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Opinioni

Matteo Milanesi: «Il vero pericolo per l’Occidente non è la Russia, ma la Cina»

Il giornalista Matteo Milanesi lancia ai microfoni del DiariodelWeb.it l’avvertimento contro Pechino contenuto nel suo ultimo libro «Sotto l’ombra del Dragone»

Fabrizio Corgnati

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Il presidente della Cina, Xi Jinping (© Fotogramma)

Mentre l’Occidente è impegnato nella guerra contro la Russia, paradossalmente rischia di sottovalutare un nemico ancor più influente e rischioso: la Cina. Quella stessa potenza che si sta proponendo nel controverso ruolo di mediatrice per una trattativa in Ucraina. È l’avvertimento che il giornalista Matteo Milanesi lancia nel suo ultimo libro «Sotto l’ombra del Dragone. L’ascesa della Cina e l’inizio della nuova Guerra fredda», edito da Porto Seguro, come racconta ai microfoni del DiariodelWeb.it.

Matteo Milanesi, il vero pericolo per l’Occidente non è la Russia, bensì la Cina?
Sì, per una ragione fondamentale. Negli ultimi decenni la Russia, a livello economico, non può più competere con gli Stati Uniti e l’Unione europea. Dall’altra parte, è in fortissimo ritardo anche nello sviluppo delle tecnologie.

A differenza della Cina.
Che oggi le tecnologie le ha in mano, anche per quanto riguarda le terre rare. Soprattutto, l’impero cinese è stato in grado, nell’arco di soli quarant’anni, di diventare da uno degli Stati più poveri al mondo alla prima superpotenza globale, al pari degli Usa. La Cina è ancor più pericolosa anche per il ruolo di terzietà che si sta ritagliando.

Vista così è difficile pensare che possa essere seriamente considerata un mediatore per la pace in Ucraina.
L’obiettivo di Xi Jinping, in realtà, non è quello di fare da paciere, ma piuttosto di presentarsi in una posizione di ambiguità. In questo modo Washington non può attaccarlo direttamente con le sanzioni, mentre allo stesso tempo la Cina cerca di avvicinare la potenza militare russa. È vero che la Russia non è mai stata un concorrente economico per gli Usa, ma resta il Paese con più testate atomiche a livello globale. In un’eventuale futura unificazione con Taiwan, l’alleanza bellica con Mosca potrebbe fare comodo a Pechino.

Per questo motivo lei sostiene che Taiwan rischia di essere la nuova Ucraina?
Sì, con effetti ancora più gravi. L’Occidente è totalmente subordinato alla produzione tecnologica taiwanese: il 65% dei microchip all’interno dei nostri pc, smarthphone, automobili sono prodotti lì. A oggi Taiwan è uno Stato filo-occidentale, sull’orlo dell’atlantismo. Un’eventuale occupazione cinese permetterebbe a Xi di mettere le mani su tutta la produzione di semiconduttori per l’Occidente. E sostanzialmente potrebbe verificarsi la stessa situazione che abbiamo vissuto con il gas russo.

Insomma, con un’eventuale alleanza tra Xi Jinping e Putin ci troveremmo succubi su due fronti.
Bisogna vedere se si può parlare di vera alleanza. I rapporti tra Russia e Cina non sono mai stati idilliaci, anzi ci sono sempre state fortissime tensioni, anche durante la Guerra fredda. Secondo me Putin non accetterà mai fino in fondo di essere relegato a potenza secondaria, a margine della Cina. E questo, in un’ottica di lungo termine, può rivelarsi decisivo.

Lei sottolinea come lo scontro non sia solo geopolitico ed economico, bensì prima di tutto valoriale. Dunque, per non soccombere, l’Occidente deve prima di tutto riscoprire i propri valori fondanti?
Esatto. La democrazia è ciò che differenzia gli italiani, gli europei, gli americani rispetto ai russi e ai cinesi. Dobbiamo riscoprire ciò che noi chiamiamo Occidente.

La nostra identità.
Infatti. Quei sani principi di libertà che la Cina, nonostante la sua potenza tecnologica, non rispetta. Da lì dovremmo ripartire. Purtroppo questi valori non sono totalmente condivisi nella nostra società: ci sono pericolose ondate di cultura della cancellazione che dilagano, soprattutto nelle università e scuole statunitensi. Questo è il principale assist che facciamo a Xi Jinping: la sua idea di trovarsi di fronte a un avversario in totale declino non solo economico, ma anche sociale.

La mossa del governo Meloni di spostare la portaerei Cavour nel Pacifico va letta come una netta presa di posizione contro la Cina?
Sì, all’interno delle politiche estere decise congiuntamente alla Nato. Non possiamo stare il lunedì con gli Stati Uniti, il martedì con la Cina e il mercoledì con la Russia, come hanno fatto alcuni precedenti governi italiani. Secondo me la Meloni, sotto questo profilo, è stata chiara fin dall’inizio, con una posizione atlantista, americana, occidentale che condivido. All’interno dell’alleanza cerca di ritagliarsi un ruolo, sempre in chiave anti-russa e anti-cinese.

Lei sostiene anche che l’incriminazione a Trump finirà, in realtà, per fargli un favore.
Pensiamo a quanto successe a fine anni ’90 a Clinton, con la caduta dell’impeachment per la relazione con la stagista. L’effetto nell’opinione pubblica fu l’aumento del suo consenso nei sondaggi politici. Penso che questo potrebbe verificarsi anche per Trump, a un anno di distanza dalle prossime presidenziali.

In che senso?
Le accuse nei suoi confronti sono molto deboli: il procuratore, dichiaratamente democratico, gli contesta un reato minore, un presunto illecito nei finanziamenti della campagna elettorale. In caso di eventuale assoluzione, la strada per lui sarebbe spianata: non dico per le presidenziali, ma certamente per il consenso politico.

Se alla Casa bianca tornasse Trump potremmo prevedere un cambio di passo nello scontro con la Cina?
Ricordiamo che Trump guardò sempre con diffidenza alla Cina: fu tra i primi presidenti a imporre severi dazi nei confronti delle merci cinesi, che poi Biden ha mantenuto quasi totalmente. Anche la squadra repubblicana alla Casa bianca, negli scorsi quattro anni, aveva perfettamente evidenziato il pericolo cinese, come stanno facendo ora i democratici. Forse questo è l’unico filo conduttore tra i due partiti. L’anti-cinesità mi sembra un pilastro fondante della società americana. Vedremo se si riproporrà anche nella prossima amministrazione, di qualunque colore essa sia.

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1 Commento

1 Commento

  1. Avatar

    Eernesto Cremonesi

    7 Aprile 2023 at 23:26

    COME SI FA A CHIAMARE DEMOCRAZIA LO STATTO DI GOVERNO CHE ABBIAMO IN UROPA. NON MI SEMBRA UNA GIUSTA PROPOSIZIONE, VISTO CHE CHE NON ESISTE NESSUNA POSSIBILITA’ DI UNA LIBERA ESPRESSIONE DI PENSIERO! IN OCCIDENTE ABBIAMO IL PILOTA AUTOMATICO! QUESTO SIGNORE NON ESPRIME UNA GIUSTA VISIONE DELLA REALTA’! HA VOLUTO ASSIMILARE LA CINA E LA RUSSIA CON LO STESSO CONCETTO DI PAESI DIVERSAMENTE DEMOCRATICI, QUESTO E’ UNO SBAGLIO MICIDIALE; CONFONDERE LA SITUAZIONE CINESE CON QUELLA RUSSA! LA CINA E’ UMA REALTA’ COMPLETAMENTE DIVERSA DALLA RUSSIA. LA RUSSIA ORA E’ NONOSTANTE UN DIVERSO ASSETTO COSTTITUZIONALE SI AVVICINA MOLTISSIMO ALL’OCCIDENTE!!!!

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