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Opinioni

Savino Balzano: «I governi occidentali ascoltino i popoli, che non vogliono la guerra»

Con il saggista Savino Balzano il DiariodelWeb.it commenta la tensione in Medio Oriente e la reazione della politica, dell’informazione e dell’opinione pubblica in Occidente

Fabrizio Corgnati

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La bandiera della pace sventolata in piazza San Pietro a Roma
La bandiera della pace sventolata in piazza San Pietro a Roma (© Fotogramma)

La polveriera del Medio Oriente continua a rimanere in equilibrio precario. Dopo i recenti scambi di attacchi e contrattacchi tra Israele e Iran è in atto lo sforzo diplomatico occidentale per evitare un’ulteriore escalation, ma i timori rimangono comprensibilmente alti. Il DiariodelWeb.it ne ha parlato con il saggista e sindacalista Savino Balzano.

Savino Balzano, che impressione le fa il modo in cui l’attacco dell’Iran a Israele è stato raccontato dalla stampa italiana?
Tutto il dibattito pubblico, dalla politica all’informazione, attribuisce all’Iran la responsabilità dell’escalation. Ma io credo che questa chiave di lettura sia sbagliata.

Perché?
Perché è disancorata dai fatti. In realtà è stato Israele ad attaccare il consolato iraniano a Damasco: in pratica, con una mossa sola ha colpito due Stati, Iran e Siria. Una scelta illegittima, anche sotto il profilo del diritto internazionale, e gravemente nociva per la pace.

Dunque la responsabilità è in carico a Tel Aviv?
Basandoci sullo stesso registro adottato in altre occasioni dalla nostra informazione, dovremmo imputare l’escalation interamente a Israele. Per non parlare delle iniziative militari israeliane in Libano e nello Yemen, che andrebbero condannate con fermezza.

L’Iran, però, ha reagito.
Una reazione, dal loro punto di vista, doverosa, ma quasi dimostrativa: dobbiamo ricordare che non ci sono state vittime e che l’attacco iraniano è stato ampiamente preannunciato. Io sono sempre contrario all’uso delle armi, ma dobbiamo collocarlo nel contesto reale dei fatti.

A ciò si aggiunge quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza.
Tel Aviv, fortunatamente, è tornata alla normalità, lo stesso non si può dire di Gaza. Contiamo oltre 35 mila morti civili, di cui 10 mila bambini. Secondo alcune stime ogni ora muoiono tre donne. Si ammazzano gli operatori umanitari e i cittadini che si riforniscono di viveri; si spianano gli ospedali; si minacciano raid aerei in prossimità del valico di Rafah, dove sono stati ammassati i palestinesi dal governo di Israele. I civili di Gaza devono essere di serie B, perché a differenza degli israeliani non vengono difesi dai governi occidentali. Questi sono fatti oggettivi, incontrovertibili: chi li nega è in malafede.

C’è chi sostiene che anche quella israeliana è una reazione agli attentati del 7 ottobre.
Faccio mia la riflessione di Michele Santoro: ormai sono passati diversi mesi e non si può più parlare di reazione. Quello che sta avvenendo è un genocidio: se non si può usare questo termine in una situazione del genere, mi domando per cosa lo si possa usare. Oltretutto, se per terrorismo intendiamo un’azione violenta e indiscriminata, spesso indirizzata all’uccisione di civili innocenti, donne e bambini, francamente non ho difficoltà ad affermare che oggi Israele è terrorista tanto quanto Hamas.

Addirittura?
Peraltro sta violando una precisa risoluzione Onu che impone il cessate il fuoco: qualsiasi altro Stato verrebbe immediatamente bollato come canaglia e sommerso di sanzioni.

Eppure la narrazione che viene portata avanti in Occidente è di segno molto diverso.
Manca del tutto l’analisi critica dei fatti e il rispetto delle opinioni pubbliche, fermamente contrarie alla guerra, che condannano quasi unanimemente le condotte del governo criminale di Tel Aviv. Aspetto con ansia che qualcuno proponga un mandato di arresto internazionale nei confronti di Netanyahu.

A cui, peraltro, i guai giudiziari già adesso non mancano.
Secondo me questo è uno dei motivi dell’escalation violenta. Netanyahu prova così ad aggrapparsi al suo ruolo di potere perché sa benissimo che, qualora lasciasse l’incarico, probabilmente nel giro di poco tempo finirebbe in galera, quindi prova a salvarsi ammazzando civili. Ciò che sta avvenendo a Gaza, a mio parere, è peggio dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Un paragone forte.
In quell’eccidio morirono molti partigiani italiani innocenti, ma le vittime erano in gran parte donne e uomini che avevano scelto con onore la lotta armata contro l’invasore. Netanyahu sta macellando un’intera popolazione: c’è una bella differenza sia numerica che qualitativa. Trovo immorale evocare l’antisemitismo, che non c’entra niente: semmai dire il contrario è pura islamofobia. Chi autenticamente si definisce antifascista dovrebbe assumere un atteggiamento intransigente e radicale dinanzi ai crimini di Israele.

Ha ragione chi parla di «genocidio» o di «pulizia etnica»?
Ci si scandalizza dinanzi a questi termini, ma non si inorridisce dinanzi al massacro, al bagno di sangue innocente in atto a Gaza: sono state persino ritrovate fosse comuni, dove molte persone erano state nascoste ammazzate con mani e piedi legati. Siamo dinanzi a un enorme crimine contro l’umanità: questo dovrebbe scandalizzare, non le parole. Si fanno le pulci agli studenti, li qualificano come violenti: come non vedere la violenza di Israele? Come non rendersi conto del fatto che Netanyahu ripercorre i passi dei peggiori dittatori della storia?

Le popolazioni occidentali si stanno schierando contro questa guerra in maniera ancora più netta rispetto a quella in Ucraina.
L’opinione pubblica è furiosa, sia perché si sta tracciando una macchia indecorosa che l’umanità non potrà mai cancellare, sia perché non viene presa in considerazione dai suoi governanti, che senza alcuna legittimazione politica e democratica ci stanno trascinando in un conflitto generale. I cittadini pagano il prezzo di quanto sta accadendo anche dal punto di vista economico: si arricchiscono in pochi e si impoveriscono in molti.

L’impressione è che anche i governi stiano iniziando a cambiare rotta, a partire dagli Usa.
La posizione statunitense è ipocrita. Primo, perché hanno osteggiato a lungo la risoluzione sul cessate il fuoco all’Onu, peraltro di scarso valore cogente, alla fine passata per il loro astensionismo pilatesco. Secondo, perché continuano a inondare Netanyahu di armi, consentendogli di proseguire nei suoi crimini. Peraltro quelle armi sono prodotte da alcune grandi industrie americane: ennesima redistribuzione della ricchezza dal basso verso l’alto; si toglie ai contribuenti americani per dare ai magnati della guerra.

Ma Biden ha dichiarato che, se Israele deciderà per la rappresaglia, lo farà senza il sostegno americano.
Io credo che a governare non sia Biden, completamente bollito e rincitrullito anche dal punto di vista mentale, ma altri potentati. Basti pensare che, dei primi 100 miliardi donati all’Ucraina in armamenti, ben 60 sono rimasti alla lobby delle armi Usa. Le elezioni si avvicinano, gli americani sono stufi di questa gestione dei conflitti e probabilmente guarderanno altrove. Ciò è estremamente pericoloso: qualcuno potrebbe pensare di spingere sulla guerra totale prima che diventi più complicata per il cambio di presidenza.

Teme davvero lo scoppio della terza guerra mondiale?
Il rischio può esserci. Anche prima dello scoppio delle due precedenti guerre mondiali nessuno pensava che il conflitto potesse raggiungere determinate dimensioni. Ma bisogna attribuire le giuste responsabilità: è colpa dei palestinesi o di chi li sta sterminando? È colpa della Russia o dell’estensione della Nato?

Lo stesso discorso riguarda anche la guerra in Ucraina?
Io condanno l’azione militare russa, che sta costando centinaia di migliaia di morti. Ma è innegabile quanto sostiene da tempo Papa Francesco: l’approccio imperialista della Nato, che ha disatteso molte delle promesse fatte alla Russia, estendendo i propri confini armati a pochi chilometri da Mosca. Parlare di imperialismo russo o di Putin come nuovo Hitler è un approccio ideologico e disonesto.

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