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Milano, il modello Boeri e la “Torre d’avorio botanica”: eleganza, cemento e qualche grattacapo giudiziario

Stefano Boeri replica con ironia alle critiche sull’inchiesta urbanistica a Milano: «Non sono un cementificatore». Difende il modello Milano e lancia un monito sulla città del futuro.

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L'architetto Stefano Boeri
L'architetto Stefano Boeri

Milano, si sa, è la città dove tutto accade prima, più in fretta e con più cemento. Ma attenzione: non chiamatelo “cementificatore”. Ce lo ricorda con tono garbato e post chilometrico su Facebook l’archistar Stefano Boeri, il cui nome è ora associato all’inchiesta urbanistica che ha investito Palazzo Marino e il sindaco Beppe Sala.

Già indagato in passato, oggi Boeri torna sulla scena – non in cantiere ma nei faldoni della magistratura – per chiarire che no, lui non costruisce palazzi: coltiva visioni. E lo fa con quel tocco di lirismo istituzionale che solo chi ha frequentato la Scuola Normale può permettersi:

“Sono un architetto, non un cementificatore. Amo Milano e ho fiducia nella magistratura.”

Insomma, Boeri è un po’ come un Michelangelo messo sotto accusa per aver intonacato troppo bene la Cappella Sistina.

Il modello Milano, tra skyline e cortocircuiti

Nel suo accorato j’accuse social, l’architetto difende il “modello Milano”, quell’approccio iper-efficiente e glam alla trasformazione urbana, che negli ultimi vent’anni ha reso la città una calamita per investimenti, giovani startupper e anziani molto agiati.

E proprio lì sta il punto:

“Milano rischia di diventare una metropoli di anziani agiati”, dice Boeri. Una frase che potrebbe finire su una t-shirt da indossare in Porta Nuova mentre si sorseggia uno spritz botanico a 14 euro.

La Torre Botanica e il “warning” mal interpretato

Al centro dello scontro, la famigerata “Torre Botanica”, un progetto visionario bocciato – secondo Boeri – da una Commissione Paesaggio “più paesaggistica che paesata”. A Sala avrebbe lanciato un “warning”, che però qualcuno ha letto come una minaccia. Ma tranquilli, assicura:

“Era solo un vivo allarme.” Perché nulla fa più paura, in effetti, di un architetto milanese allarmato.

Inchieste, reputazione e comunicazione selettiva

Boeri lamenta di essere stato tagliato e montato peggio di un rendering di periferia: frammenti di messaggi decontestualizzati, pezzi di dichiarazioni smontate come Lego dopo un terremoto. E allora, via col post chilometrico, perché quando non ci si fida dei media, ci si affida all’unico algoritmo affidabile: quello di Meta.

Epilogo: l’Italia tra cemento e ideali

In un Paese dove si invoca la semplificazione burocratica e si costruisce un ponte ogni legislatura (poi si inaugura due volte), la figura di Boeri appare come il prototipo dell’intellettuale-costruttore: colto, raffinato, ma con la betoniera sempre accesa.

E allora sì, caro architetto, continui pure a costruire. Ma ci lasci almeno ironizzare. Perché in un Paese che cementifica tutto, l’ironia è l’ultimo spazio verde rimasto.

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