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Opinioni

Musso: «L’invio delle armi in Ucraina è un atto illegittimo ed eversivo»

L’avvocato Lillo Massimiliano Musso spiega al DiariodelWeb.it come il governo italiano gestisca la guerra in Ucraina, così come la pandemia, al di fuori del dettato costituzionale

Fabrizio Corgnati

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Mario Draghi
Mario Draghi, Presidente del Consiglio italiano (© Palazzo Chigi / Filippo Attili)

Esattamente come la gestione della pandemia da coronavirus, anche quella del conflitto in Ucraina da parte del governo italiano suscita molti dubbi sotto il profilo della legittimità giuridica e costituzionale. È quanto ha evidenziato, ai microfoni del DiariodelWeb.it, l’avvocato Lillo Massimiliano Musso, esponente dei Mille avvocati per la Costituzione e del movimento Forza del popolo. Che si è spinto al punto di sporgere una denuncia contro il governo all’Antimafia, quella che lui stesso chiama la «nuova Norimberga».

Avvocato Lillo Massimiliano Musso, dopo aver imposto lo stato d’emergenza sotto la pandemia con modalità giuridicamente discutibili, ora il governo italiano si ha fatto lo stesso anche per l’entrata in guerra?
Il governo Draghi ha già coinvolto l’Italia in guerra e Le spiego come. Innanzitutto, ha adoperato lo stesso schema del governo Conte bis per acquisire poteri straordinari e superare il ruolo del parlamento. Conte dichiarò l’emergenza sanitaria per gli effetti previsti dal codice di protezione civile. Cioé legittimò (in apparenza) la deroga dell’ordinamento giuridico, poiché agli eventi straordinari sono susseguiti poteri straordinari: fuori, appunto, dall’ordinamento «ordinario» secondo le forme stabilite e i limiti previsti dalla Costituzione. La dichiarazione d’emergenza è stata posta alla base giuridica dei successivi Dpcm e decreti legge, mentre le ordinanze di protezione civile hanno sospeso le leggi vigenti.

Draghi ha seguito la medesima strada?
Il governo Draghi sta facendo altrettanto. Con delibera del Consiglio dei ministri del 25 febbraio 2022 ha dichiarato lo stato di emergenza per intervento all’estero in conseguenza del grave contesto emergenziale in atto in Ucraina ed ha previsto un termine di tre mesi. Tuttavia, tre giorni dopo ha prorogato il termine fino al 31 dicembre 2022, a conferma che ci troviamo innanzi ad eventi programmati e non inattesi ed emergenziali. Mentre la l’emergenza sanitaria si fondava su una dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanità, la dichiarazione di emergenza bellica si fonda esclusivamente sulla proposta del presidente del Consiglio Draghi Mario. Tengo a precisare che le dichiarazioni dell’Oms e le risoluzioni del parlamento dell’Unione europea e dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, non implicano un adeguamento automatico della legislazione nazionale, men che meno dell’attività di governo, che deve rispondere soltanto al parlamento: nell’ordinamento interno di uno Stato sovrano sono pareri non necessari e non vincolanti.

In questo caso sembra proprio che non sia stato così.
Questo ci rivela l’effettiva linea di comando in Italia che origina in sede sovranazionale, a cui il governo italiano ha aderito e aderisce senza promuovere alcun dibattito parlamentare. Anzi, all’insaputa anche dell’opinione pubblica, disertando le convocazioni nelle aule parlamentari e distraendo la popolazione, che risulta infine informata solo davanti al fatto compiuto. La limitazione della sovranità nazionale, pur prevista dall’articolo 11 della Costituzione, non consiste nella cessione tout court della sovranità medesima e deve comunque rispondere ai fini della giustizia e della pace, in condizioni di parità con gli altri stati. A ben guardare, invece, le organizzazioni internazionali, da decenni in mano alla governance di gruppi privati elitari ed elitaristi, hanno usurpato il ruolo di definire l’azione dei governi nazionali, in vista di un governo unico mondiale.

Quindi l’Italia è tecnicamente già in guerra?
Draghi Mario, in applicazione di un’agenda politica globalista, ci ha letteralmente trascinati in guerra: a nostra insaputa, diranno un giorno milioni di italiani che ancora non lo hanno capito. Perché per i trattati internazionali chi dà sostegno militare ad uno Stato in guerra, così avvantaggiandolo, è definito come nemico dello Stato schierato sul fronte opposto. Con l’invio delle armi, oltre alle dichiarazioni di un improbabile ministro degli esteri che ha definito un capo di un potente stato estero con il termine «animale», alle pericolose dichiarazioni del presidente del Consiglio rese in parlamento e in giro per il mondo, alle sanzioni economiche che si ritorcono contro il popolo italiano, l’Italia agli occhi del mondo si è schierata dalla parte dell’Ucraina. Tanto che il governo russo ha annoverato il nostro Paese tra gli stati ostili, che è la premessa per un nostro coinvolgimento diretto nel conflitto. Ai sensi dei trattati bellici internazionali, l’Italia è già da marzo 2022 tecnicamente in guerra.

L’invio delle armi in Ucraina è un atto legalmente legittimo?
No. Si tratta di un atto illegittimo ed è più gravemente, alla lettera, un atto eversivo. L’articolo 78 della Costituzione stabilisce che le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al governo i poteri necessari. Al contrario, il governo Draghi ha estromesso il parlamento ed ha deciso tutto da solo, seguendo platealmente l’agenda di un capo di stato estero, che è Joe Biden, da cui Draghi si è recato mentre i leader politici suoi alleati chiedevano di riferire in parlamento. Se ne sono accorti anche alcuni capi partito che sostengono il governo Draghi, come Giuseppe Conte e Pierluigi Bersani, incapaci tuttavia di provocare la crisi di governo e di promuoverne la sfiducia.

E la posizione della Nato?
L’articolo 5 del trattato istitutivo della Nato, il famoso Patto atlantico, non consente di legittimare un intervento attivo dell’Italia secondo gli impegni di «difesa collettiva», perché l’Ucraina non fa parte dell’alleanza. Ecco, quindi, la chiave di lettura sulle ragioni per cui si preme per il suo ingresso, come per quello della Svezia e della Finlandia, mentre ad oggi la Nato non può intervenire direttamente nel conflitto senza violare il diritto internazionale. Nemmeno, come ho detto, la risoluzione europea del 1° marzo 2022 può sopperire alla carenza assoluta di legittimazione del governo Draghi, perché le risoluzioni, per quanto autorevoli, nell’ordinamento giuridico si pongono come mere proposte di soluzione di un problema e non hanno alcuna efficacia di legge né impongono adeguamenti più o meno automatici della legislazione nazionale.

Qual è il suo giudizio sull’operato di Mario Draghi da capo del governo?
Draghi Mario è fondamentalmente un eversore dell’ordine democratico. Ha di fatto usurpato, in continuità con chi lo ha preceduto, le funzioni del parlamento, ricorrendo al voto di fiducia ben 51 volte in un anno. Ha snaturato la Repubblica parlamentare, al punto da indurre l’uomo forte della Lega, Giancarlo Giorgetti, a parlare di Draghi come depositario de facto di una nuova forma di governo, indicata come semipresidenzialismo.

Con quali conseguenze?
I frutti del governo sono sotto gli occhi di tutti. Nemmeno gli osservatori schierati a suo favore riescono a non far passare l’evidenza di un momento grave della nazione e di serie difficoltà per il popolo italiano: frustrazione delle basilari libertà personali e sociali, annichilimento dei diritti fondamentali, discriminazione legalizzata con pass e prassi illegittimi sul piano costituzionale, comunicazione istituzionale sovrapponibile con le dichiarazioni tipicamente attribuite a terroristi con irresponsabile evocazione di morte e di dolore e promesse di persecuzioni per chi non si allinea, impennata dei costi dell’energia e del cibo, crollo economico e reddituale, dilagare di corruzione, crimine e delinquenza, e, infine, la guerra. È palese che siamo davanti ad un governo che non fa gli interessi degli italiani e che sta raggiungendo precisamente gli obiettivi programmati scientificamente.

Un quadro ben poco rassicurante.
Con Draghi, che Cossiga definì «vile affarista» al soldo di un sistema internazionale nemico dei popoli, siamo stati commissariati per ritornare ad essere, in chiave moderna, la Magna Grecia. Cioè la prossima Grecia, con l’estensione al popolo italiano delle misure di austerity applicate al popolo ellenico, sul falso pretesto di dovere abbattere l’immorale ed inestinguibile debito pubblico, cagionato a sua volta da una vera e propria truffa a scapito delle nazioni.

Lei ha sostenuto che il premier andrebbe sfiduciato in parlamento. Ci sono delle forze politiche disposte a compiere questo passo?
A parole sì, nei fatti no. L’onorevole Sara Cunial, per quanto determinata, non è in grado di condurre una battaglia ove siano necessarie competenze specifiche che non ha. La sua formazione, peraltro, è asciutta di visione politica complessiva e di concrete capacità organizzative ed esecutive. Gli altri parlamentari sembrano non avere nemmeno l’idea di come muoversi e da dove cominciare. Questo è il risultato del populismo che ha portato in parlamento rappresentanti inadeguati, senza cognizione dei fatti, né concrete capacità politiche, né conoscenze e competenze giuridiche, amministrative, burocratiche. La politica social ha fallito ed è documentato anche dal profilo bassissimo di quegli esponenti sedicenti antisistema, che misurano il successo delle proprie azioni sulle visualizzazioni di un video e non sul concreto e necessario risultato ragionevolmente conseguibile.

Contro queste violazioni lei ha annunciato di voler promuovere una «nuova Norimberga». Di cosa si tratta?

Di una denuncia penale di cui sono estensore nell’ambito dei lavori di Mille avvocati per la Costituzione, collegio difensivo nazionale delle libertà costituzionali. L’ho presentata personalmente a Roma negli uffici della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, voluta da Giovanni Falcone come super procura per contrastare il super crimine. Si tratta di una denuncia dettagliata contro il governo Draghi per eversione dell’ordine democratico e dell’ordinamento costituzionale, per gli effetti degli articoli 270, 270 bis, 270 sexies e 287 del codice penale. Ma è soprattutto un’operazione culturale a cui si è accompagnata una petizione che ha raccolto in meno di un mese più di 300 mila firme.

Insomma, sta iniziando ad ottenere qualche risultato concreto?
Secondo le statistiche che abbiamo esaminato, avrebbero letto la Nuova Norimberga almeno tre milioni di italiani, tra cui quasi tutti i magistrati italiani. Alcuni osservatori mi hanno fatto notare che non sarebbe peregrino pensare che questa denuncia abbia ispirato quei molti magistrati che hanno poi cominciato a pronunciarsi in favore di cittadini e lavoratori, definendo illegittime le condotte del governo. Poiché in violazione del portato di tutta la Costituzione, partendo proprio dall’articolo 1, ovvero dalla violazione dell’esercizio della sovranità popolare nelle forme e nei limiti dettati dalla stessa Costituzione, ovvero di una Repubblica parlamentare. Secondo questi limiti, Draghi Mario è tecnicamente eversore dell’ordine democratico, letto l’articolo 77 della Costituzione per cui «il governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria», in relazione al ricorso costante e continuo ai decreti legge e alle questioni di fiducia.

In che stato esce l’ordinamento democratico in Italia da questi oltre due anni, di pandemia prima e di conflitto poi?
Per rispondere, Le pongo a mia volta due domande, ovviamente retoriche. L’Italia è ancora una Repubblica democratica fondata sul lavoro? Davvero la sovranità appartiene al popolo? Ecco come ci siamo ridotti, alla mercé di interessi privatistici sovranazionali perseguiti attraverso agende globaliste assorbite nella legislazione nazionale di perenne emergenza senza nemmeno un pubblico dibattito, fino alla sovversione della Repubblica democratica in una «cosa nostra» oligarchica, con la sovranità popolare di fatto usurpata da agenzie private internazionali che usano la legislazione degli Stati per creare monopoli e oligopoli sostanziali a scapito dei diritti, delle libertà, delle garanzie e delle tutele del cittadino comune, sempre più inerme innanzi allo strapotere delle multinazionali.

È ottimista per il futuro?
Sono fiducioso. Milioni di italiani, dopo un lungo sonno, si stanno svegliando e capiscono che questo sistema è al collasso. Si stanno riavvicinando alla politica, quindi alla difesa dei propri stessi interessi. D’altra parte, i partiti presenti in parlamento sono implosi, non hanno consenso, a nulla valgono più le loro parole. Stiamo assistendo ad un risveglio di coscienza che potrebbe alle prossime elezioni rovesciare gli equilibri tra le forze in campo, con l’emersione di una nuova classe dirigente per il Paese che verrà e che deve essere.

Un auspicio ambizioso.
È una strada in salita, ma come per tutte le strade in salita possiamo ritenere che la direzione sia giusta, perché ci richiama ad un’ascesa, ad un miglioramento effettivo, ad un progresso reale, ad un’elevazione della coscienza personale e della vocazione politica. Alla distopia che stiamo vivendo abbiamo bisogno di contrapporre la nostra utopia, la fiducia in un domani migliore possibile, con il vantaggio di avere le carte in regola per pervenire ad un cambiamento vero e non di facciata. La nostra Costituzione è certamente un faro sicuro ed affidabile verso la nostra Itaca.

Ritiene che nel nostro Paese si stiano creando le condizioni per un cambio di sistema?
Decisamente si. Alla caduta dei partiti di governo e di finta opposizione corrisponde la crescita esponenziale di nuove formazioni sociali, passate al fuoco di due anni pandemici, che evidenziano le caratteristiche umane di tante brave persone, capaci, competenti e in grado di prendere in mano la situazione nel Paese. La nostra nazione è in grado di fornire le necessarie competenze per un governo di qualità.

Qual è la strategia promossa in vista delle prossime elezioni dalla sua formazione Forza del Popolo?
Abbiamo adottato una strategia inedita, purtroppo, in Italia; altrimenti, saremmo una vera democrazia. Abbiamo rinunciato alla classica strategia del politicamente corretto e del politichese, introducendo concetti chiave come chiarezza, coerenza, assunzione di responsabilità, impegno concreto e coinvolgimento di quante più persone possibili nei processi decisionali. Nulla che non risponda alla vocazione dei padri costituenti. Del resto, la vita pubblica dovrebbe essere limpida come l’acqua e non torbida come il petrolio. Stiamo crescendo sui territori ed ogni giorno ci rafforziamo nella faticosa costruzione di quella squadra di governo di cui l’Italia necessita, con il vantaggio di non dovere inseguire nessuno e di sapere come fare e quando fare ciò che è necessario per liberare la nostra nazione dal giogo della schiavitù globalista e dal gioco di una politica collaborazionista che ci ha svenduti all’interesse privato transnazionale.

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