Seguici su

Opinioni

Davide Barillari: «Vi racconto il mio esposto che ha incastrato Zingaretti»

Al DiariodelWeb.it l’ex consigliere regionale Davide Barillari, dal cui esposto è nata l’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio di quattro collaboratori di Nicola Zingaretti

Fabrizio Corgnati

Pubblicato

il

L'ex presidente del Lazio e segretario del Pd, Nicola Zingaretti, con l'attuale segretario Elly Schlein (© Fotogramma)

È degli ultimi giorni la richiesta di rinvio a giudizio, presentata dal sostituto procuratore di Roma Carlo Villani, nei confronti di quattro ex collaboratori di Nicola Zingaretti. L’accusa è di falso: secondo i magistrati avrebbero giustificato l’assenza dell’allora governatore del Lazio dal consiglio regionale adducendo «impegni istituzionali», quando in alcuni casi invece stava partecipando a eventi del Partito democratico, di cui all’epoca era segretario. Una bella tegola sulla testa dell’attuale parlamentare e probabile capolista nella zona Centro alle elezioni europee. Ma da dove nasce quest’inchiesta? Dall’esposto di Davide Barillari, ex consigliere regionale, che il DiariodelWeb.it ha ascoltato in quest’intervista.

Davide Barillari, come è giunto alla decisione di presentare un esposto contro Nicola Zingaretti?
Entrando nelle dinamiche interne alla politica ho capito che molti rappresentanti dell’opposizione hanno l’unico fine di ottenere visibilità o di ascoltare la propria voce. Sparano annunci, fanno il grande discorso in aula, poi escono dall’aula abbracciandosi o stringendosi la mano e tutto finisce lì. Secondo me, invece, ci sono fatti gravi di fronte ai quali la denuncia politica non basta: bisogna portarle di fronte all’autorità giudiziaria.

Lei lo ha fatto. Ma, di preciso, che cosa ha scoperto?
Che diceva una cosa e ne faceva un’altra. Non si limitava a non venire in aula, magari perché non gli interessava, ma sosteneva di essere assente per motivi istituzionali che però non trovavano riscontro. E qui la questione assume una rilevanza che non è più solamente politica. In realtà i fatti erano già evidenti a tutti, infatti mi sono stupito che nessun altro abbia portato avanti azioni concrete.

Come mai il presidente non si limitava a dichiarare la sua assenza?
Temo che trattasse il consiglio regionale come un’inutile perdita di tempo. In aula, dove in teoria avrebbe dovuto rendere conto, spesso lo vedevo svogliato, annoiato o distratto con il telefonino in mano. Negli ultimi anni del suo mandato, poi, ha iniziato a presentarsi sempre di meno.

Forse era anche concentrato sulla sua parallela attività di segretario nazionale del Pd, infatti in molti dei casi che ha denunciato Zingaretti disertava il consiglio per fare campagna elettorale di partito in giro per l’Italia.</s
Pensava alla sua carriera politica, alla candidatura al parlamento. Ho l’impressione che per lui la presidenza della regione fosse solo un passaggio. E anche antipatico, perché in aula noi gli facevamo le pulci e sottolineavamo che cosa non funzionava. Al contrario dei suoi accoliti, sempre proni a fargli i complimenti e a battergli le mani.

Si aspettava che l’indagine andasse avanti e si arrivasse ai rinvii a giudizio?
No, ormai ho perso completamente fiducia nella giustizia. In questi anni ho sporto tante denunce ma, quando di mezzo c’è un politico, il giudice ci pensa sempre due volte. In Italia la magistratura non è stata mai neutrale e non ha voluto contrastare il potere, se non in pochissimi casi. Non si contano i misteri e gli scandali rimasti senza colpevole.

Quindi si meritano un plauso i magistrati che hanno rinviato a giudizio quattro collaboratori di Zingaretti. L’ex presidente, però, non è nemmeno indagato.
E come mai? I suoi collaboratori erano quelli che mettevano il timbro, ma era lui a trarne vantaggio. Mi sembra la conferma che la giustizia prende i pesci piccoli e chiude gli occhi di fronte ai grandi.

Che conseguenza politica dovrebbe trarre Zingaretti?
Io ho chiesto le sue dimissioni, ma mi aspetto che almeno chieda scusa. Ricordo che alcuni provvedimenti, compreso il bilancio regionale, sono passati solo per quell’unico voto falso, che ha permesso alla regione di stare in piedi. Comunque non mi illudo che ci siano conseguenze politiche: ormai mentire non viene più considerato un fatto importante.

Lei non si limita a puntare il dito contro Zingaretti, ma parla di un più generale «sistema di potere e di connivenze». A cosa si riferisce?
A coloro che hanno gestito questa regione e ancora la gestisce, dalla sinistra alla destra. Ci sono interessi molto forti, nel business dei rifiuti, degli inceneritori, delle discariche, della sanità privata, a cui la politica ha sempre stretto l’occhio. E Zingaretti ha rappresentato molto bene questo sistema, fondato sulle tessere del partito, sulle amicizie, non certo sul merito.

Anche dopo il suo avvicendamento con Rocca la musica non è cambiata?
Molte persone, il cui potere è così ampio da scavalcare i singoli partiti, rimangono; altre vengono sostituite con lo spoils system. Cambiano gli interpreti, ma il sistema rimane sempre in piedi.

Come possono fare i cittadini a opporvisi?
Vale lo stesso discorso che si fa con la mafia, che in questo Paese prospera in virtù della connivenza, del silenzio, dell’omertà, del fatto che a molti sta bene così. Finché i cittadini non si riprendono in mano la partecipazione, o non potranno entrare nelle istituzioni attraverso nuove forme di democrazia, avremo sempre rappresentanti che vengono eletti e che cambiano partito nell’indifferenza generale.

Continua a leggere le notizie di DiariodelWeb.it e segui la nostra pagina Facebook

Clicca per commentare

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *