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Opinioni

Mario Agostinelli: «Il vertice Nato di Vilnius ha peggiorato la situazione»

Al DiariodelWeb.it l’analisi di Mario Agostinelli, già esponente politico e ricercatore, sulla strategia della Nato nella guerra in Ucraina dopo il summit di Vilnius

Fabrizio Corgnati

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Zelensky e Biden a Vilnius (© Agenzia Fotogramma)
Il presidente degli Usa, Joe Biden, e quello dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, al vertice Nato di Vilnius (© Fotogramma)

Il vertice della Nato tenutosi la scorsa settimana a Vilnius ha sancito un rilancio della strategia, trainata dagli Stati Uniti, che punta tutto sulla vittoria finale dell’Ucraina nella guerra contro la Russia. Una visione non solo probabilmente irrealistica, ma soprattutto molto pericolosa. Il DiariodelWeb.it ne ha discusso con Mario Agostinelli, già esponente politico e ricercatore, oggi presidente dell’Associazione Laudato si’.

Mario Agostinelli, che impressione ha tratto dall’ultimo vertice Nato?
Che stiamo correndo velocemente verso il baratro, per usare un’espressione retorica. Quello che è stato definito un successo storico mi sembra un passaggio di fase molto pericoloso. La situazione, dopo il vertice di Vilnius, è peggiorata.

Come mai dice questo?
Perché, nei fatti, l’Occidente si compatta e non tiene conto del fatto che entriamo in una fase multipolare. Quella che esce da Vilnius è una visione da post-guerra fredda, che ritengo molto pericolosa.

Con l’ingresso della Svezia si continua l’accerchiamento della Russia.
E l’ulteriore obiettivo è l’accerchiamento della Cina. Mi ha colpito la presenza a Vilnius non solo del contendente Zelensky, a cui si è portato solidarietà, ma addirittura delle Filippine e del Giappone. Una presenza informale ma che ha un grande significato sul piano geopolitico.

Quale?
Che la Nato si dà come compito la definizione di un assetto unilaterale, in cui un blocco cerca la supremazia definitiva sugli altri, che a mio avviso non ha alcun senso. Interi continenti, oltre il 40% della popolazione mondiale, subisce gli effetti della guerra in Ucraina, in termini di forniture di grano, clima, inflazione o insicurezza, senza nemmeno parteciparvi.

Quantomeno si è avuto il buonsenso di congelare l’ingresso dell’Ucraina nella Nato.
A cui hanno fatto seguire, però, un’intensificazione dell’appoggio armato. È un modello che preoccupa anche buona parte dell’establishment democratico negli Stati Uniti. Si punta tutto sulla vittoria militare.

Ma come si può pensare a una vittoria strategica su una potenza nucleare come la Russia?
Proprio questo è il problema. La sottovalutazione dell’aspetto nucleare, reso ormai possibile da questa fase. Mi stupisce che i consiglieri di Biden convengano che si possa sfidare questo spettro. Nell’ultima strategia di difesa americana si prevede che, a fronte di una minaccia acclarata, anche non già realizzata, si possa assestare il primo colpo, il «first strike». Questo non era mai successo prima.

Quale sarebbe la via d’uscita da adottare?
La risposta all’aggressione di Putin, che è stata indubbiamente il fattore scatenante della guerra, non può essere questa. La strategia dev’essere quella di negoziare, assolutamente e il più presto possibile, perché c’è il rischio che poi la porta resti sbarrata. La ricerca della pace non è assolutamente un’utopia, ma un’analisi della situazione, per arrivare alla riforma dei rapporti nel mondo. Pensiamo all’Iran che fa la pace con l’Arabia.

Gli Usa fanno il loro interesse, ma la posizione dell’Europa e dell’Italia a traino di Washington ha senso?
È totalmente sbagliata. E dire che la Meloni, con la sua storia, sembra più che altro atlantista di facciata, sta al gioco. L’Europa era nata non solo per ricollocare le tensioni interne, ma anche per superare l’atteggiamento neocoloniale, un rapporto con il mondo in cui la civiltà occidentale faceva da punto di riferimento dello sviluppo sociale. Il modello armato non regge più, perché cosa ne sanno dell’Indonesia, del Brasile, del Sudafrica, dell’India o della Cina?

Qual è il rischio a cui andiamo incontro?
Una fase di confusione che, se non viene fermata in tempo, può portare a mio giudizio a qualcosa di irreversibile. C’è la concomitanza dell’emergenza nucleare con quella climatica, e una rafforza l’altra. L’espressione «terza guerra mondiale» non mi sembra neanche giusta, mi sembra quasi la prima guerra globale. Che dobbiamo assolutamente evitare.

E l’Onu?
Probabilmente dovrebbe prendere atto che non è più in grado di sostenere una situazione come questa. Non si può più mantenere un parlamento delle Nazioni unite che non riesce a intervenire.

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