non di poco conto in un’epoca come quella attuale, dove digitalizzare significa essere più efficienti e competitivi a livello globale. Vediamo meglio cosa emerge dalla ricerca.

Digital Intensity Index: un indicatore chiave per le imprese

Nel nostro Paese sono soprattutto le PMI a camminare con il freno a mano tirato lungo il percorso dell’innovazione digitale. A raccontarlo è l’Istat, che in una recente indagine ha evidenziato diversi problemi da questo punto di vista. Il Digital Intensity Index (DII), un indicatore composito che valuta il comportamento delle imprese nell’ambito della trasformazione digitale, rivela infatti una realtà complessa. Nel 2023, per esempio, il 60,7% delle piccole e medie imprese (PMI) con 10-249 addetti si colloca ancora a un livello base di digitalizzazione, ma solo il 21,3% raggiunge livelli definiti alti. Al contrario, il 91,1% delle imprese con almeno 250 addetti ha un livello di digitalizzazione almeno base e il 68,1% anche quello almeno alto, a dimostrazione del forte divario che separa piccole e grandi aziende, non solo da un punto di vista di cultura dell’innovazione ma anche di risorse da investire in tal senso.

Le difficoltà delle PMI nella digitalizzazione

Le principali sfide che le PMI italiane affrontano nella transizione digitale sono di natura multidimensionale e richiedono un approccio olistico per essere affrontate con successo. In primo luogo, è la mancanza di competenze specialistiche a rappresentare un ostacolo significativo: molte PMI si trovano infatti a dover affrontare un divario di conoscenza in materia di tecnologie avanzate, come l’analisi dei dati e l’intelligenza artificiale, che richiedono competenze specifiche e aggiornate, con la necessità di investire sulla formazione del personale per riuscire ad adattarsi ai nuovi strumenti e processi digitali.

Non meno importanti sono però le difficoltà nel passaggio dalla semplice implementazione tecnologica al cambiamento culturale e organizzativo, poiché integrare efficacemente le nuove tecnologie all’interno della cultura aziendale e riorientare i processi organizzativi per sfruttarne appieno i vantaggi richiede tempo, risorse e una leadership forte. In particolare, strumenti come l’analisi dei dati e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possono essere sfruttati al meglio solo con un cambiamento profondo nelle modalità di lavoro e nella mentalità aziendale. Appare dunque evidente come per le piccole e medie imprese sia complicata una trasformazione così radicale in tempi brevi, visti e considerati i tanti aspetti coinvolti.

Persone al lavoro al computer

Persone al lavoro al computer (© Unsplash)

Le tecnologie digitali utilizzate dalle imprese italiane

Il report si concentra poi sull’aspetto tecnologico in senso stretto, osservando quali soluzioni si stiano affermando maggiormente nel tessuto imprenditoriale italiano. Un quarto delle PMI digitalizzate, per esempio, utilizza esclusivamente una combinazione di Internet, cloud computing e social media, senza adottare software gestionali né tecnologie di intelligenza artificiale o di analisi dei dati, perdendo l’opportunità di ottimizzare le diverse attività con l’aiuto del digitale, ciononostante le PMI italiane mostrano una maggiore adozione di tecnologie digitali rispetto alla media dell’Unione Europea, con il cloud computing e la fatturazione elettronica tra le attività più diffuse.

Proprio l’intelligenza artificiale (AI) rappresenta, nonostante le sue enormi potenzialità, un ambito ancora poco esplorato dalle imprese italiane, con solo il 5% delle imprese con almeno 10 addetti che utilizza almeno una tecnologia AI nel 2023. In particolare, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle piccole e medie imprese riguarda soprattutto l’automatizzazione dei flussi di lavoro, l’estrazione di conoscenza da documenti di testo e il riconoscimento vocale, ma sono molte altre le possibilità offerte attualmente da queste soluzioni. Pensiamo, per esempio, a quanto accaduto nel settore dell’intrattenimento digitale, dove l’AI è ormai parte integrante di piattaforme di gioco che, grazie a essa, riescono a personalizzare l’esperienza degli utenti, a migliorare la gestione di tutte quelle meccaniche che si celano dietro giochi come il poker online e addirittura a garantire una maggiore protezione dei dati personali e di pagamento, potendo contare per l’appunto su sistemi in grado di riconoscere le minacce e prevedere i potenziali rischi per i giocatori.

Le imprese italiane devono dunque affrontare sfide significative per accelerare i processi di transizione digitale, investendo sia sullo sviluppo di competenze specialistiche che sull’adozione di strumenti avanzati per migliorare le attività e la qualità dei dati. Per cogliere appieno le opportunità della digitalizzazione, accrescendo la competitività e creando nuove opportunità di business, è però opportuno poter contare sul supporto delle istituzioni, il cui intervento potrebbe risultare fondamentale per spingere le PMI italiane verso il futuro.

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