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Opinioni

Stefano Zurlo: «Vi racconto le donne vincenti delle imprese. Come la Meloni in politica»

La firma de Il Giornale Stefano Zurlo presenta al DiariodelWeb.it il libro «Una marcia in più. Storie italiane di imprenditrici vincenti», scritto con Manila Alfano e Giorgio Gandola

Fabrizio Corgnati

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Il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (© Ansa)

È il momento delle donne al comando. Da Giorgia Meloni, oggi presidente del Consiglio, alle tante imprenditrici che, partendo da zero o quasi, hanno saputo creare importanti business e aziende, ambasciatrici dell’eccellenza e del Made in Italy nel mondo. Infrangendo con la loro determinazione il famigerato «soffitto di cristallo» alla base del gender gap. Manila Alfano, Giorgio Gandola e Stefano Zurlo ne raccontano ventidue nel loro libro «Una marcia in più. Storie italiane di imprenditrici vincenti», (edizioni Wise Society-Life Solutions Wisdom). Così lo racconta uno dei tre autori, la firma de Il Giornale Stefano Zurlo, ai microfoni del DiariodelWeb.it.

Stefano Zurlo, dove nasce l’idea di questo libro?
Questo libro completa il percorso iniziato tre anni fa con «Sembrava impossibile. Da 0 a 100. Storie di imprenditori di successo», in cui con la stessa formula avevamo raccontato le vicende dei capitani d’industria partiti dal nulla e che hanno fatto strada, da Ennio Doris a Ernesto Pellegrini.

Stavolta vi siete dedicati alle imprenditrici, invece.
Con molta più fatica, devo dire. È stato ancora più difficile trovare e convincere donne che si volessero raccontare, un po’ perché sono più rare e un po’ forse perché sono più schive. Ma abbiamo individuato storie interessanti, trasversali per età e per provenienza geografica.

Ad esempio?
Marina de Eccher, che a 99 anni e 10 mesi è ancora amministratore delegato del gruppo Rizzani de Eccher, colosso del settore delle costruzioni, dal valore di centinaia di milioni di euro con centinaia di dipendenti. Una signora in pista, che guarda e firma le carte, che lavora con il figlio di 70 anni.

E poi?
Maria Giovanna Paone, il cui padre ha inventato Kiton, grandissimo marchio del lusso e della sartoria napoletana. I genitori le avevano detto di stare buona, che avrebbe già avuto due padroni: il marito e i figli. Invece lei voleva lavorare in azienda, tanto da andarsene per ben due volte in Inghilterra a studiare l’inglese. Oggi ne è alla guida con il cugino Totò.

Queste storie dimostrano che le donne sono in grado di imporsi, pur partendo in salita, anche senza le quote rosa.
Ecco, bravo, qui c’è tutto fuorché le quote rosa. Sono donne che si sono dovute fare strada a gomitate, tra i casini e i tentativi di stroncarle, a forza di intuizioni e bravura. Come il mio mito.

Chi?
Isolina Zecchin, novant’anni, che gira in bicicletta nel capannone e ora mi chiama tutti i giorni. Con l’Andrea Doria se ne andò in America, per trovare lavoro con i fratelli più grandi. Tornò in Italia per stare vicina al marito, che aveva fondato lo Spazzolificio Piave. Lei, però, ebbe l’intuizione di buttarsi sugli spazzolini da denti, che pesavano meno, costavano meno e rendevano di più, facendoli colorati e con il profilo alto. Oggi la sua azienda, dalla frazione padovana di Onara di Tombolo, è una delle prime in Italia nel settore.

Storie al limite, quasi eroiche.
Come quella di Rosi Sgaravatti, friulana, da bambina così irrequieta che la mamma la mandò a Milano dalla zia, moglie del custode di San Siro. Ma lei non voleva guardare le partite, voleva scendere in campo. Si ritrovò in Sardegna, in un ambiente maschilista, dove si parlava un dialetto che non conosceva, a ereditare lo storico vivaio del marito, morto in un incidente stradale. Cominciò a rispondere a tono, a cambiare, a licenziare e raddrizzò il gruppo, che ora fa i giardini per i magnati russi e ucraini. L’anno scorso è diventata cavaliere del lavoro.

È un po’ la stessa parabola che in politica ha seguito Giorgia Meloni?
Beh, la Meloni si definisce un underdog, partita dal basso, andando al succo della questione, senza tanti fronzoli, a gomitate e odiando le quote rosa. Possiamo dire tutto, ma è un leader. In dieci anni ha fatto una strada che nessuna donna era riuscita a compiere. Quelle che raccontiamo nel libro sono simili, donne con le palle.

Sta cambiando la visione della donna, da specie protetta a protagonista?
Non c’è dubbio. Magari ci si aspetta che non facciano un metro, invece quando partono vanno molto più lontano dei mariti, dei padri e dei fratelli. Mandano avanti, rilanciano o cambiano la prospettiva di imprese con gravi problematiche, sul punto di chiudere.

Che peculiarità ha trovato nel modo femminile di stare al comando?
Straordinarie capacità di correzione, sviluppo e intervento sulle situazioni industriali, con forza e con modi anche bruschi, duri. Usciamo dallo stereotipo della bimba carina e simpatica: le donne si arrangiano, superano gli ostacoli e i pregiudizi con coraggio e determinazione, fanno i salti mortali per tenere insieme la famiglia, per andare ai colloqui dei figli a scuola, per far da mangiare al marito. E al tempo stesso lavorano in aziende, che magari avevano già le loro storie maschili consolidate, mettendoci un tratto femminile in più. Forse meno quadrato e più fantasioso, creativo, attento agli aspetti umani.

Speriamo che la Meloni riesca ad applicare lo stesso schema all’azienda Italia.
Siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi, ma adesso finalmente si affermano generazioni nuove, in tutti i campi. Forse è davvero arrivato il momento delle donne. Abbiamo avuto una presidente del Senato, una della Corte Costituzionale. Non c’è ancora stata una presidente della Repubblica, ma arriverà.

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