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Lezione di pragmatismo: come Carlo Ancelotti ha smontato il “credo” di Guardiola

Carlo Ancelotti dimostra che la flessibilità vince su il calcio “monotematico” di Pep Guardiola, mettendo in discussione l’efficacia del suo stile nel match contro il Real Madrid

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Carlo Ancelotti e Pep Guardiola
Carlo Ancelotti e Pep Guardiola (© Agenzia Fotogramma)

In un mondo dove il calcio si trasforma rapidamente in uno spettacolo pirotecnico, dove le tattiche sono spesso oscurate dal baluginio delle luci dello stadio, emerge una figura tanto venerata quanto criticata: Pep Guardiola. Il tecnico del Manchester City ha lungamente navigato tra le acque tumultuose dell’adorazione e della critica, e la recente battuta d’arresto contro il Real Madrid di Carlo Ancelotti ha offerto munizioni fresche ai suoi detrattori.

Per i devoti alla “statuetta” di Guardiola, il recente confronto contro il Real Madrid è stato un duro colpo. La partita, un vero e proprio assalto tattico orchestrato da Guardiola, ha messo in luce una verità scomoda: la flessibilità e l’adattabilità possono prevalere sul dogmatismo. Carlo Ancelotti, con una miscela di giovani talenti e veterani, ha dimostrato che il calcio non è solo un’esibizione di bellezza offensiva, ma anche una battaglia di astuzia e strategia. L’approccio di Ancelotti è stato un monito potente, un promemoria che nel calcio, come nella vita, non esiste una formula magica che garantisca il successo eterno.

Il Manchester City di Guardiola, spesso celebrato per il suo stile di gioco “monotematico”, ha visto il suo assalto infrangersi contro la solida difesa madrilena. I critici potrebbero chiedersi: è davvero sufficiente un gioco basato prevalentemente sull’attacco? O dobbiamo iniziare a valutare i successi di un allenatore non solo attraverso le statistiche offensive, ma anche per la sua capacità di adattare la squadra alle diverse sfide?

Guardiola, un tempo pioniere di un calcio esteticamente piacevole con il Barcellona, sembra ora trovarsi in una posizione di stallo, dove i suoi metodi sono messi in discussione non solo per la mancanza di varietà, ma anche per la scarsa efficacia nei momenti cruciali. La partita contro il Real ha esposto questa fragilità, mostrando un City che, nonostante il possesso palla, ha faticato a penetrare la difesa avversaria.

“Luna park” – così è stata descritta la partita d’andata, un riferimento all’apparente spettacolarità del gioco del City che, a un’analisi più attenta, potrebbe sembrare più frivolo che sostanziale. In un’era dove il calcio spagnolo è spesso criticato per il suo approccio minimalista, il successo di Ancelotti, che ha bilanciato magnificamente difesa e attacco, offre una lezione cruciale.

Questa capacità di adattare il gioco non solo arricchisce il pedigree di un allenatore ma sfida anche l’idea che la bellezza del calcio risieda esclusivamente nel numero dei gol. Guardiola potrebbe dover riflettere su questo punto, poiché la sua filosofia si scontra spesso con la realtà del calcio ad alto livello, dove i risultati sono fondamentali e spesso ottenuti con mezzi meno estetici ma più pragmatici.

In conclusione, mentre Guardiola continua a essere un maestro tattico rispettato, i recenti eventi potrebbero costringerlo a riconsiderare la sua rigida aderenza a un tipo di calcio che, pur affascinante, può non essere sempre il più efficace. Ancelotti, con il suo approccio più eclettico e meno prescrittivo, potrebbe non avere la stessa aura mediatica di Guardiola, ma ha dimostrato un’abilità forse più preziosa: quella di vincere “spalla a spalla”, dove ogni partita è una lezione di umiltà e innovazione. Non resta che vedere se Guardiola accetterà questa sfida, o se continuerà a percorrere il sentiero del suo cosiddetto “bel gioco”, potenzialmente a discapito di trofei più significativi.

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