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Enrica Perucchietti: «Il riconoscimento facciale è uno strumento di controllo»

La giornalista e scrittrice Enrica Perucchietti commenta al DiariodelWeb.it la proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sul riconoscimento facciale

Fabrizio Corgnati

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Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi (© Fotogramma)

«Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine». Hanno fatto molto discutere le parole del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un’intervista rilasciata al Quotidiano nazionale, a seguito del drammatico caso dello stupro alla stazione Centrale di Milano. Una proposta che pone enormi interrogativi sul fronte dei diritti della cittadinanza, come commenta ai microfoni del DiariodelWeb.it la giornalista e scrittrice Enrica Perucchietti.

Enrica Perucchietti, si aspettava una dichiarazione del genere in questo momento?
No, ma la trovo assolutamente in linea con altre mosse del governo. E soprattutto con il processo che sta portando a una stretta sul controllo tecnologico a livello globale. Sicuramente da questo punto di vista l’Italia è ancora indietro, ma sta recuperando terreno in modo abbastanza veloce.

In che senso inserisce questa mossa in un contesto più generale?
È chiaro che si sta cercando di emulare il modello della cultura della sorveglianza che ha preso piede in Oriente, in particolare in Cina. C’è stata un’accelerazione anche da noi durante il triennio pandemico, perché la gestione sanitaria, come sappiamo, ha portato al tentativo di introdurre misure di tracciamento.

Si riferisce allo strumento del green pass?
Quello ha creato un precedente che sta lasciando strascichi proprio sulla questione del controllo. Non a caso sul tavolo della Commissione europea c’è proprio la possibilità di usare la tecnologia del green pass per le tessere di vaccinazione e le ricette elettroniche.

Immagino che questa tendenza non sia nata solo dallo scoppio della pandemia, però.
No, in realtà è da vent’anni, dall’11 settembre in poi, che si alimentano e si esacerbano le crisi, anche attraverso il terrorismo mediatico e la paura, per giustificare o legittimare agli occhi dell’opinione pubblica misure liberticide o politiche draconiane. In questo senso mi sembra che anche le chat tra Speranza e Brusaferro abbiano dimostrato come i governi pieghino alla convenienza o agli interessi politici vicende che non hanno basi scientifiche.

Non è contraddittorio che ad avanzare questa proposta sia un governo di destra, che dunque dovrebbe fondarsi su un’ideologia liberale?
In parte sì. Però ci siamo abituati all’ossessione di alcuni partiti di destra nei confronti della video
Puntare sul fatto che il riconoscimento facciale sarebbe una misura di prevenzione. Non lo è, al massimo potrebbe essere un deterrente. La prevenzione è altro: significa evitare che le stazioni o altri luoghi delle nostre città vengano abbandonati a se stessi. E finiscano per degenerare in terre di nessuno, in cui si ha paura di accedere.

Non sarà prevenzione, ma potrebbe essere comunque una misura di sicurezza, per agevolare il riconoscimento dei colpevoli.
Però questo strumento, come già avviene in altri Paesi, apre al cosiddetto sospetto categoriale, cioè alle discriminazioni, con il rischio elevato di falsi positivi. Dall’altro lato, c’è la questione della privacy e dei diritti, che negli ultimi anni vengono sempre più erosi. Come spesso capita, casi di cronaca come lo stupro avvenuto in stazione vengono strumentalizzati per legittimare, senza dibattito, proposte di misure liberticide come questa. Si è utilizzato il solito metodo problema-reazione-soluzione.

Ossia?
Si alimenta un problema come quello della sicurezza, suscitando una reazione di paura e indignazione nell’opinione pubblica, per proporre la soluzione già pianificata. Cioè, più videosorveglianza e riconoscimento facciale.

Lei sostiene che questo è un pretesto per portare avanti un disegno preesistente. Per costruire cosa, e nell’interesse di chi?
Di una società trasparente, in cui tutti i movimenti, le transazioni, le abitudini dei cittadini siano tracciabili e mappabili. Questo fa comodo al potere: otto miliardi di persone sono difficili da governare, quindi è più facile gestirle attraverso la tecnologia. Che spinge le persone ad autocensurarsi, a comportarsi come vuole il sistema per paura di essere riconosciuti. Per non parlare della ben nota questione legata al cosiddetto capitalismo della sorveglianza, un discorso molto complesso.

Ma se si usa il riconoscimento facciale per identificare un criminale, a chi si comporta seguendo la legge cosa dovrebbe importare?
Dovrebbe preoccuparlo l’erosione della sua libertà. Si è cercato di convincere le persone a disaffezionarsi alla propria privacy. Invece, proprio perché non abbiamo fatto nulla di male, non vedo perché dobbiamo essere trattati come dei criminali a priori. Anche perché queste stesse tecnologie, un domani, potrebbero essere utilizzate in chiave più autoritaria.

Cioè?
Ad esempio, se ci fosse un’altra pandemia, per identificare coloro che si spostano o che violano il lockdown. Se si adotta un precedente, poi è molto difficile sospenderlo. La china è molto pericolosa: si implica che, per sentirsi sicura, la popolazione debba progressivamente abdicare ai propri diritti. Io invece ci tengo e vorrei evitare che un governo o una big tech sappia tutto di me e possa seguire ogni mio movimento.

Secondo lei Piantedosi ha fatto una sparata solo per vedere l’effetto che fa o si sta davvero preparando una misura concreta e imminente?
Sicuramente è una finestra di Overton. Anche perché, con la moratoria scattata nel 2021, almeno fino al 2023 non dovrebbero poter introdurre nulla. E in ogni caso dovrebbero poi confrontarsi con il garante della privacy. Ma, a livello di agenda globale, credo che ci sia la volontà anche da parte dell’Italia di recuperare terreno sul controllo tecnologico.

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1 Commento

1 Commento

  1. Avatar

    Cristoforo

    15 Maggio 2023 at 23:20

    È sempre la stessa tattica… con la scusa dello stupro alla stazione… impongono uno stato di supersorveglisnza tecnologica invadentissima e in stile Cinese. Hanno cominciato a cancellare diritti con la scusa dell’11 Settembre… e da allora non si sono mai fermati. È comunistizzazione del mondo (nel senso Orwelliano)

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