Opinioni
Mario De Benedetti: «Basta con ‘ce lo chiede l’Europa’, servono scelte condivise»
Il modello di un’Unione europea autenticamente federale nell’intervista al DiariodelWeb.it di Mario De Benedetti, autore di «Per una teoria micropolitica del federalismo»
Mentre si avvicina la data delle prossime elezioni europee, fissate per il giugno 2024, torna d’attualità anche il dibattito sulla struttura stessa dell’Unione europea. Un’istituzione che, negli ultimi decenni, i cittadini hanno imparato a vivere sempre più come una mano che ci impone dall’alto decisioni non sempre condivise democraticamente, piuttosto che come un’autentica rappresentante delle volontà dei popoli delle singole nazioni che la compongono.
Non solo tra gli euroscettici, ma sempre più anche tra i convinti europeisti, l’opinione diffusa è che serva una riforma, un cambio di modello politico e amministrativo. E uno dei possibili modelli è quello federalista, ben descritto dal recente libro «Per una teoria micropolitica del federalismo», edito da Mimesis, che riprende le intuizioni avanzate già oltre mezzo secolo fa dal grande filosofo e politologo Bruno Leoni. Il DiariodelWeb.it ha intervistato l’autore del testo, Mario De Benedetti.
Mario de Benedetti, che idea di federalismo aveva Bruno Leoni?
Chiaramente Leoni era molto influenzato dall’esperienza americana. Aveva immaginato un’idea di decentramento politico e amministrativo che fosse portatore di indipendenza. E questo modello lo vedeva applicabile alle nascenti Comunità europee, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, come anche al modello italiano.
A proposito, l’attuale governo ha riportato d’attualità il tema dell’autonomia differenziata. Che idea si è fatto di questo progetto?
Fondamentalmente le Regioni autonome ci sono sempre state, perché sono previste dalla Costituzione. Ma non capisco il concetto di differenziazione, che secondo me sovraccaricherebbe ulteriormente lo Stato centrale di incombenze gestionali. Semmai si potrebbe applicare un federalismo sostanziale, rendendo le Regioni davvero autonome soprattutto a livello economico, mettendole in condizione di gestire risorse che non vengano stanziate da Roma.
Ci vorrebbe più coraggio, insomma.
I grandi autori che affronto nel testo hanno sempre ragionato in termini di autonomia totale. Sturzo diceva che la Regione doveva essere autonoma, indipendente dallo Stato centrale e non doveva necessariamente costituire un leviatano burocratico. Lo stesso sottolineava James Buchanan, uno dei fautori del federalismo fiscale negli Stati Uniti: perché più autonomia hanno gli enti locali, compresi dunque i Comuni, più è snella e sburocratizzata la struttura statale.
Torniamo alla Ue, dunque. Da osservatore direi che l’istituzione come è concepita oggi mi pare ancor più distante di prima dall’idea dei famosi Stati Uniti d’Europa.
Assolutamente sì. Anche l’Unione europea, che di fatto non è un’unione politica, non ha ancora in sé una struttura coerente e percepibile. I singoli cittadini hanno difficoltà a capirne il funzionamento e il ruolo delle varie istituzioni, del parlamento, del Consiglio europeo, del Consiglio d’Europa. Questo rende incomprensibile a sua volta l’azione legislativa che poi si ripercuote negli Stati nazionali, cioè chi prende le decisioni e in base a quali criteri.
Sarà per questo che gli europei si fidano sempre meno di Bruxelles.
Questo crea certamente imbarazzo e una percezione di scarsa democraticità. Pensiamo soprattutto al Consiglio europeo. Qual è il suo ruolo: di agenda setting, come si dice, o di semplice promotore di indirizzi che poi si devono concretizzare nel parlamento? E il parlamento che ruolo ha: legislativo o di vera rappresentanza delle istanze democratiche dei popoli europei? Andrebbe immaginato un assetto politico vero e proprio, facendo confluire il tema della rappresentanza nel parlamento, tenendo lontano il Consiglio dalla condivisione del potere legislativo e dalle decisioni di bilancio.
Ci avviciniamo alle prossime elezioni europee. Un’eventuale forza politica che volesse farsi carico di una riforma in senso federalista che programma dovrebbe promuovere?
Attualmente è molto complesso immaginare una forza politica che possa farsi carico di queste istanze. Spesso le famiglie politiche europee racchiudono formazioni anche molto distanti fra loro. Ma il problema è sempre lo stesso: capire quanta autonomia dare e come debba agire il centro decisionale.
Ci spieghi.
Se immaginiamo un’Europa così come è nata, cioè come portatrice di valori democratici soprattutto liberali, allora si deve centralizzare il meno possibile, lasciando ampia autonomia decisionale agli Stati nazionali. Tuttavia il centro deve saper dare le direttive minime, che non siano totalmente vincolanti. Ad esempio penso alle ultime decisioni sulle auto elettriche o sulla farina d’insetti. Questi argomenti non possono essere regolati dal centro di un’eventuale federazione, che emani misure obbligatorie: devono occuparsene i vari Stati.
Come dire, basta con il «ce lo chiede l’Europa».
Appunto. Dobbiamo evitarlo. Se l’Europa è un vero centro democratico, non ci deve chiedere niente. Le soluzioni devono essere condivise, tenendo conto delle differenti realtà economiche e politiche interne. Non tutti gli Stati si possono permettere di incentivare il motore elettrico o di importare la farina di insetti nel proprio contesto locale.
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SPILLO
29 Agosto 2023 at 11:20
Purtroppo in Europa gli stati non sono considerati alla pari, quelli più capitalizzati vogliono imporre le azioni che vanno a loro favore, a discapito delle altre nazione, ad esempio L’Italia
Ardmando
1 Settembre 2023 at 7:46
L’unione Europea è una farsa colossale, un apparato burocratico farraginoso che cerca di mettere assieme popoli con culture e tradizioni diverse, legati unicamente da rapporti falsamente cortesi di diplomazia e interessi economici. L’Unione Europea è una cariatide lenta e timorosa, tenuta assieme unicamente dalla sete di potere e di denaro dei politici che la compongono. Andrebbe riformata profondamente. Troppo spesso l’UE estende i suoi tentacoli in ambiti di competenza prettamente nazionale, violando con leggi stupide e imposizioni altrettanto stupide la sovranità, la cultura, le tradizioni degli Stati membri.