Politica
Roma, crocevia di potere. E Meloni ne è perfettamente consapevole
Giorgia Meloni consolida il suo ruolo internazionale, decisa a guidare il dialogo tra Europa e USA, mentre Roma diventa il centro della diplomazia mondiale.

Ci sono momenti in cui la Storia pare riunirsi tutta in uno spazio angusto. È il caso del sagrato di San Pietro, che in questi giorni si prepara a divenire teatro di una delle più dense rappresentazioni di potere degli ultimi anni. Non è solo un rito religioso quello che si consumerà davanti alla basilica vaticana, ma una delicata coreografia diplomatica, dove ogni passo, ogni parola, ogni stretta di mano, sarà un gesto politico.
Roma accoglie leader da ogni angolo del pianeta, 170 delegazioni, in un palcoscenico che non conosce improvvisazioni. E in questo snodo strategico, Giorgia Meloni sa bene qual è il proprio ruolo.
Un’iniziativa inattesa
Si racconta che a Palazzo Chigi siano arrivate voci di un’iniziativa diplomatica portata avanti senza consultazione, un incontro tra Donald Trump e Ursula von der Leyen che si starebbe cercando di organizzare con discrezione, approfittando dell’occasione offerta dalle esequie papali. Se così fosse, si tratterebbe di un gesto che trascende le semplici relazioni protocollari: equivarrebbe a ridefinire gerarchie e centralità nella rappresentanza europea, nel cuore stesso del continente.
Non è difficile immaginare il fastidio di chi, in queste settimane, ha ricucito con pazienza relazioni internazionali e ha ottenuto udienze che altri rincorrono invano.
Il mestiere di governare
Ma la politica, quella vera, non si lascia mai sorprendere dai movimenti altrui. Chi ha l’abitudine del comando non si affanna né si scandalizza: osserva, valuta e agisce. E chi conosce i meccanismi profondi della politica estera sa che Roma non sarà mai soltanto un fondale cerimoniale. Qui si muove una diplomazia che ha saputo nei secoli mantenere l’arte del passo lento ma inesorabile.
La presidente del Consiglio, con discrezione e fermezza, non lascerà che il proprio ruolo venga ridimensionato, non dopo i successi ottenuti a Washington, non in un momento in cui l’Italia può riaffermare una funzione storica: quella di ponte tra le sponde dell’Atlantico, tra istanze popolari e visioni istituzionali.
Il futuro si gioca adesso
L’agenda internazionale si è fatta improvvisamente incandescente. Da una parte la questione commerciale con gli Stati Uniti, dall’altra la fragile tenuta dell’Europa orientale, e in mezzo un’Unione che fatica a trovare sintesi tra le sue anime. In questo scenario, l’Italia può proporsi non come arbitro, ma come facilitatore intelligente.
Il vertice UE-USA proposto a Roma non è soltanto una carta da giocare, ma un banco su cui si misura il credito politico della leadership italiana.
Lo stile che convince
Non serve alzare la voce, né inseguire le occasioni. Serve essere nel posto giusto, con il tono giusto, e la strategia giusta. In questo, la presidente del Consiglio ha mostrato una maturità crescente, una padronanza scenica che non indulge mai nella provocazione.
Nel groviglio di relazioni tra Bruxelles, Washington, Parigi e Berlino, l’Italia non si limita più a partecipare: incide. E chi pensava di poterla aggirare senza conseguenze, scoprirà che ogni scorciatoia ha un prezzo.
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