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Opinioni

Adele Lamonica: «Così la pandemia ha svelato gli errori della nostra medicina»

La counselor e naturopata Adele Lamonica, autrice del libro «Biosimbologia», racconta al DiariodelWeb.it un approccio diverso e possibile alla salute umana

Fabrizio Corgnati

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Il vaccino e la mascherina contro la pandemia da Covid-19 (© Fotogramma)

I due anni e mezzo di pandemia da Covid-19 hanno svelato in maniera evidente tutti i mali della nostra sanità. Non solo per quanto riguarda le questioni pratiche, l’organizzazione degli ospedali, le mancanze di personale o di mezzi economici, bensì più in generale per l’approccio alla salute della medicina occidentale e addirittura della nostra società nel suo complesso. Che ha risposto con il lockdown, con l’evitamento dei contatti con il virus, trascurando del tutto l’importanza di aspetti come la prevenzione, lo stile di vita, i rapporti sociali, il tempo trascorso all’aria aperta, il movimento fisico, la serenità psicologica. Insomma, aspetti che rendono l’essere umano un sistema più complesso di una semplice macchina che può essere riparata da un meccanico, sostituendo un pezzo quando non funziona. Di questi temi si occupa da decenni Adele Lamonica, counselor e naturopata, autrice del libro «Biosimbologia» (edito da Om Edizioni),che il DiariodelWeb.it ha raggiunto.

Adele Lamonica, ci spieghi meglio in cosa consiste il suo approccio alla medicina.
La biosimbologia nasce dalla mia ricerca portata avanti durante ormai quarant’anni di professione, come counselor e naturopata, interessata al collegamento tra l’aspetto biologico e quello mentale e animico. Gli ultimi anni hanno dato una spinta fortissima a questa riflessione.

Come mai?
L’idea è che le persone non si sentono responsabili della propria salute. La nostra sanità ci pone nel ruolo di pazienti, cioè passivi, in attesa di qualcuno che ci dica che cosa fare.

Appaltiamo al medico tutte le scelte, in altre parole.
Il nostro è un atteggiamento di completa delega. Ora, sia chiaro, non voglio incitare al «fai da te», a cercarsi le diagnosi su Google. Non solo questa prassi è pericolosissima, ma sarebbe assurdo proporla da parte di chi, come me, ha studiato medicina e viene dal mondo scientifico. Non è che, siccome si tratta di medicina naturale, possiamo assumere le pillole come se fossero acqua fresca.

Pure gli integratori alimentari naturali vanno presi con cautela e nella direzione giusta.
Per questo motivo anche nei canali cosiddetti alternativi, o meglio complementari, esistono specialisti che sanno dare le soluzioni giuste. Ma in Italia purtroppo esiste una disinformazione totale su queste figure, che anzi vengono denigrate dagli ordini professionali.

Magari perché le professioni tradizionali temono di perdere qualche rendita di posizione?
Eppure all’estero non ci si scontra, anzi si collabora in maniera molto proficua. Un’idea della salute integrata, a cui contribuiscano varie competenze con le loro peculiarità, sarebbe di grande aiuto all’educazione dei cittadini.

Parliamoci chiaro: la maggior parte di noi è abituata a non porre alcuna attenzione alla propria salute se non quando sente qualche dolorino, allora va dal medico che gli dà la pastiglia e torna a disinteressarsene.
Deleghiamo, appunto, perché non siamo consapevoli della nostra salute e nemmeno informati sul nostro diritto alla libertà di scelta. La biosimbologia scardina questo modello e ci riporta all’idea che la salute ci riguarda in maniera prioritaria. E che i segnali del nostro corpo non sono solo sintomi di un’infezione da batterio o virus, ma sono risposte biologiche che possono derivare anche da cause emotive o addirittura animiche.

Noi uomini non siamo come delle automobili a cui basta che il meccanico sostituisca il pezzo rotto per farle tornare a funzionare.
Esatto. Le discipline complementari vedono l’uomo in maniera non meccanicistica, ma secondo le antiche tradizioni della medicina ippocratica, come un tutt’uno, un insieme, un sistema complesso. In cui, se non funziona una rotella, a cascata non funzionano tutte le altre.

Dobbiamo passare dal concetto di cura delle malattie a quello di cura delle persone.
Nella loro totalità. Secondo questa concezione, il mio raffreddore non può essere trattato allo stesso modo del suo. Bisogna andare a cercare la causa profonda, primordiale e originaria e a lavorare su quella, che è diversa per ciascuno di noi, che siamo originali e non ripetibili.

Pensiamo all’atteggiamento, assolutamente meccanicistico, in cui abbiamo affrontato il Covid-19: stando chiusi in casa per non venire a contatto con il virus. Ma trascurando del tutto le altre conseguenze negative di questa chiusura sul nostro sistema.
Ancora peggio. L’epigenetica ci insegna che abbiamo un’interazione con l’ambiente, che può attivare o meno alcune delle nostre ereditarietà. Creare una condizione mediatica di terrore per la pandemia produce inevitabilmente un impatto cognitivo di morte, una cultura di morte, un modello sistemico di morte. All’interno del quale ci troviamo avviluppati nostro malgrado e dunque ci ammaliamo. Se penso che tutto l’ambiente che mi circonda è orientato verso la morte, anche la mia biologia si adatterà.

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2 Commenti

1 Commento

  1. Anna Rita Cardinale

    10 Luglio 2023 at 21:16

    Gentilissima Dottoressa il suo apporto è vitale ma ahimè i signori che dirigono la sanità è questo che vogliono, coltivare una cultura di morte, perché ci vogliono morti. Assolutisti, arroganti, calati in un gioco di interessi spaventoso, non accetteranno mai la sua visione, prova lampante è l’ omeopatia etichettata come acqua fresca, personalmente, fotografie alla mano, posso dichiarare che è tutt’ altro che acqua fresca, chiudo con la convinzione che in questa situazione possiamo ben poco, deve andare così e per chi crede, il Buon Dio dirimerà il tutto.A lei un grazie sentitissimo.

  2. Avatar

    paologavioli

    13 Luglio 2023 at 9:26

    un grazie forte e sincero –

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