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Opinioni

Maria Cammarota: «Nessuna preoccupazione sul Pnrr, i lavori procedono»

Il DiariodelWeb.it fa chiarezza sullo stato dell’arte del famigerato Pnrr con Maria Cammarota, direttore generale di Assinter Italia, la rete delle società in-house

Fabrizio Corgnati

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Il commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, con il ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto (Fotogramma)

Sono settimane calde sull’asse Roma Bruxelles per le trattative sul Pnrr. La commissione dell’Unione europea sta ancora valutando la richiesta dell’Italia per finanziare la terza rata, bloccata fin da gennaio, e ancor più perplessità sembrano addensarsi sulla prossima, quella che scade a giugno. I consulenti di Ursula von der Leyen hanno manifestato non poche perplessità sui ritardi nei lavori rispetto alle scadenze iniziali, alle quali il governo sta rispondendo attraverso il ministro Raffaele Fitto. Il DiariodelWeb.it ha fatto il punto sullo stato dell’arte in quest’intervista a Maria Cammarota, direttore generale di Assinter Italia, la rete delle società in-house per la trasformazione digitale della pubblica amministrazione.

Dottoressa Maria Cammarota, che visione avete rispetto al Pnrr?
Quella di integrare le specificità territoriali con un disegno nazionale. Cioè la massima condivisione e inclusione delle scelte tecnologiche, che poi vengono rifinite a livello centrale. Ora, finalmente, si vede un vero confronto.

In che senso?
Noi, come in house territoriali, rappresentiamo Regioni, Comuni, Città metropolitane, e raccogliamo le necessità del territorio. Chi più di noi conosce le problematiche per una vera innovazione? Chi più di noi conosce le esigenze del cittadino, del paziente, dell’impresa, del professionista che vive la città, deve lavorare, deve muoversi?

Dal territorio che richieste arrivano?
Dipende dal territorio. Alcuni hanno già portato avanti molte progettualità, con maggiore semplificazione amministrativa, servizi digitali che funzionano; altri, purtroppo, sono molto indietro. Se non raccogliamo anche questi ultimi, non faremo bene il nostro mestiere per il sistema Paese.

Stiamo parlando dell’annoso divario tra Nord e Sud?
Ma, le assicuro, anche di Est-Ovest, molto diversi tra loro. Queste problematiche le conosciamo noi che stiamo sul territorio.

Serve attenzione alle complessità locali per pensare a soluzioni adeguate?
Assolutamente sì. A partire dalle competenze, perché non va bene che ci sia un gap così alto. Anche la consapevolezza stessa dell’importanza dell’innovazione è fondamentale. Noi stiamo lavorando per questo: affinché ci sia un’interoperabilità dei servizi.

Ci spieghi meglio.
Si parla tanto del fascicolo sanitario elettronico: il cittadino deve poter avere a disposizione la propria storia clinica dovunque vada, dalla Calabria alla Lombardia, dal Piemonte al Lazio. Se vogliamo far sì che questo funzioni, devo fare in modo che tutto il territorio sia innovato.

Che parli la stessa lingua digitale.
Certo, che ci sia omogeneità. Noi, come Assinter, portiamo avanti tanti tavoli di lavoro per standardizzare le scelte tecnico-tecnologiche. Se non c’è la stessa semantica non ci si parlerà mai, quindi rimarranno delle aree felici e altre meno. Oggi come oggi questo non ce lo possiamo permettere.

Il Pnrr è un’occasione imperdibile in questo senso.
Sappiamo benissimo che ha stanziato moltissime risorse per il rilancio del Sud e che vuole colmare il gap con il Nord. Se non approfittiamo adesso che abbiamo qualche soldo in più da spendere…

Questo governo inizia ad ascoltare di più i territori?
Assolutamente sì. C’è stato un cambio di passo notevolissimo in tal senso. Ora l’approccio è bottom-up, si costruisce dal basso, da dove accadono le cose, dove ci sono i problemi, i desideri e le progettualità in corso. Si definiscono le soluzioni ma poi si valuta se possano essere adattate ai contesti locali. La visione top-down, dall’alto, può anche essere studiata e adottata bene in alcuni posti, ma si adatta male.

Si parla tanto dei timori per l’interlocuzione in corso con l’Europa riguardo la terza e soprattutto la quarta rata. Voi siete preoccupati?
Secondo me non dobbiamo essere preoccupati. Vedo che le progettualità e le attività stanno andando avanti, poi è normale che l’informatica richieda un adattamento continuo a ciò che accade. In questo campo è molto arduo scrivere piani di quattro anni, come se fossero scolpiti sulla pietra: alcuni elementi vanno sempre rivisti.

Insomma, serve flessibilità a Roma ma anche a Bruxelles?
Sì. Una certa flessibilità progettuale ci dev’essere, ovviamente sempre onorando i patti e raggiungendo le milestone che sono state concordate con l’Europa. In genere si parla di progetti a scorrimento variabile, nel senso che man mano che passa il tempo si può pianificare sempre meglio.

Ci si interfaccia con la realtà e si scoprono anche aspetti che inizialmente non si erano previsti.
Infatti. Noi siamo project manager, non siamo mago Merlino. E questo non riguarda soltanto il settore dell’innovazione, ma anche quello delle infrastrutture, dell’edilizia, dell’energia. Inconvenienti o imprevisti si possono sempre verificare, ma vanno gestiti. E siamo qui per questo.

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