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Economia & Lavoro

Il dilemma del MES e l’Italia al bivio

L’Italia, unica in Europa a non ratificare il MES, affronta un debito enorme e una crisi demografica, con tensioni su sovranità e stabilità finanziaria.

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Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni e Matteo Salvini
Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni e Matteo Salvini (© Governo)

L’attuale dibattito politico ed economico in Italia è fortemente incentrato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), un tema che suscita discussioni accese e opinioni divergenti. L’Italia, unica nazione dell’area euro a non aver ancora ratificato il MES, si trova in una posizione delicata: il debito pubblico raggiunge livelli allarmanti e la crescita economica stagna. Questa situazione mette a rischio non solo la stabilità finanziaria del Paese ma anche quella dell’intera zona euro. Analizziamo il contesto, le implicazioni e le possibili vie d’uscita da questa intricata situazione.

Il peso schiacciante del debito

Il debito pubblico italiano ha raggiunto cifre astronomiche, posizionandosi al 140% del Prodotto Interno Lordo (PIL), ben al di sopra della media europea. Questo fardello finanziario non è solo un numero astratto ma ha conseguenze concrete sulla vita quotidiana dei cittadini e sulla capacità del governo di investire in servizi essenziali. Gli interessi sul debito assorbono una quota significativa delle risorse statali, limitando la capacità di rispondere a crisi economiche e sociali.

L’Italia è uno dei Paesi più anziani del mondo, con un tasso di natalità in costante calo e una popolazione in età lavorativa che si riduce. Questo invecchiamento demografico pone sfide significative in termini di oneri previdenziali e assistenziali, con meno lavoratori a sostegno di un numero crescente di anziani. La situazione demografica aggrava ulteriormente il quadro economico, riducendo la produttività e limitando le prospettive di crescita.

Il ruolo del MES

Il MES è stato istituito per fungere da rete di sicurezza per i Paesi dell’area euro in difficoltà finanziaria. L’idea è offrire prestiti a condizioni favorevoli per evitare default disastrosi. Tuttavia, l’accesso a questi fondi è condizionato all’adozione di politiche di austerità e riforme strutturali, spesso percepite come un duro colpo alla sovranità nazionale e al benessere dei cittadini.

Il dibattito sull’adesione al MES in Italia si concentra sulla tensione tra la sovranità nazionale e la necessità di garantire stabilità finanziaria. Da un lato, c’è la paura di perdere controllo sulle proprie politiche economiche e sociali; dall’altro, la consapevolezza che senza aiuti esterni, la situazione finanziaria potrebbe precipitare, con conseguenze devastanti per l’economia nazionale e quella europea.

La pressione europea ed internazionale

Mentre l’Italia dibatte sull’adesione al MES, la pressione internazionale cresce. I Paesi dell’area euro con finanze più solide temono le ripercussioni di un’eventuale crisi italiana sul sistema bancario e finanziario europeo. L’Unione Europea, da parte sua, spinge per una maggiore integrazione e condivisione del rischio, ma questa strada è ostacolata da divergenze politiche e dalla resistenza di alcuni Stati membri.

La soluzione alla crisi finanziaria e debitoria italiana non è né semplice né immediata. Richiede un mix di responsabilità fiscale, riforme strutturali, investimenti in crescita e produttività, e forse un ripensamento del ruolo e delle politiche dell’Unione Europea. L’adesione al MES potrebbe essere un passo in questa direzione, ma deve essere accompagnata da una strategia più ampia e a lungo termine.

L’Italia si trova a un bivio critico. Le decisioni prese oggi avranno un impatto profondo sul futuro economico e sociale del Paese. L’adesione al MES, con tutte le sue implicazioni, è solo una parte di un puzzle molto più complesso che include la gestione del debito, la demografia, la crescita economica e il ruolo dell’Italia in Europa. La strada verso la stabilità e la prosperità è irta di sfide, ma anche ricca di opportunità. Sarà la saggezza e la lungimiranza dei leader italiani a determinare il percorso che il Paese intraprenderà.

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2 Commenti

1 Commento

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    Dino fortunato Domenico Caliman

    24 Dicembre 2023 at 15:15

    La storia si ripete ma repetita iuvant
    Puntualmente si è riproposta la stessa situazione del Fondo Salva Stati,di cui il MES è una evoluzione, all’ epoca del governo Berlusconi e della crisi greca.
    In seguito alla crisi dei sub- prime americani , che erano il mezzo con cui gli Usa esportavano la loro inflazione in tutto il mondo,il contagio della loro crisi finanziaria minacciò di investire le banche europee.
    Tra cui le tedesche, che si erano invischiate in questo mercato OTC non regolamentato,
    dove il rischio di controparte è una regola,
    invece di investire i soldi nell’ industria per produrre lavoro.
    In particolare quelle tedesche che,invece di prestare i soldi alle imprese,vivevano di rendita perché si erano dedicate al carry-trade ,cioè si indebitavano a tassi zero in Germania e Compravano titoli pubblici greci che rendevano il 15%,
    sfruttando l’ infelice corpo di un povero paese,
    si trovarono col cerino in mano quando la Grecia non pote’ più pagare gli interessi.
    I tedeschi obbligarono l’Italia a pagare il debito greco per salvare le banche tedesche in proporzione al suo PIL col fondo salva stati.
    Al rifiuto di Berlusconi che voleva pagare ma in proporzione alla esposizione delle banche italiane nei confronti della speculazione sulla Grecia,le banche tedesche buttarono inopinatamente sul mercato i titoli di stato italiani in loro possesso, facendo cadere il governo italiano e provocando una crisi finanziaria del nostro paese.
    La crisi italiana fu tale da prospettare un intervento della Troika .
    La cosa non andò avanti perché presto Tedeschi e Francesi si accorsero che la crisi italiana,non era localizzata come nei loro piani, stava coinvolgendo anche loro in una speculazione che era partita contro lo stesso Euro .
    Questo costrinse l’allora governatore BCE Mario Draghi a pronunciare il famoso Wathever It takes e procedere ad un programma di acquisti di titoli di stato sul mercato per sostenere l’Italia e l’Euro in generale.
    Per fortuna adesso il contesto internazionale è cambiato.
    Con la guerra ucraina l’Italia ha ripreso quel ruolo strategico per gli usa che aveva prima del crollo del muro di Berlino e pure si avvia ad essere un punto di transito del gas che arriverà in Europa dal gasdotto est- med sponsorizzato dai sionisti americani tramite Israele che è uno stato petrolifero che non ha aderito ai BRICS,per combattere il dollaro e di conseguenza gli stati alleati del G7.
    I protagonisti del governo attuale che sono gli stessi dell’ allora governo Berlusconi,non vogliono rivivere la stessa vicenda.
    La Germania e ‘ sotto schiaffo e non può rispondere con lo stesso sistema di allora,le banche tedesche si aggiusteranno con i soldi dei contribuenti tedeschi e con i dollari in fuga dai paesi del BRIKS che stanno riempiendo la borsa tedesca.
    Conclusione
    La riforma del
    MES ,per essere efficace,
    nel senso di come adesso viene prospettata da Francia e Germania , rendendo più facile la svalutazione dei titoli di stato del un paese in crisi,
    va invece finanziata emettendo titoli di stato europei.
    La Grecia,ai tempi ,per pagare le banche tedesche dimezzò le pensioni anche ai vecchi più poveri.
    Basta con la differenziazione dei tassi dei titoli di stato nazionali in Europa.
    Berlino non val bene una Mes
    Chi la fa l’ aspetti.
    Gualtiero Sans Avoir

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      Michele

      27 Dicembre 2023 at 16:43

      Mi preme aggiungere che se il 140% di debito pubblico italiano costituisce una tragedia, cosa sono i debiti di Giappone (258%), USA (122%), Francia (112%) e Germania (quando si capirà…)? Aggiungo ancora, perché Draghi (oggi) distingue debito buono da debito cattivo? E’ evidente anche ai cechi che il rigore non produce crescita e che le manovre sui debiti sono manovre prettamente politiche. Ma quanto possono ancora funzionare queste politiche?

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