Bologna
Zuppi e la tentazione della Chiesa sociologica
Matteo Maria Zuppi è tra i papabili al Soglio di Pietro, ma la Chiesa ha bisogno di tornare a parlare di Dio, non di politica. È tempo di spiritualità, non di diplomazia e consenso.

Negli ultimi giorni, mentre ancora si piange la scomparsa del Santo Padre, già si consumano manovre e pronostici intorno al prossimo Conclave. Tra i nomi che circolano con insistenza, spicca quello dell’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi. Un nome che scalda il cuore dei progressisti, conforta i fautori della “Chiesa in uscita”, e riscuote consensi nei salotti dove il Vangelo è ormai una variabile sociologica.
Ma è lecito chiedersi: è questo il momento di un Papa diplomatico, umanitario, buonista? O non sarà piuttosto il tempo di un Pontefice che riporti la Chiesa a parlare di Dio?
Il teologo dei migranti
Zuppi è uomo d’ingegno, nessuno lo nega. Conosce la liturgia, frequenta le periferie, fa da mediatore con Mosca, stringe mani e pedala in bicicletta. È il prete giusto per le fotografie giuste, quello che si vorrebbe vicino in un momento difficile. Ma anche un cardinale che ha fatto della mediazione politica la sua cifra ecclesiale, dimenticando che la Chiesa non è un’organizzazione non governativa, né un partito trasversale che risponde alle mode del tempo.
Predicare l’inclusione, l’accoglienza, il dialogo è nobile. Ma non è Vangelo se non c’è la Croce, se non si nomina Cristo, se la Verità viene contrattata per non disturbare l’opinione pubblica.
La liturgia del consenso
Il rischio è evidente. Un Papa Zuppi sarebbe la perfetta continuazione della linea bergogliana, ma con qualche sfumatura più amabile. Più sorrisi, meno rigidità sudamericana. Ma la stessa sostanza: una Chiesa sociologica, che consola le coscienze senza provocarle, che entra nei talk-show più che nei deserti spirituali.
Ci si chiede: dove finisce l’apostolo e dove inizia il burocrate del consenso? Quale spazio resta per l’annuncio, per il Mistero, per il tremendo e glorioso messaggio del cristianesimo, quando tutto è mediato dalla bontà e depurato dall’Assoluto?
Il ritorno del sacro
La Chiesa cattolica non ha bisogno di un manager delle relazioni internazionali, né di un parroco mediatico capace di benedire ogni anelito del secolo. Ha bisogno di una guida spirituale, che parli del peccato e della grazia, che apra il cielo e non solo le frontiere, che indichi Dio non come concetto, ma come presenza viva e inquietante.
La gente non scappa dalle chiese perché sono troppo rigide. Scappa perché non trova più Dio. Trova discorsi, impegni, progetti, piani pastorali. Ma la sete di infinito resta intatta e disattesa.
Il conclave e l’alternativa
Non si tratta di ostilità personale. Zuppi è un uomo colto, sensibile, rispettato. Ma non è ciò che serve alla Chiesa in questo passaggio storico. Ora serve un Papa profetico, silenzioso se necessario, capace di inginocchiarsi davanti al Mistero, non davanti ai sondaggi.
Il prossimo conclave ha una responsabilità più grande di tutte le guerre e le crisi umanitarie che il nuovo Pontefice dovrà affrontare. Ha il compito di scegliere tra una Chiesa del mondo e una Chiesa di Dio.
E da questa scelta dipenderà tutto il resto.
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Antonio
22 Aprile 2025 at 18:00
parole Sante.
Piero Cappelli Cappelli
22 Aprile 2025 at 18:02
: ma di cosa stiamo parlando? Dio non lo si trova esclusivamente nelle religioni ma lo si trova dentro l’uomo nella sua parte spirituale che alcuni chiamano anima, chi cuore. non c’è bisogno di mediazioni. Dio ci ha creato von una sua scintilla di sé dentro il ns spirito. sta a ciascuno di noi saperli fare spazio e accoglierlo (cfr M. Eckhart). la gente scappa proprio per questo perché nella chiesa non trova più il senso dell’essere cristiani ma solo cianfrusaglie di riti dove l’Eucarestia è stata così messa nellordinario tale da renderla così banalizzata e quindi mondanizzata e materializzata da de-spiritualizzarla.
Gabriella Sapori
22 Aprile 2025 at 19:59
la chiesa “di parata” comincia già a buttare il suo fango per intorbidire la grandezza di un Papa evangelico? la spiritualità che non si trasforma in azioni concrete rientra tra i tanti egoismi umani. Chi pensa e sostiene il contrario non può dirsi cristiano, perché il Cristo non è venuto per ampliare il nostro egoismo.