Bologna
Università di Bologna, le nuove regole sull’uso dell’Intelligenza Artificiale
Le nuove regole dell’Università di Bologna sull’uso etico dell’Intelligenza Artificiale cambiano il rapporto tra studenti e tecnologia. Ecco come responsabilità e progresso possono convivere insieme.
La Intelligenza Artificiale non è un cappello a cilindro da cui estrarre soluzioni preconfezionate, né un giocattolo avveniristico da maneggiare a cuor leggero. È un nuovo orizzonte che, come fu per l’invenzione della stampa, promette di rivoluzionare radicalmente il nostro modo di apprendere e comunicare. L’Università di Bologna, nell’annunciare un inedito regolamento sull’utilizzo di strumenti di AI da parte di studenti e docenti, non ha fatto altro che varcare la soglia di un progresso inevitabile.
Secondo la notizia ufficiale, l’Ateneo apre alla sperimentazione di software e algoritmi in grado di coadiuvare l’apprendimento, a patto che siano rispettati i principi di etica e trasparenza. Il fine non è di sopperire alla fatica, bensì di valorizzare l’acume, la curiosità e il gusto di scoprire. E se c’è una virtù che l’accademia emiliana ha sempre saputo coltivare, è proprio questa.
Equilibrio tra etica e progresso
La questione principale ruota attorno a un concetto di per sé semplice, ma spesso eluso: la responsabilità. Non basta un software brillante o un algoritmo ben istruito a garantire una formazione degna di questo nome. Occorre prendere atto che il legame tra uomo e macchina è un continuo dialogo, e la Università di Bologna ha deciso di mettere in chiaro le regole per tenere vivo il senso critico di chi studia e insegna.
«L’etica deve rimanere il faro che guida la tecnologia», ha dichiarato il Rettore Giovanni Molari durante una recente intervista. Parole che sanno di manifesto: nel limbo di definizioni normative e timori da fantascienza, rimane l’idea che la tecnologia sia uno strumento, non un fine.
Le sfide didattiche dell’intelligenza artificiale
Bando alle illusioni: chi studia con la sola speranza di delegare ogni fatica all’AI corre il rischio di uscire con più dubbi che certezze. Ma, se inserita in un percorso educativo coerente, la Intelligenza Artificiale può rappresentare un’opportunità formidabile per potenziare la ricerca e alimentare il dibattito interdisciplinare. Alcuni professori, come la Professoressa Maria Bianchi, sostengono che «mai come ora diventa cruciale il ruolo del docente nell’orientare lo studente all’uso corretto dell’AI».
Un orizzonte aperto
Molti saluteranno le nuove disposizioni bolognesi come la fine di un’era in cui i docenti erano i custodi della conoscenza. Ma ogni epoca, in fondo, ha i suoi strumenti. L’importante è che i pilastri della verità, della correttezza e del giudizio rimangano saldi. La Università di Bologna non ha scelto la via della restrizione cieca, ma ha redatto linee guida che guardano a un futuro in cui la scienza si evolverà sempre di più all’incrocio tra l’etica e la tecnologia.
In definitiva, una tale iniziativa è un invito a mettere in gioco la nostra umanità, a sfidare noi stessi nel trovare un equilibrio tra l’innovazione e il retaggio di secoli di sapienza. È un segno dei tempi, in cui il sapere non si consegna passivamente alla macchina, ma la guida, la nutre e, perché no, la limita quando serve. E forse questa è la più grande lezione che il nuovo regolamento bolognese può offrirci.
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